– Ma sei fuori di testa! Non possiamo invitare loro! – Vittorio batteva nervosamente le nocche sul piano della cucina.
– Perché non possiamo? Mio fratello, tra l’altro, – Anna si morse le labbra e si voltò verso la finestra.
– Il fratello che non hai visto da quindici anni! – Vittorio si alzò e si avvicinò a sua moglie. – E improvvisamente spunta dal nulla e tu subito lo invitiamo a cena?
– Non è uscito dal nulla, – Anna cercava di parlare tranquillamente, ma si sentiva la tensione nella voce. – Valerio è tornato da Torino. Il suo business è fallito.
– Certo! – esclamò Vittorio agitando le mani. – E adesso è tornato per chiedere soldi alla sorella che ha abbandonata nei momenti più duri. L’hai dimenticato, questo?
Anna abbassò lo sguardo e fece finta di asciugare lo scaldabagno, che pure brillava di pulito.
– Non l’ho dimenticato. Ma è pur sempre mio fratello.
– Io sono tuo marito, e sono contrario.
Anna sospirò e si girò verso Vittorio.
– Ascolta, l’ho già invitato. Valerio con sua moglie Aurora e il figlio arriveranno stasera.
Vittorio chiuse gli occhi e s’inalzò lentamente.
– E quando pensavi di dirmelo? Cinque minuti prima del loro arrivo?
– Io…
Non riuscì a finire: squillò il telefono. Guardò lo schermo e corrugò la fronte.
– È Isabella.
– Mancava solo questa per completare la gioia, – brontolò Vittorio. – Lei lo sa che lo zio è tornato?
– No. Quasi non ci parliamo da quando hanno litigato.
Anna prese la cornetta.
– Pronto? Isabella?
All’altro capo si sentì la voce frizzante della figlia.
– Mamma, ciao! Non è che vi disturbo se passiamo stasera a cena? Ho una notizia importante per voi!
Vittorio, udendo le ultime parole, scosse energicamente la testa, ma Anna, come per scherno, sorrise largamente.
– Certo, venite! Saremo felici!
– Perfetto! Allora alle sette da voi. E… con noi ci sarà un altro.
Prima che Anna potesse chiedere chi fosse quell'”altro”, Isabella interruppe.
– Ascolta, Vitt, è splendido! Oggi tutta la famiglia si riunirà!
– Non capisco perché sei contenta, – tagliò corto lui, dirigendosi in salotto. – Abbiamo un’opera a nove per te, ci ricordi?
– Oh! – Anna si prese le guance tra le mani. – Me ne ero completamente dimenticata.
– Ecco appunto. Richiama tutti, dì loro vengano un’altra volta.
– Ma Vitt…
– Niente ma! – replicò lui, sparì in bagno.
Anna si lasciò cadere sulla sedia e massaggiò le tempie. I biglietti per l’opera *Il Barbiere di Siviglia* che Vittorio aveva comprato un mese prima. Era stato il suo regalo per il loro ventesimo anniversario. E adesso…
Prese il frigorifero e vi mise dentro la carne e verdure. Mentre Vittorio usciva dal bagno, la cucina si era già riempita del profumo del cibo.
– Vedo che hai già deciso tutto, – commentò lui asciutto.
– Vitt, ma che hai? – Anna si asciugò le mani. – Che bello quando tutta la famiglia si riunisce insieme!
– Che famiglia? – sbuffò lui. – Il fratello che non mette piede in casa da quindici anni? La figlia che non ti chiama nemmeno mesi? E parlavi di suocero che non conosco e del suo figlio?
– Forse oggi le cose si sistemano? – lo guardò speranzosa Anna.
Vittorio scrollò solo la testa, senza però insistere, e tornò in soggiorno borbottando qualcosa sul tempo perso.
Anna sospirò e tornò a cucinare. In fondo sapeva che aveva ragione. La loro vita con Vittorio era ordinata e tranquilla. Entrambi lavoravano come insegnanti: lui di fisica, lei di lettere. La sera, bevendo il tè, parlavano degli studenti, pianificavano il weekend, raramente andavano all’opera o a mostre d’arte. Gli ospiti rari: colleghi o vecchi amici. I due erano sempre rimasti in disaccordo con i parenti. Dopo la morte dei genitori di Anna, Valerio era andato a Torino e quasi non dava più notizie. Forse un biglietto per Natale, ma non sempre.
Con Isabella le cose non erano andate meglio. La figlia era sempre stata ribelle e indipendente. Dopo la scuola era entrata all’università in economia, ma aveva mollato già al secondo anno per lavorare in un ristorante. Per Anna era stato un massacro: aveva sempre sognato che anche lei diventasse insegnante.
Intanto squillò il campanello. Sul portone c’era la vicina, Maria Rossi.
– Anna, dolcezza, ho fatto dei crostini, mangia, – le porse il vassoio coperto da un canovaccio.
– O Maria, che tempismo! Oggi abbiamo ospiti inaspettati.
– Davvero? – chiese incuriosita. – E chi mai verrà a trovarvi?
– Mio fratello Valerio con la famiglia e Isabella con il suo fidanzato…
– Con il fidanzato? – urlò Maria. – C’è forse un fidanzamento in arrivo?
– Non so i piani di lei, – alzò le spalle Anna. – Forse proprio questo.
– Bene! – sorrise Maria. – Senti, volevo chiederti una cosa. Il nipote di me, da Krasnodar, Nicolas. Lo ricordi? Era un ufficiale non più in servizio, vedovo. Forse potresti invitarlo stasera per cena? Così fa compagnia alle persone, altrimenti è rimasto solo in quattro muri. Gli serve qualcosa da fare, e tu sei in contatto con tutti a Torino…
Anna si perse nell’implorazione, ma annuì. A questo punto almeno qualcuno ne trarrebbe vantaggio.
– Certo, che venga alle sette.
Maria sorrise e corse a informare Nicolas della notizia.
Rientrata in cucina, Anna incrociò lo sguardo scuro di Vittorio.
– Non dirmi che hai invitato anche il nipote del tuo vicino!
– Cosa, Vitt? Non è che lui ne capisce di lavoro…
– E adesso ci mettiamo a cercarcelo da vivere?
– Su, dài! Si siederà un po’, si mangerà con noi e forse ascolterà qualcosa d’utile.
Vittorio fece un gesto con la mano e si cambiò. Anna sapeva cosa voleva dire: aveva capito, anche se non approvava.
Alle sei la tavola era apparecchiata, e nel forno si diffondeva il profumo del coniglio al rosmarino. Per la prima volta quel giorno, Vittorio sorrise.
– Sai che ha ragione, non ci riuniamo da anni.
Anna gli si avvicinò e lo abbracciò.
– Anche io sognavo questo. E comunque, visto il risultato, consideriamolo come volere del destino. L’opera la vedremo un’altra volta.
Vittorio le baciò i capelli.
– Va bene, hai vinto.
Squillò la campanella: fuori c’era un uomo alto con una postura militaresca.
– Buonasera, sono Nicolas, il nipote di Maria, – si presentò lui.
– Entra, Nicolas, – sorrise Anna. – Io sono Anna, e lui è mio marito Vittorio.
I due uomini si strinsero la mano. Nicolas risultò essere molto chiacchierino. Parlava della sua presenza in Afghanistan prima del pensionamento, della moglie morta due anni prima.
– Ora vorrei tornare un po’ vicino al mio paese, ripartire da zero, – spiegò lui, sorseggiando il caffè in attesa degli altri ospiti.
Non aveva finito di dire, che bussarono nuovamente alla porta.
– Forse è Isabella, – correva Anna.
Ma davanti alla porta stavano lui, un uomo con i capelli rasati, lei con i capelli neri ben raccolti e un ragazzo di tredici anni.
– Valerio! – Anna corse ad abbracciarlo.
– Ciao sorellina, – lui le diede due pacche sulla schiena. – Ecco, questa è Aurora, la mia moglie, e Gino, nostro figlio.
Vittorio accolse con cautela i nuovi arrivati e li condusse a tavola. Valerio era in imbarazzo e fissava Anna come temesse di essere ricordato male. Aurora era muta, rispondeva con monosillabi, e Gino non smetteva un attimo di guardare il cellulare.
– Allora Valerio, come vai? – chiese finalmente Anna, servendo il caffè.
– Uh, come dirti… – cominciò lui e si bloccò. – Il business l’ho dovuto chiudere. Restano dei debiti. Pensavamo che da voi sarebbe stato più semplice ricominciare. Ora siamo in affitto, ma ho trovato lavoro come magazziniere. Solo temporaneo, ovviamente.
– Anch’io lavoro, – intervenne Aurora. – Sono cassiera in una farmacia. Si guadagna poco, ma per un primo periodo va.
Anna lo guardò con compassione e voleva dire qualcosa, quando si sentì nuovamente il campanello.
Davanti stavano Isabella, splendida con i capelli rossi e un abito estivo, con un uomo alto con i capelli stretti in un taglio corto, portava per mano una bambina di sette anni.
– Mamma, papà, fateci conoscere – questo è Luca, mio marito. E la nostra figlia Sofia.
– Marito? – balbettò Anna, quasi cadendo con il canovaccio. – Quando…?
– Tre mesi fa ci siamo sposati, – sorrise Isabella. – Volevo dirvelo, ma dopo la litigata…
Vittorio si avvicinò alla figlia e la abbracciò.
– Ti auguro felicità, entra, la tavola è apparecchiata.
Luca e Sofia entrarono, e Isabella si meravigliò per i volti ignoti.
– E che sono questi?
– Questo è tuo zio Valerio con la moglie e il figlio, – Anna presentò gli ospiti. – E Nicolas, il nipote del nostro vicino.
Isabella aggrottò la fronte.
– Lo zio che ha abbandonato mamma dopo la morte di nonna e nonno?
– Isabella! – la reprimé la madre.
– Che male ho detto? – si indignò la figlia. – Solo ho precisato.
L’atmosfera si fece subito tesa. Valerio abbassò lo sguardo, Aurora stava rapidamente strappando il tovagliolo, e Gino, finalmente alzato il cellulare, guardava tutti con curiosità.
– Brindiamo all’incontro, – propose Nicolas alzando il bicchiere del vino.
– Sì, – disse Vittorio, riempiendo i calici.
Dopo il brindisi l’aria si fece leggermente più rilassata. Luca narrò che lavora come ingegnere in una fabbrica, mentre Sofia frequenta la prima elementare e fa ginnastica artistica.
– Quando vi siete conosciuti voi due? – chiese Anna.
– Al ristorante dove lei lavorava, – rispose Luca al posto della figlia. – Io ci andavo per festeggiare il divorzio.
– Non sembra romantiche, – notò Vittorio.
– In compenso è sincero, – sorrideva Luca.
– Anch’io sono divorziato, – interruppe Valerio. – Aurora è la mia seconda moglie.
– Davvero? – si meravigliò Anna. – Non lo sapevo.
– Non ci conoscevamo molto, – sospirò Valerio.
– E chi è responsabile? – chiese Isabella.
– Isabella! – la richiamò sua madre.
– Che cos’ho detto? Chiedevo.
– Forse xché lo zio Valerio ha sparito per quindici anni, e adesso torna senza nemmeno farti notare. E lo hai saputo per terra, eh?
– Non siamo qui per chiedere soldi! – intervenne Aurora. – Abbiamo il nostro orgoglio!
– Zitti! – gridò Vittorio. – Non roviniamo la serata. Siamo tutti adulti e sappiamo stare insieme.
Tutti tacquero, e l’unico rumore era il tintinnio delle forchette. Sofia e Gino osservavano curiosi gli adulti, non capendo perché si comportavano così.
– Ho una proposta da farvi, – disse Nicolas. – Sto cercando collaboratori per una futura attività. Voglio aprire un bar. Valerio, hai detto che cerchi lavoro? Mi servirebbe un gestore.
– Un bar? – si meravigliò Valerio. – Ma non so niente di food service.
– Io sì, – intervenne Isabella. – Ho lavorato tre anni come manager in un ristorante. Posso aiutare con l’organizzazione.
– Bene! – si entusiasmò Nicolas. – Mi serve anche un ingegnere. Alla stanza pinza ha bisogno di un completo ristrutturazione, e le tubature sono vecchie da morte…
– Mi ci vuole proprio, – sorrise Luca. – Posso dare un’occhiata.
Anna li osservò, sbalordita, mentre si creavano relazioni commerciali su sua stessa pelle.
– Dove l’avete trovato, Nicolas? – chiese lei.
– Mia zia me lo ha suggerito. C’è un ex panificio sulla piazza vicina. I pavimenti ci sono, ma è un luogo frequentato.
– Sa, – improvvisò Vittorio. – Ho lavorato da costruttore quando ero giovane, prima di diventare insegnante. Posso dare una mano con la ristrutturazione. Così posso conoscere un po’ meglio il genero.
Luca guardò con gratitudine.
– Aurora cucina bene, – disse lei. – Una volta ho frequentato una scuola di cucina, ma non l’ho completata.
– Allora fate parte assolutamente del nostro gruppo! – esultò Nicolas.
Anna osservò i volti preoccupati divenire vivaci e i colloqui su menu, arredamento e orari.
– Perché non lo chiamiamo Caffè Familiare? – propose Isabella.
– Fantastico! – approvò Nicolas. – Caffè Familiare sembra accolto e caldo.
– Ci sarà una stanza per i bambini? – chiese Sofia.
– Certamente! – promise Nicolas. – Per te, Gino, tutti i bimbi.
Gino alzò lo sguardo e sorrise.
– Posso fare da cameriere dopo la scuola?
– Certo! – disse Nicolas. – Così imparerà a lavorare.
Anna sostenne lo sguardo di Vittorio e vide lo stesso mistero nel suoi occhi che aveva anche lei: “Che succede?”
E succedeva qualcosa di straordinario. Le persone, che un’ora prima erano uniche e separate, adesso avevano iniziato a esprimere progetti comuni.
Valerio si avvicinò a sua sorella e disse:
– Scusami, Anna. Tante parole perdute…
– L’importante è che tu sia tornato, – lo abbracciò.
Isabella vide e corse ai genitori.
– Mamma, papà, scusate, non l’ho detto in tempo. Avevo paura non me lo approvassero. Ma Luca è un brav’uomo, e Sofia mi ama.
– Siamo contenti che ti senti felice, – strinse sua madre. – Ma non sparire così a lungo, d’accordo?
Quando si separarono, era ormai mezzanotte. Si scambiarono i numeri di telefono e si incontrarono a due giorni per esaminare la stanza del bar.
– Grazie per questa fantastica serata, – disse Nicolas. – Chi mai avrebbe pensato che avrei trovato una squadra così?
Chiudendo la porta ad ultimo ospite, Anna si girò verso Vittorio.
– Vitt, sei scontento per il bar?
– Che bar, quando abbiamo visto un vero spettacolo! – rise lui. – Sai, mi sembra che abbiamo un bar geniale.
– Nostro? – si meravigliò Anna.
– Certo! L’ho sentito quando le hai promesso di creare il menu. A chi se non a uno scrittore, inventando nomi bei bei per i cibi?
Anna rise e lo abbracciò.
– È stato solo un incontro che nessuno voleva.
– Non dirmi, – sorrise Vittorio. – Mi sembra il destino l’abbia atteso.
Stavano in mezzo alla sala, tra il piatto sporco e i resti, ma entrambi sentivano che un’altra vita importante era nata. La famiglia, che da anni era frammentata, era evidentemente ritornata. E ci furono anche nuovi membri.
E lo fu grazie a un incontro che nessuno realmente attendeva.