La cognata ha deciso che solo noi dobbiamo viziare i suoi figli.

La cognata di mio marito ha deciso che siamo noi a dover viziare i suoi figli – nessun altro.

Sposai Andrea quasi otto anni fa. Un uomo gentile, premuroso, con un cuore grande. Solo un problema: ha una sorella. Marina. Una donna con una fantasia senza limiti e un talento incredibile per trasformare qualsiasi frase in una richiesta velata… di regali costosi.

Non è mai stata diretta. Le sue parole suonavano sempre come innocenti osservazioni:
— I bambini desiderano tanto vedere quel nuovo film d’animazione, ma i biglietti sono così cari — diceva con un tono sognante. E il mio Andrea, appena sentiva quelle parole, correva a comprare i biglietti, portava i nipoti al cinema e aggiungeva anche un combo con popcorn e bibita.

— Che bel tempo oggi — continuava Marina — e voi state sempre a casa. Sarebbe bello andare al luna park!
E indovinate chi ci andava con i suoi figli? Noi, ovviamente. E pagavamo tutto.

Io non colgo i sottintesi. E non voglio. Preferisco la chiarezza. Se hai bisogno di qualcosa, dillo. Chiedi. Spiega. Non girare intorno facendo finta di non volere nulla.

Andrea, invece, reagiva sempre subito ai suoi “indovinelli”. Adorava i nipoti, da impazzire. Ma il modo in cui li viziava era eccessivo. Biciclette, gadget, svaghi… tutto sembrava normale. Bastava uno sguardo di Marina, e lui correva.

Recentemente era l’onomastico di Dino, il figlio di Marina. Avevamo già regalato una bicicletta di lusso, che ci era costata parecchio. Ero sicura che fosse più che sufficiente. Ma, a quanto pare, per Marina la bici era solo una sciocchezza. Secondo lei, il bambino doveva andare in Europa. Non da solo, ovviamente… con lei!

Nel suo linguaggio, suonava così:
— Dino sogna così tanto di vedere Parigi… gli brillano gli occhi…

Andrea, quella volta, invece del viaggio, portò al nipote una torta e dei cuscini decorati con le lettere del suo nome. Io lavoravo, e mio marito andò da solo. E quella fu una doccia fredda per la sorella.

Ma Marina non si arrese. Le sue richieste crescevano di anno in anno. A mio marito non sembrava pesare. Non avevamo figli, e lui si dedicava ai nipoti anima e corpo. Forse perché non sapeva dove riversare la sua energia paterna.

E poi, finalmente, la notizia tanto attesa: ero incinta. Lo dissi a mio marito, e lui pianse di gioia, baciandomi la pancia, incredulo. Lo aveva sognato per anni. Ma poi arrivò Marina…

Di nuovo con una richiesta. Questa volta per un viaggio a Praga durante le vacanze di maggio. Naturalmente, con i bambini. Mio marito rifiutò, per la prima volta. Disse che presto sarebbe diventato padre e che ora tutte le risorse andavano alla nostra famiglia. Allora la sorella esplose.

Il giorno dopo mi chiamò. Urlò. Mi accusò.
— Come ti permetti?! Hai fatto tutto di proposito, per portare via ai miei figli l’unico uomo che si prendeva cura di loro!

Io riattaccai in silenzio.

Poi, un’altra scena. I nipoti aspettarono Andrea fuori dall’ufficio. Gli consegnarono dei bigliettini fatti a mano.
«Zio, per favore, non abbandonarci…»
«Perché vuoi dei figli tuoi, se ci hai già noi?»

Qualcuno aveva chiaramente aiutato a scrivere quei messaggi. E quel “qualcuno” era prevedibile.

Andrea tornò a casa, si sedette sul divano, fissò i bigliettini… e qualcosa dentro di lui scattò.

— Sono stato un idiota — disse. — Per quanti anni l’ho tollerato? Quel microonde rotto, i soldi mancanti per la giacca, il padre scappato… «Zio, aiutaci.» Ha sempre usato i bambini per manipolarmi. E io ci sono cascato. Un cretino.

Poi estrasse un taccuino e iniziò a scrivere tutto quello che ricordava: biciclette, telefoni, campi estivi, viaggi, tecnologia, giacche, biglietti per il teatro. Il totale era una cifra considerevole.

E poi, il finale. Il finale alla Marina.

Entrò in casa nostra. Si fermò nell’ingresso come se fosse la padrona e disse:
— Visto che presto avrete un bambino, potresti fare un’ultima buona azione? Regalarci una macchina. Non nuova, non sono maleducata. Solo per portare in giro i bambini…

Andrea, senza dire una parola, le porse il taccuino.
— Ecco la somma. Di tutto quello che hai ricevuto. Restituiscila. Hai sei mesi. Poi, ti denuncio.

Sbatté la porta con tale forza che la scopa cadde dall’attaccapanni.

Dopo quel giorno, iniziò un turbine di messaggi. Le amiche di Marina mi tempestarono sui social. Dicevano che avevo distrutto il sacro legame tra zio e nipoti. Che ora i bambini erano abbandonati, affamati, con la madre disperata.

Ma sapete una cosa? Non mi sono mossa di un millimetro.

Marina ha due appartamenti. Uno lasciatole dall’ex marito, l’altro da Andrea, che aveva rinunciato alla sua eredità in suo favore. Riceve gli alimenti, non vive certo nell’indigenza. È solo abituata a pensare che tutto le sia dovuto. E ora non è più così.

Noi avremo un bambino. E mio marito, finalmente, ha una vera famiglia. Senza manipolazioni, senza scene, senza teatrini. E sapete? Credo che per noi sia solo l’inizio…

La lezione? A volte, dire di no è l’unico modo per proteggere ciò che conta davvero.

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La cognata ha deciso che solo noi dobbiamo viziare i suoi figli.