La cena di famiglia che nessuno si aspettava

Un pranzo familiare che nessuno aveva previsto
– Sei impazzita, Anna? Non possiamo proprio invitarli! – Marco tamburellava nervosamente il tavolo con le nocche.

– Perché no? Il fratello, tra l’altro, – Anna socchiuse le labbra e si girò verso il balcone.
– Il fratello che non hai visto da quindici anni! – Marco si alzò e si avvicinò. – Ed ecco che lui spunta improvvisamente e tu lo inviti a mangiare?
– Non è improvvisamente, – cercò di restare calma Anna, ma la voce tradiva la tensione. – Luca è tornato da Bologna. Lì il suo negozio ha fallito.
– Certo! – sbuffò Marco. – Ora è venuto a chiedere soldi alla sorella, che ha abbandonato nel momento più difficile. Non ti ricordi già più?
Anna si girò, fingendo di pulire il piano cottura, anche se era immacolato.
– Non ho dimenticato. Ma lui è mio fratello.
– E io sono tuo marito, e protesto.
Anna sospirò e si voltò verso Marco.
– Ho già invitato tutti. Luca, sua moglie Paola e suo figlio Gianluca arriveranno questa sera.
Marco chiuse gli occhi e sospirò piano.
– Quando pensavi di dirmelo? Cinque minuti prima del loro arrivo?
– Io…
Non fece in tempo a finire che squillò il telefono. Anna guardò lo schermo e corrugò la fronte.
– È Letizia.
– Proprio lei non ci mancava, – borbottò Marco. – Lo sa anche lei che lo zio è tornato?
– No. Non so nemmeno perché mi chiama. Da quando ha litigato con noi quasi non ci parla.
Anna rispose.
– Pronto? Letizia?
Dall’altra parte arrivò la voce vivace della figlia.
– Mamma, ciao! Speravo che Oleg e io non vi disturbassimo se passiamo oggi a pranzo? Ho una notizia importante da dirvi!
Marco, sentendo l’ultima frase, scosse vigorosamente la testa, ma Anna, quasi a provocarlo, sorrise larga.
– Certo, siete benvenuti!
– Ottimo! Allora alle sette. E un’altra cosa, verrà qualcun altro con noi.
Prima che Anna potesse chiedere chi fosse questo “qualcun altro”, Letizia riattaccò.
– Allora, Marco, non è fantastico? – esclamò Anna. – Oggi tutta la famiglia si riunisce!
– Non capisco che ti entusiasmi, – replicò lui, diretto verso l’ingresso. – Abbiamo i biglietti per l’opera a dieci di sera, te ne sei dimenticata?
– Oh mio Dio! – Anna si portò le mani al viso. – L’avevo completamente perso di vista.
– Ecco. Proprio su questo. Annulla l’appuntamento con tutti gli altri.
– Ma Marco…
– Nessun ma! – si infastidì lui e si chiuse in bagno.

Anna si lasciò cadere sulla sedia, massaggiandosi le tempie. I biglietti per *Il Barbiere di Siviglia* erano una sorpresa che Marco aveva preparato per i loro vent’anni di matrimonio. Ora…
Si alzò e aprì frigorifero con decisione. Se le erano messe così, avrebbe cucinato per tutti. Marco sarebbe stato arrabbiato, ma non poteva certo mettere i parenti alla porta. E soprattutto, Luca non l’aveva vista da un’eternità, e con Letizia c’era stata una grossa discussione sei mesi prima per il suo fidanzato, Oleg, che Anna non approvava affatto. Era troppo maturo, divorziato e con un figlio. Ma visto che Letizia veniva con lui, forse le cose erano cambiate.
Prese carne dal congelatore, verdure e si mise al lavoro. Quando Marco uscì dal bagno, l’appartamento era già pieno del profumo del pasticcio.
– Vediamo, hai già deciso tutto, – commentò lui secco.
– Ma che dici, Marco? – Anna si asciugò le mani. – Che bello quando tutta la famiglia si riunisce!
– Che famiglia? – sbuffò. – Un fratello che non chiede notizie da quindici anni? Una figlia che non ti chiama da mesi? O parli di un genero che non conosco nemmeno?
– Sì, forse oggi si aggiusta tutto, – lo guardò speranzosa.
Marco scosse la testa, ma non insistette e si ritirò in soggiorno, mormorando delle serate rovinate.

Anna sospirò e rientrò in cucina. Nel profondo sapeva che aveva ragione. La sua vita con Marco era tranquilla e ordinata. Lavoravano entrambi a scuola: lui come professore di fisica, lei di letteratura. Le sere le trascorrevano insieme, discutendo degli studenti, preparando piani per l’uscita di fine settimana, raramente prendevano parte a musei o spettacoli. Gli invitati a casa erano rari, prevalentemente colleghi o vecchi amici. La famiglia non aveva mai funzionato bene. Dopo la morte dei suoi genitori, Luca era andato a Bologna e quasi non aveva più loro mandato notizie, tranne una cartolina di Natale ogni tanto.
Anche con Letizia le cose non erano facili. Da sempre testarda e indipendente, aveva abbandonato l’università per lavorare in un ristorante, un colpo duro per Anna, che si augurava che diventasse insegnante.
Mentre Anna rifletteva, bussarono alla porta. Sulle scale c’era la vicina, Giuseppina.
– ’Nano, ho preparato i biscotti, assaggiali. – Le porse un vassoio coperto.
– Oh, Giuseppina, proprio in tempo! Ho del cibo inaspettato stasera.
– Davvero? Ma chi viene a cena?
– Mio fratello Luca con sua famiglia e mia figlia Letizia con il suo fidanzato…
– Il fidanzato? – strillò Giuseppina. – Ma non hai pensato di sposarla?
– Non lo so, – alzò le spalle. – Forse. Mi ha detto che ha una notizia importante.
– Bene! Ascolta, c’è mio nipote da Kefalonia, Giacomo. Ex-carabiniere, vedovo. Magari lo inviti stasera? Così fa compagnia alla gente, altrimenti si trascina in quattro mura. È in cerca di qualcosa da fare, e tu conosci tutti in città…
Anna rimase frastornata, ma annuì. Se il pomeriggio era andato a monte, almeno serviva a qualcosa.
– Certo, dille pure di venire alle sette.
Giuseppina sorrise e corse via per riferire al fratello.
Tornando in cucina, Anna colse il suo sguardo corrucciato.
– Non dirmi che hai anche invitato il vicino di casa!
– Marco, dài! Non conosce la città, cerca lavoro…
– E allora siamo diventati anche noi l’ufficio collocamento?
– Ma smettila! Si siede a tavola, mangia qualcosa, forse gli viene un’idea.
Marco alzò le mani e si cambiò d’abito. Quel gesto Anna lo conosceva bene: lui si era arreso, anche se non lo apprezzava.

Verso le sei il tavolo era apparecchiato e in forno cuoceva un magnifico petto di pollo con le patate. Marco, guardando la scena, sorrise per la prima volta quel giorno.
– Sai, magari hai ragione. Non ci riuniamo tutti da tanto.
Anna si avvicinò e lo abbracciò.
– Anch’io lo penso. E visto che è successo, consideriamo il teatro per un’altra volta.
Marco le baciò la testa.
– Va bene, mi hai convinto.
Suonarono alla porta. C’era un uomo alto, in completo da ex-militare.
– Buonasera, sono Giacomo, nipote di Giuseppina.
– Entra, Giacomo, – sorrise Anna. – Io sono Anna, e lui è Marco.
Si strinsero la mano. Giacomo si rivelò chiacchierone e simpatico, parlando del suo servizio in Libia, del matrimonio finito cinque anni prima e del desiderio di stabilizzarsi vicino ai parenti.
Appena finì, suonò di nuovo la porta.
– Letizia, – corse Anna ad aprire.
Ma c’era un uomo con i capelli corti e una donna con un chignon, accanto al quale stava un ragazzo tredicenne.
– Luca! – lo abbracciò.
– Sto bene, sorellina, – lui le diede una pacca sulla spalla. – Questa è Paola, mia moglie, e Gianluca, nostro figlio.
Marco strinse la mano con distacco. Luca si sentiva a disagio, lanciando spesso occhiate a Anna, come a chiedersi se lo criticasse. Paola parlava poco, Gianluca era incollato al telefono.
– Tu come stai, Luca? – gli chiese Anna, versando il tè.
– Difficile dire… – esitò. – Il business in Romania fallì. Ora lavoro come cassiere in un supermercato. È temporaneo.
– Io lavoro in farmacia, – intervenne Paola. – Paga poco, ma fino a quando…
Anna mostrò compassione, ma appena fuori arrivò un’altra voce.
Letizia entrò con un abito estivo colorato e i capelli rossoni, seguita da un uomo più anziano, con i capelli grigi, e una bambina di sette anni per mano.
– Mamma, papà, questo è Oleg, mio marito. E Aurora, nostra figlia.
– Marito? – Anna quasi fece cadere il tovagliolo. – Quando siete…
– Tre mesi fa ci siamo sposati, – sorrise Letizia. – Volevo dirvelo, ma dopo la litigata…
Marco abbracciò la figlia.
– Congratulazioni. Entra, il tavolo è pronto.
Oleg e Aurora si accomodarono, e Letizia guardò sorpresa gli sconosciuti.
– Ma chi sono?
– È tuo zio Luca con la moglie e il figlio, – li presentò Anna. – E Giacomo, il nipote del nostro vicino.
Letizia corrugò la fronte.
– Lo zio che ti abbandonò dopo la morte dei nonni?
– Letizia! – la richiamò Anna.
– Che male ho detto? Mi sto solo informando.
L’atmosfera si fece tesa. Luca abbassò la testa, Paola stringeva la tovaglia, Gianluca smise di giocare col cellulare.
– Brindiamo all’incontro, – propose Giacomo, alzando il bicchiere.
– Anch’io, – disse Marco, versando il vino.
Dopo il brindisi, il clima migliorò. Oleg raccontò di lavorare come ingegnere in una fabbrica e Aurora è a scuola e pratica ginnastica ritmica.
– Come vi siete conosciuti? – chiese Anna.
– In pizzeria, dove Letizia lavora, – intervenne Oleg. – Sono andato a festeggiare un divorzio.
– Mica romantico, – commentò Marco.
– Ma sincero, – sorrise Oleg.
– Anch’io sono divorziato, – disse improvvisamente Luca. – Paola è mia seconda moglie.
– Davvero? – si stupì Anna. – Non lo sapevo.
– Tante cose non ci conosciamo, – sospirò Luca.
– Chi ci colpa? – sentenziò Letizia.
– Letizia!
– Che c’è? Lo zio è scomparso quindici anni, e adesso torna come niente.
– Noi non siamo qui per elemosinare! – esclamò Paola. – Abbiamo dignità.
– Calma! – alzò la voce Marco. – Siamo adulti e dobbiamo parlare meglio.
Presero un po’ di bicchieri, e Aurora e Gianluca osservavano curiosi il clima teso.
– Ho un’idea, – disse Giacomo. – Sto cercando collaboratori per il mio bar. Luca, cercavi lavoro? Mi serve un manager.
– Un bar? – si stupì Luca. – Non ne so niente.
– Sì invece, – intervenne Letizia. – Sono stata tre anni in pizzeria come cameriera, posso aiutarti.
– Perfetto! – si illuminò Giacomo. – Mi serve anche un’operaio. Il locale ha bisogno di ristrutturazione…
– Sono io, – sorrise Oleg. – Posso consulente.
Anna guardò come tra estranei si fossero creati legami.
– Dov’è il locale? – chiese.
– Sulla stessa via di casa mia, – rispose Giacomo. – I pavimenti sono marci, ma è un posto di passaggio.
– Forse posso aiutare, – intervenne Marco. – Ho esperienza in edilizia, posso darti una mano.
Oleg annuì.
– Io cucino abbastanza bene, – disse Paola. – Ho studiato gastronomia, ma non ho finito.
– Allora siete fatti per stare con noi! – rise Giacomo.
Anna guardò tutti e non ci credeva. Un’ora prima erano sconosciuti, adesso parlavano di menu, arredamento e orari.
– Che ne dici di chiamarlo “Familio”? – propose Letizia.
– Perfetto! – approvò Giacomo. – Sembrerebbe caloroso.
– Ci sarà anche una stanza per i bimbi? – chiese Aurora.
– Certo! – promise lui. – Per tutti.
Gianluca sorrise al cellulare.
– Posso lavorare anche io? Dopo scuola!
– Certo!
Anna guardò Marco e vide lo stesso stupore che provava lei. Cos’era successo? Degli estranei si erano trasformati in un team.
Luca abbracciò Anna.
– Scusami, sorellina. Ho perso tanto tempo.
– L’importante che sei tornato, – lo strinse.
Letizia corse verso i genitori.
– Mi perdonate per non avervi detto del matrimonio? Pensavo non approvaste. Ma Oleg è buono, Aurora mi ama.
– Siamo felici che sei felice, – abbracciò lei. – Ma smetti di sparire così.
Quando gli invitati si alzarono, era l’alba. Si scambiarono numeri e promisero di incontrarsi fra due giorni per visitare il locale.
– Grazie per questa serata incantevole, – concluse Giacomo. – Chi l’avrebbe detto che avrei trovato una squadra!
Chiudendo la porta, Anna si girò verso Marco.
– Mi hai perdonata per l’opera?
– Qual è l’opera quando c’è questo spettacolo? – rise Marco. – Comunque non c’è dubbio che il bar funzionerà bene.
– Il bar? – si stupì Anna.
– Certo! Hai detto a Giacomo che organizzerai i menù. A chi, se no, chiederò bei nomi di piatti, se non a una scrittrice?
Anna rise e lo abbracciò.
– Era solo un pranzo che nessuno aspettava.
– Non direi, – sorrise Marco. – Sembra che la fortuna l’abbia atteso.
Stavano in mezzo alla stanza, circondati da stoviglie sporche e avanzati, ma entrambi sapevano che qualcosa era cambiato. Una famiglia, che anni prima era frammentata, adesso si era trovata. Anzi, aveva trovato anche nuovi membri.
Tutto grazie a un pranzo che nessuno aspettava.

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