La decisione maturò all’improvviso.
Giorgia e sua madre vivevano sole. Fin da quando aveva memoria, la ragazza non aveva mai visto suo padre. Da piccola non si era nemmeno chiesta chi fosse o dove fosse. Ora, invece, si convinceva che fosse stato un “eroe aviatore”. Non avevano parenti, perché sua madre era cresciuta in un orfanotrofio fin dalletà di sei anni.
Sua madre non fece in tempo a raccontarle della relazione con quelluomo. Chissà, forse non erano nemmeno sposati. E ora non cera più nessuno a cui chiedere.
**La vita nellorfanotrofio**
A tredici anni, Giorgia visse un vero trauma: sua madre morì per un problema al cuore. La figlia laveva spesso vista stringersi il petto, con una smorfia di dolore.
“Non capivo che fosse una cosa seria,” ammise Giorgia tra sé e sé. “Pensavo che le sarebbe passato, come sempre, e che sarebbe tornata allegra.”
Ma rimase sola. Le ali materne che lavevano protetta dal mondo crudele si erano spezzate. Fu costretta a crescere in fretta. Finì in un orfanotrofio.
Lì, soffrì molto. Di notte era terrorizzata: le camerate non erano sorvegliate. I ragazzi erano crudeli; la prendevano in giro, la picchiavano, anche se cercava di passare inosservata. Le toccava subire le angherie delle ragazze più grandi.
Giorgia si sentiva brutta. A tredici anni ne dimostrava dieci, magra, col naso allinsù e le lentiggini. Per fortuna, a scuola andava bene.
**Una nuova famiglia**
Non rimase nellorfanotrofio a lungo, forse un anno, ma le parve uneternità. Cera però una vecchia amica di sua madre, Daniela, che laveva conosciuta proprio lì. Fu lei a salvarla.
“Come posso ottenere laffido di Giorgia?” chiese Daniela al direttore, presentandosi col marito, Matteo.
Il direttore li osservò con attenzione, sembrò soddisfatto, e chiese i documenti.
“Conoscevate la bambina o sua madre?”
“Con Giorgia no, ma con sua madre siamo cresciute insieme,” rispose Daniela, mentre Matteo annuiva. “Ho saputo della sua morte solo di recente e ho voluto ritrovare sua figlia.”
Dopo aver sistemato le carte, Daniela e Matteo la portarono con loro. Avevano già due figli: Luca, quasi sedicenne, e Sofia, di dodici. Giorgia cercò subito di fare amicizia, ma capì che non sarebbe stato facile. I ragazzi la vedevano come unintrusa, gelosi dellaffetto dei genitori verso di lei.
Se Giorgia cercava di parlare con Luca, lui girava i tacchi e se ne andava. Sofia le faceva le boccacce appena la madre non guardava.
“Forse è colpa mia,” pensava Giorgia, fissandosi allo specchio. “Sono brutta. Un vero mostro: occhi piccoli, lentiggini Chi potrebbe volermi bene?”
In realtà, non era così terribile. Era solo ladolescenza, con i suoi difetti. Ma si tormentava ogni volta che vedeva Sofia, bella e coi riccioli che lei sognava, mentre i suoi capelli erano lisci e sottili.
Daniela cercava di volerle bene, in modo affettuoso, anche se non aveva molto tempo. Lei e Matteo gestivano una piccola agenzia immobiliare e lavoravano senza sosta.
“Che fortuna che i nostri figli abbiano accettato Giorgia,” diceva Daniela al marito.
“Già, altri avrebbero litigato,” rispondeva Matteo.
Ma in realtà, sotto la superficie, cera tensione. Giorgia non si lamentava, e neppure Luca e Sofia parlavano, ma dentro ognuno covava sentimenti contrastanti.
**Le riflessioni**
A tredici anni, Giorgia aveva imparato che la vita non era semplice.
“Non ho più la cura dolce di mia madre,” pensava. “Non mi dice più di mettere il cappotto dinverno, non mi legge più le fiabe. Quanto era bello stare con lei. Mi asciugava le lacrime quando mi sbucciavo un ginocchio. Ora so quanto è dura vivere senza una madre, anche in una buona famiglia.”
Cercava di evitare i litigi con Luca e Sofia, rispettava Daniela e Matteo, grata per averla salvata dallorfanotrofio.
“Daniela è una brava persona, ma non è mia madre. Mi manca quel legame,” sussurrava prima di addormentarsi. Cercava di piacere a tutti, desiderava affetto, ma quando si avvicinava a Daniela, i figli storcevano il naso. Col tempo, imparò a nascondere i suoi sentimenti.
Alla fine della scuola, Giorgia annunciò:
“Voglio iscrivermi alluniversità per diventare insegnante.”
“Brava, Giorgia,” rispose Daniela. “Ti aiuteremo.”
**Luniversità e il lavoro con i bambini**
Dopo il primo anno, Giorgia trovò lavoro come animatrice in un campo estivo. Non voleva tornare a casa, dove Sofia la guardava sempre di traverso.
Al campo cerano anche bambini dellorfanotrofio. Lei li capiva, sapeva cosa significava non avere affetto.
“Basta una carezza sulla testa, una parola gentile, e ti seguono ovunque,” raccontò a unamica.
Fu allora che prese una decisione.
“Quando mi sposerò, adotterò un bambino dallorfanotrofio. Almeno a uno potrò dare amore.”
Negli anni seguenti, tornò sempre come animatrice. Le piaceva stare coi bambini.
**Lamore allultimo anno**
Alla fine delluniversità, conobbe Marco, un ragazzo timido che arrossiva ogni volta che la vedeva. A una festa studentesca, la invitò a ballare, e da quel momento non si lasciarono più.
Giorgia non si sentiva più brutta. Era diventata una ragazza carina, elegante.
“Devo tutto a Daniela,” confessò a Marco. “Mi ha insegnato come truccarmi, mi ha portata dal parrucchiere. Mi ha persino mandata da uno psicologo, ma chiese a Sofia di non dirlo a Luca.”
“Daniela sa di me?” chiese Marco.
“Certo. Le ho promesso che, se avrò una figlia, la chiamerò Daniela.”
“Giorgia, sposiamoci,” propose Marco. “Non ho famiglia, e tu sei la persona più importante per me.”
Accettò. Si sposarono e, un anno dopo, nacque la piccola Daniela.
**Il sogno realizzato**
Quando Daniela compì due anni, Giorgia trovò su internet la foto di un bambino di sette anni, Andrea, che somigliava a Marco. Ricordò la sua promessa.
“Marco, guarda! È identico a te. Prendiamolo con noi?”
Marco, già al corrente del suo desiderio, accettò senza esitare. Iniziarono le pratiche.
“Dovete frequentare un corso per genitori adottivi,” dissero loro.
Alla fine, Andrea arrivò a casa loro.
“Siete voi che mi volete?” chiese il bambino, sveglio.
“Sì,” risposero. “Abbiamo bisogno di un figlio come te.”
Non fu facile allinizio. Andrea era insicuro, nervoso. Ma col tempo si sciolse e diventò inseparabile da Daniela, che adorava il suo nuovo fratellone.
“Come fai con Andrea?” chiese Daniela. “So che non è semplice.”
“Non lo è,” ammise Giorgia. “Ci sono problemi con la scuola, con gli amici, ma superiamo tutto. È come un castello di carte: bisogna costruirlo piano piano. Ma ora va meglio.”
Poco dopo, Giorgia poté dire con gioia:
“Sta benissimo. Andrea è intelligente e socievole, ama la sorellina e va forte a calcio. Siamo felici.”