La famiglia ideale

La Famiglia Perfetta

«Oh, ho paura.» Fiammetta si fermò davanti al portone.

«Di cosa? Dei miei genitori?» chiese Ruggero, prendendole la mano.

«Che non piacciono a loro.» Lo sguardo di Fiammetta era colpevole e spaventato.

«Non temere. Vedrai, andrà tutto bene. Ti amo, no? E sarò io a sposarti, non loro. Su, andiamo.» Ruggero la trascinò verso l’ascensore.

«Mia madre si chiama Vittorina Ermengarda. Te lo ricordi?» le spiegò.

Fiammetta ripeté lentamente.

«Con l’emozione, lo dimenticherò di sicuro.»

«E mio padre…»

«Eugenio Giancarlo!» esclamò Fiammetta, sollevata. «Almeno tuo padre ha un nome semplice. Ma tua madre… quel secondo nome? Tua nonna era tedesca?»

«Perché pensi questo?»

Entrarono nell’ascensore e Ruggero premette il pulsante.

«Suo padre la chiamò così in onore di sua moglie. Diceva che era una donna piena di luce. Un’attrice. Peccato non averla conosciuta, morì giovane. La famiglia aveva origini inglesi.»

L’ascensore si fermò e le porte si aprirono. I due giovani entrarono.

«Non preoccuparti. Sono con te.» Ruggero la strinse a sé.

Ad aprire la porta fu una donna minuta, dai capelli corti. A Fiammetta parve troppo giovane per essere la madre di Ruggero. Sorrise gentilmente e li invitò a entrare.

Indossava pantaloni ampi di seta color sabbia e una blusa bianca. Alla luce dell’ingresso, Fiammetta notò le rughe sul suo viso, rivelatrici dell’età.

«Buongiorno,» disse Fiammetta, cercando negli occhi di Ruggero un suggerimento. Ma lui taceva. Timorosa di sbagliare, evitò di chiamare la madre per nome e abbassò lo sguardo.

«Avanti, Fiammetta. Non essere timida. Nessuno ricorda il mio nome al primo tentativo,» disse lei, comprensiva. Fiammetta le sorrise grata.

«No, non c’è bisogno di togliere le scarpe. Entrate pure. Genio! Dove sei finito?» chiamò Vittorina Ermengarda verso l’interno.

Poco dopo, entrò un uomo imponente, dal fascino antico. A Fiammetta ricordò Marcello Mastroianni, non per i tratti, ma per l’eleganza. Accanto a lui, Vittorina sembrava una ragazzina. «Com’era da giovane, se ora è ancora così bello?» pensò Fiammetta.

«Eugenio Giancarlo,» si presentò l’uomo, porgendole la mano. Lei vi depose la sua, esile. La sua stretta fu forte e asciutta.

«A tavola, prima che il cibo si raffreddi,» ordinò Vittorina.

«Ruggero, prenditi cura di Fiammetta,» disse Eugenio versando il vino.

Vittorina faceva domande delicate, senza insistere, e intanto parlava della loro famiglia. Tra il vino e l’atmosfera serena, Fiammetta si sciolse.

«I tuoi genitori non si preoccupino per il matrimonio. Ci penseremo noi,» concluse Vittorina, sorridendo.

La famiglia di Ruggero le sembrava perfetta. La sua era diversa. Sua madre riempiva i piatti di tutti, suo padre beveva troppo, parlava a vano e offendE alla fine, Fiammetta capì che la perfezione non esisteva, ma forse, proprio in quelle imperfezioni, si nascondeva il vero amore.

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