Che stai dicendo, Lucia?! – Marco scagliò sulla tavola un foglio che danzò nell’aria come una foglia morta, il suo pugno abbattendosi sul legno in un boato ovattato. – Che diavolo dici di “esperti”? Hai perso il senno?
– Non alzare la voce con me! – Lucia si sollevò dal divano fluttuando lievemente, pupille fiammeggianti di furore. – Ho il sacrosanto diritto di sapere! Carlotta ogni giorno assomiglia sempre meno a te, e tu lo vedi benissimo!
– È mia figlia! – urlò lui, le parole che si frantumavano in echi. – Nostra figlia! E se osi menzionare ancora quel maledetto test…
– E allora? – lo sfidò lei, mani sui fianchi, l’ombra che si allungava deforme sul muro. – Che farai? Mi cacceresti? Forza allora, cacciami! Ma prima scopriremo di chi è la bambina cresciuta tra queste pareti!
Marco sprofondò in una sedia che cedette sotto di lui come sabbia, mani a scavarsi solchi nel volto. Mai prima d’ora un simile uragano aveva colpito la famiglia. Neppure nei momenti più oscuri erano approdati a queste grida serrate.
– Lucia, ma per l’amor di Dio, cosa ti prende? – mormorò con voce logora. – Da dove saltano fuori questi brutti pensieri? Carlotta è nata all’ospedale, sono io stesso ad averla presa in braccio quel giorno. Non ricordi?
– Ricordo – sibilò la moglie fra i denti. – Ma i dubbi restano.
Lucia fluttuò verso la credenza, estrasse album fotografici che si aprirono da soli. Li distese sulla tavola in una cascata di istantanee ingiali
“Ed ogni alba dipingeva i loro sorrisi di quel colore impossibile che nasce solo quando tre cuori battono come uno, nel silenzio ovattato di un sogno che rifiuta di svanire.”