La donna delle pulizie acquista un misterioso oggetto e scopre una sorpresa inaspettata a casa.

La donna delle pulizie aveva comprato un oggetto misterioso da una zingara. A casa l’aspettava una sorpresa inaspettata…

Nel cuore di Firenze, di solito vivace e rumorosa, quel giorno regnava un silenzio opprimente, quasi mistico. Nessun vento stormiva tra le foglie, nessun uccello cinguettava sui rami — come se la città stessa trattenesse il fiato. Solo i passi solitari di Chiara, giovane madre, rompevano quel silenzio pesante, echeggiando per le strade deserte. Davanti a sé, spingeva il passeggino dove dormiva suo figlio — fragile, pallido, ma prezioso come l’aria che respirava: Matteo. Ogni passo era faticoso, non tanto per la stanchezza fisica, quanto per il peso che le schiacciava il cuore. Non avevano scelta: la medicina che avrebbe salvato Matteo era in farmacia, e Chiara correva come se la casa bruciasse.

I soldi per le cure svanivano come neve al sole. L’assegno familiare, lo stipendio di suo marito Luca — tutto finiva nel pozzo senza fondo delle spese mediche. Ma non bastava mai. Tre mesi prima, i medici avevano diagnosticato una malattia rara e aggressiva, che richiedeva un intervento all’estero. Senza un’operazione urgente, Matteo sarebbe rimasto disabile per sempre. Luca, senza esitare, era partito per lavorare in Germania, lasciando Chiara sola a combattere per il loro bambino.

Finalmente, Chiara si fermò a una bancarella ai margini di un parco, dove vendevano bibite. La sete la divorava. Mancavano ancora due chilometri a casa, e le forze stavano per abbandonarla.

“Aspettami qui, tesoro, torno subito,” sussurrò, accarezzando la fronte del piccolo.

Corse a comprare l’acqua e tornò dopo un minuto — ma il mondo le crollò addosso. Il passeggino era lì, ma… vuoto. Matteo era scomparso.

Le sembrò di avere il cuore strappato via. Chiara urlò, lasciò cadere la bottiglia — il vetro si frantumò come le sue speranze. Si guardò intorno disperata, controllò sotto le panchine, chiamò il nome del figlio, ma solo il silenzio rispose. Dov’era?

Se si fosse voltata prima, avrebbe visto una vecchia zingara, con un foulare colorato, che la osservava da sotto gli alberi. Mentre Chiara comprava l’acqua, Rosalba, silenziosa come un’ombra, aveva preso Matteo e era salita su un autobus appena arrivato, che immediatamente ripartì, portando via con sé un pezzo del cuore di Chiara.

Le lacrime scorrevano senza fermarsi. Con le dita tremanti, Chiara chiamò il 112, poi suo marito.

“Luca… Luca, ho perso Matteo!” singhiozzò. “Sono stata via un attimo… e quando sono tornata, non c’era più!”

Intanto, in un vecchio Fiat arrugginito che cigolava come un animale inferocito, Rosalba trionfava.

“Guarda, Fabio, che bel bottino oggi!” disse, scoprendo il bambino avvolto in una coperta.

Fabio, suo figlio, lo guardò e aggrottò la fronte. “Mamma, sei impazzita? E se ci sono telecamere? Se la polizia lo cerca?”

“Ma che telecamere, qui siamo in mezzo ai campi!” sbuffò Rosalba. “Alberi, cespugli… nessuno ha visto niente.”

Rosalba non voleva Matteo per amore. Era come una cornacchia attratta da qualcosa di brillante: prendeva ciò che poteva usare. Quel bambino fragile e malato era perfetto per mendicare. La gente avrebbe dato soldi per pietà.

“Fai come vuoi,” borbottò Fabio, schiacciando l’acceleratore.

La casa dove portarono Matteo era una baracca ai margini di un campo nomadi. Li aspettava Viola, moglie di Fabio, una donna dagli occhi stanchi che vendeva vestiti usati al mercato.

“Che cos’è?” chiese, fissando il piccolo.

“Un regalo per te,” rise Rosalba. “Domani lo porterai alla chiesa a chiedere l’elemosina.”

“Ma se arrivano i carabinieri? Se chiedono i documenti?”

“Digli che l’hai partorito in casa, senza certificato,” intervenne il suocero, un vecchio con occhi di ghiaccio. Viola tacque, ma dentro di sé qualcosa si spezzò.

Intanto, Chiara e Luca impazzivano dal dolore. Cercarono ovunque, appesero manifesti, ma Matteo sembrava svanito nel nulla.

Rosalba invece sfreMentre Viola stringeva Matteo tra le braciaste quella notte, decise che non poteva più rimanere complice di quell’orrore e, con un ultimo gesto di coraggio, fuggì dal campo per riportare il bambino alla stazione dei carabinieri, dove Chiara e Luca lo ritrovarono tra le lacrime e gli abbracci.

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