La cura per le difficoltà

**La Cura per il Dolore**

Alba e Vincenzo si conobbero all’università. Entrambi vivevano nel dormitorio. Decisero subito che sarebbero stati insieme, ma solo dopo la laurea. Come spesso accade, la vita sconvolse i semplici piani dei due innamorati. Alba, all’ultimo anno, rimase incinta.

“Vincè, cosa facciamo?” Alba lo fissava disperata. “Sai com’è severa mia madre. Non voleva neanche che venissi a studiare. L’ho convinta a fatica, promettendole che non sarei finita come lei, che non avrei avuto un figlio senza marito. E adesso? Come faccio a tornare a casa? Mia madre mi ucciderà.” Si morse il labbro per non scoppiare in lacrime.

Vincenzo era spaventato anche lui, ma decise di comportarsi da uomo e di salvare l’onore della sua amata. I suoi genitori non gli avevano imposto condizioni quando era partito per studiare in una grande città, e Alba, disperata e in lacrime, lui l’amava. Le propose di sposarsi. Con gli esami di stato alle porte, non c’era tempo per un matrimonio.

Telefonò ai genitori, confessò tutto, disse che sarebbe tornato dopo la laurea con il diploma e una moglie. Lo rimproverarono, ovvio. Ma ormai non c’era niente da fare, potevano venire insieme.

Alba, terrorizzata, nascondeva dietro la schiena del marito la pancia ormai evidente, mentre erano nella stretta entrata di casa dei suoceri. Il padre aggrottava le sopracciglia, la madre scuoteva la testa e rimproverava i due giovani per aver avuto fretta con il bambino, per essersi sposati senza la benedizione dei genitori. Non era un buon inizio per una vita insieme. Sospirarono, si lamentarono, ma alla fine decisero di aiutarli. Vendettero la casa al mare, raschiarono il fondo del barile e comprarono ai due giovani un bilocale.

“Abbiamo fatto quel che potevamo. Il resto tocca a voi,” disse il padre come benedizione.

Due mesi dopo, Alba diede alla luce una bambina.

Vincenzo lavorava, ma i soldi non bastavano mai. I genitori avevano già dato tutto ciò che potevano, ed era vergognoso continuare a chiedere. Era ora di guadagnarsi da vivere. Un vecchio amico delle superiori gli propose di vendere computer.

“È un affare serio. Ora è il momento giusto, i computer vanno a ruba. Ho dei contatti con dei fornitori, posso sistemare tutto. Tu ci capisci, io invece sono ancora alle prime armi. Insieme possiamo fare grandi cose!” lo convinse l’ex compagno di scuola.

Gli anni Novanta con le loro estorsioni erano ormai passati. C’era rischio, certo, ma tutto era legale, valeva la pena provare. E Vincenzo accettò. Dovette chiedere un grosso prestito per avviare il business e diventare socio alla pari.

Comprarono merce invenduta, ma a poco prezzo. Vincenzo sistemava i computer, li aggiornava, installava programmi, li riparava se necessario. Li rivendevano a cifre molto più alte. L’affare decollò. Vincenzo non solo ripagò il debito, ma comprò anche un trilocale.

La bambina cresceva, era ora di mandarla all’asilo. E anche Alba voleva lavorare.

“Potresti stare a casa, i soldi ci sono. Che ti è venuto in mente?” borbottava Vincenzo. “Dovremmo già pensare a un secondo figlio.”

“Fammi respirare. Non mi sono ancora ripresa dalla prima. Dopo l’università non ho mai lavorato. E poi ad Alice farebbe bene stare con altri bambini. Come farà quando andrà a scuola?” cercava di convincerlo Alba.

Ma all’asilo non c’erano posti. Le proposero di lavorare come assistente, così avrebbero preso anche Alice. Non ci pensò due volte, accettò subito.

“Con una laurea fai l’assistente? Non farmi vergognare,” sbraitava Vincenzo.

“Non arrabbiarti. È solo per un anno, per far entrare Alice. Poi mi licenzio e troverò un lavoro vero. Avrò la bambina sempre sotto controllo. Non è meglio così?” lo placava dolcemente Alba.

Allora il lavoro online non esisteva ancora. Internet era lento. Vincenzo brontolò, ma alla fine accettò.

Il loro business andava a gonfie vele, suscitando l’invidia dei concorrenti. Ma un giorno tutto crollò. Avevano appena comprato una nuova partita di portatili da vendere, quando di notte glieli rubarono tutti, cercando di coprire il furto con un falso incendio. Persero non solo la merce, ma rimasero anche con i debiti.

L’amico si diede all’alcol. Vincenzo no, aveva una famiglia. Ma i soldi dei computer andavano restituiti. Avrebbe potuto vendere l’appartamento, ma dove sarebbero andati a vivere? Tornare dai genitori a chiedere pietà?

Vincenzo cercò lavoro. Con gli affari non voleva più averci a che fare. Come spesso accade, il caso lo aiutò. Un’auto era rimasta bloccata sulla strada. Vincenzo la spinse, notò un processore sul sedile posteriore, e parlò con l’autore. Quando seppe che Vincenzo era un tecnico informatico, gli offrì un lavoro. Nell’azienda avevano molta strumentazione da sistemare, programmi da installare, riparazioni da fare. Proprio ciò che Vincenzo sapeva e amava fare. Accettò.

Il debito fu ripagato poco a poco. La vita si sistemava. Alice era cresciuta, tra un anno avrebbe finito il liceo e sarebbe andata all’università. Sembrava che i guai fossero finalmente passati.

Quel giorno Vincenzo tornò tardi dal lavoro. Alba cucinava, Alice e un’amica ascoltavano musica. Poi l’amica se ne andò.

“Mamma, l’accompagno!” gridò Alice dall’ingresso.

“Non tardare!” riuscì a dire Alba prima che la porta si chiudesse dietro di loro.

Spense il gas e si sedette davanti alla TV. Passava un film. Alba si perse a guardarlo, dimenticandosi del tempo, e non si accorse che Vincenzo era tornato.

“Perché così silenzio? Alice è a casa?” chiese lui, strofinandosi le mani intirizzite. “È scesa la temperatura all’improvviso.”

Solo allora Alba si ricordò che la figlia era uscita. Quanto tempo era passato? Venti minuti, mezz’ora? Sarebbe dovuta tornare da un pezzo. L’amica abitava nella strada accanto. Alba corse nella stanza di Alice. Vuota. Chiamò l’amica.

“Alice non è a casa? Ci siamo lasciate venti minuti fa,” si stupì l’amica.

Era chiaro che alla figlia era successo qualcosa. Alba si incolpava. Perché l’aveva lasciata andare? Avrebbe dovuto accompagnarla. Si agitava per casa, in preda al panico, pronta a correre in strada. I genitori dell’amica chiamarono, offrendo aiuto per cercare Alice. Vincenzo non lasciò uscire la moglie, la rimproverò e la fece sedere al telefono. Ma Alba non era di grande aiuto. Appena iniziava a chiedere se una ragazza fosse stata portata in ospedale, scoppiava in lacrime.

“Sì, un’ora fa è arrivata un’ambulanza con una ragazza senza documenti,” risposero a Vincenzo in uno degli ospedali.

Alba pianse ancora più forte.

“È viva. Smettila di piangere! Andiamo,” la sgridò Vincenzo.

Alice era viva, ma in coma. I dottori non davano prognosi. Alba non usciva dalla stanza, chiamava la figlia, la supplicava di svegliarsi. Ma il miEra un freddo giorno di novembre quando Alice finalmente aprì gli occhi, mentre Toshka, il gattino grigio, faceva le fusa accanto a lei, come se nulla di terribile fosse mai accaduto.

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