Portinaia
Di recente nel nostro palazzo di Via dei Mille, al centro di Firenze, è cambiata la portinaia. Lavora bene, spazza via i foglielli, lava regolarmente le scale. Tutto secondo lorario. In linea di massima non abbiamo lamentele. Solo un piccolo dettaglio
Prima di lei cera una signora, la signora Ginevra Bianchi, che trasformava il nostro ingresso in una sorta di atrio a nove piani di un grande condominio. Appena varcata la porta dingresso, sempre stendeva un tappeto che, a ben vedere, sembrava più un paradosso decorativo che una necessità reale. Il tappeto veniva strappato da chiunque passasse, ma lei lo sostituiva subito, coprendo con cura il cemento sbriciolato e le barre di ferro sporgenti, salvando così i tacchi dei residenti da rotture improvvise.
Sui davanzali di tutti i nove rampeggi spuntavano vasi di fiori, statuette di ceramica e tartarughe curiosissime. Mai un granello di polvere su quelle mensole.
Un giorno, al sesto piano, entrarono dei ragazzi che festeggiavano la vita con sigarette, vino e, a quanto pare, qualcosa di più forte. I vasi si trasformarono in posacenere, la pila di bottiglie mostrava una varietà di etichette economiche, e le statuette di conchiglie furono ridotte in polvere dai loro stivali. I condomini giravano intorno a loro, temendo una reazione scomposta. Sorprendentemente, Ginevra Bianchi riuscì a fare amicizia con quei giovani, non solo conservò i suoi vasi, ma riuscì a convincere i ragazzi a spostare il loro club altrove. Le rumorose feste nel corridoio si spensero, e al posto dei vasi comparve un grazioso posacenere che Ginevra puliva e lucida con regolarità.
Ciò che colpiva di più non era la sua rara operosità odierna. Si presentava allalba, spazzava le scale canticchiandosi una melodia, e puliva meticolosamente ascensori e corrimano con un detergente alcolico. Questo ancor prima che la pulizia delle superfici diventasse obbligatoria per combattere i virus.
E non è solo il modo in cui parlava con i residenti, quasi sempre aumentando il carico di lavoro, ma il tono gentile con cui lo faceva. Quando ogni giorno spazzava lerba e i cespugli dietro il palazzo, raccogliendo le infinite mozziconi di sigarette (che non so nemmeno se fossero parte delle sue mansioni), Ginevra scambiava due chiacchiere con i fumatori sui balconi senza mai rimproverarli per il loro vizio. Discuteva di pettegolezzi e, serenamente, eliminava le tracce della loro cultura del fumo. Dopo un po, per miracolo, i mozziconi non più ricoprivano il cortile come un tappeto.
Allora la nostra portinaia (o meglio, la portinaia di classe) fece sbocciare ai bordi delle finestre tulipani, papaveri e chrysanthemum lussureggianti. Il suo aspetto più sorprendente era quando non indossava la tipica tuta arancione. Con trucco impeccabile, acconciatura curata, tacchi alti in qualsiasi condizione metereologica e abiti pastello, sembrava pronta a fare una visita al giardino della Regina Elisabettamanca solo il cappellino.
Il suo marito, Marco, la aspettava ogni giorno fuori dalla sua auto, le porgeva un fioretto e la baciava affettuosamente sulla fronte. Sempre, senza eccezioni.
Alla fine di agosto, sentii, fra le chiacchiere delle nonne sul gradino, che domani è lultimo giorno di lavoro per la nostra Ginevra, poi va in pensione! E allora, chi si occuperà del nostro corridoio?. Il giorno successivo comprai un mazzo di fiori per Ginevra Bianchi. Volevo farle un piccolo gesto di gratitudine. Con mia grande sorpresa, davanti al suo ripostiglio dove teneva scope, spazzole e stracci, si radunavano i condomini. Alcuni portavano fiori, altri una bottiglia di spumante o di cognac, le nonne cantavano e porgevano torte e barattoli di sottaceti alla confusa Ginevra. Poi, i ragazzi del sesto pianoquelli che un tempo avevano trasformato i vasi in posacenerele insegnarono a fare selfie di classe, mostrandole il telefono con attenzione. Probabilmente la registrarono su Instagram e TikTok.
Il marito, responsabile di quella festa spontanea, era un po smarrito e caricò nel bagagliaio della sua macchina fiori, bottiglie di cognac e le provviste culinarie delle nonne. Ginevra, vestita con un elegante abito color mandorla, ricamato di perline e con un trucco più vivace del solito, ascoltava distrattamente gli abitanti, cercando di non piangere.
Forse capiva che nessun altro collega laveva mai accompagnata al pensionamento. Mai, in nessun luogo. O forse intuiva che, senza volerlo, senza uno scopo preciso, con il suo lavoro umile e poco appariscente, aveva reso noi abitanti di quel modesto condominio di nove piani un po più gentili e migliori.





