**Diario Personale**
Le vacanze di Natale stavano per finire. Dopo giorni di panettoni, lasagne e dolci vari, avevo voglia di qualcosa di semplice. Così, per colazione, ho preparato della semplice farina davena. Eravamo a tavola in tre quando il cellulare di mio marito ha squillato. È uscito dalla cucina. Ho cercato di capire chi fosse dalla sua voce, ma senza successo.
Quando è tornato, notai che sembrava preoccupato, ma non turbato. “Mmm… Mia madre ha chiamato,” ha detto. “Ha la pressione alta, vuole che vada da lei.”
“Certo, vai,” ho annuito.
Mentre si vestiva, ricordai le sue parole al telefono: *”Proprio ora? Non è il caso… Va bene, va bene.”* Di solito, quando sua madre chiamava, correva subito da lei senza discutere. *”Sto esagerando,”* mi dissi.
“Torno presto,” gridò dallingresso prima di chiudere la porta.
“Mangia, dai,” dissi a mio figlio, che stava giocando con il cucchiaio nel piatto, spargendo la pappa ovunque.
“Andiamo sulla collina? Me lhai promesso,” disse Matteo, guardando la pappa con disgusto prima di ingoiarla.
“Aspettiamo che papà torni, va bene?” sorrisi. “Ma finisci tutto.”
“Va bene,” sospirò, senza entusiasmo.
“Se tra cinque minuti il piatto non è vuoto, non andiamo da nessuna parte,” dissi severamente, alzandomi per lavare i piatti.
Stiravo mentre Matteo giocava con le macchinine per terra quando sentii la serratura della porta. *”Finalmente,”* pensai, posando il ferro. *”Che ci metta tanto a togliersi il cappotto?”* Andai incontro a mio marito.
Davanti a me cera una bambina di circa dieci anni che mi fissava incuriosita. Dietro di lei, mio marito aveva unaria colpevole. Le mise le mani sulle spalle e alzò il mento, sfidante.
“Questa è mia figlia, Beatrice,” disse, abbassando lo sguardo. “Mia madre mi ha chiesto di portarla qui fino a domani.”
“Capisco. E sua madre? Di nuovo in vacanza con lultimo fidanzato?” dissi sarcastica.
Lui scrollò le spalle, ma non fece in tempo a rispondere perché tornai alla tavola da stiro.
“Entra,” lo sentii dire, e con la coda dellocchio vidi la bambina avvicinarsi a Matteo.
“Ci sono avanzi di pappa?” chiese mio marito.
“Non voglio la pappa,” disse subito Beatrice. “Voglio pasta al sugo con la salsiccia.”
Lui la guardò smarrito, poi me. Scrollai le spalle e feci un cenno verso la cucina, come a dire: *”Fai pure, io sono occupata.”*
Dopo un po, mi chiamò dalla cucina. “Abbiamo la pasta? Non la trovo.”
“Cè. Ecco gli avanzi. Finisco di stirare e vado a comprarne,” dissi con un tono di rimprovero.
“Non guardarmi così. Non sapevo che…”
“Davvero? E tua madre, quando ha chiamato, non ti ha detto perché ti voleva lì?” Vidi i suoi occhi abbassarsi. Ci avevo preso. “Non potevi chiedermelo? Perché non mi hai avvisato? Anche Matteo avrebbe dovuto saperlo. Ora inizieranno a litigare per la tua attenzione.”
Come per confermare le mie parole, dalla stanza arrivò un urlo. Corsi da Matteo, seguito da mio marito.
“Ecco fatto. Risolvi tu,” dissi, allargando le braccia.
Matteo si aggrappò a me, piangendo. Beatrice fissava il pavimento, imbronciata.
“Che è successo?” chiese mio marito, avvicinandosi a lei.
Mi irritò che si fosse preoccupato solo di Beatrice, non di Matteo.
“Lei ha… ha preso la mia macchinina…” singhiozzò lui.
Dalla cucina arrivò il suono dellacqua che traboccava. Mio marito corse via. *”E non posso dirle niente. È ospite. La poverina, come la chiama mia suocera. E io cosa faccio?”*
“Vuoi guardare i cartoni?” chiesi a Beatrice, facendo uno sforzo per sembrare calma.
Lei annuì, e con sollievo accesi la TV. Si sedettero insieme sul divano.
“Tua madre ha ricominciato con i suoi giochi? Vuole rovinare la nostra famiglia? Sai che ha lossessione di riportarti insieme alla tua ex. Quando è nato Matteo, urlava che lunico suo nipote era Beatrice. Sta testando come mi comporto con tua figlia?” sibilai in cucina.
“Sta davvero male,” si difese.
“E una ragazzina di dieci anni le avrebbe impedito di chiamare unambulanza? Io alla sua età già sapevo cucinare.”
“Basta!” sbatté il cucchiaio sul tavolo. “Bea, vieni a mangiare!” gridò verso la stanza.
“Papà, portala qui,” rispose lei con calma.
“Papà,” la imitai, rotolando gli occhi. “Vai da lei.” Uscì dalla cucina e, senza guardare Beatrice, smontai la tavola da stiro, lasciando che si occupasse lui della figlia.
Alla fine, la portò in cucina. Cercavo di non scoppiare, di non dire nulla. Mi sedetti accanto a Matteo, ma non riuscivo a concentrarmi sulla TV. Lui mi stringeva, cercando il mio sguardo. *”Devo resistere. Matteo capisce. Vede che la bambina non mi piace. Non è giusto.”* Gli sorrisi forzatamente.
Ero furiosa. Sentivo che la situazione era ingiusta. Dalla cucina arrivavano le voci di mio marito e Beatrice. Noi eravamo soli, dimenticati. *”Devo stare attenta. Lei lo dirà a sua nonna, e quella ricomincerà a dire che sono cattiva, che ho rovinato la famiglia…”*
“Mamma, quando andiamo sulla collina?” mi chiese Matteo.
“Non so. Abbiamo ospiti,” risposi, accarezzandolo.
Beatrice arrivò masticando. Mio marito stava lavando i piatti. *”Lui lava per lei? Mai fatto per me o Matteo. Capisce di aver sbagliato,”* pensai con amarezza.
“Andiamo sulla collina?” chiese allegro, entrando in sala.
“Sì, ma abbiamo solo un bob.” Continuavo a fissare la TV.
“Non importa. Prendiamo la slitta e faremo a turni, vero, Matteo? Vestitevi!” Lultima frase era chiaramente per Beatrice.
“Matteo, vai in bagno e vestiti.” Sospirai e mi alzai.
Tirai fuori i nostri vestiti e andai a cambiarmi.
Per tutta la strada cercavo di convincermi a essere gentile. *”Sono una madre. Non esistono bambini estranei… Lei non è colpevole. Nemmeno Matteo. E io?”*
Sulla collina, Beatrice salì subito sul bob. Io misi Matteo sulla slitta. Lei, più grande e forte, risalì in fretta. Matteo faticava con la slitta.
“Adesso tocca a te,” dissi a Beatrice, che si era già rimessa sul bob.
Mio marito la spinse giù senza dire nulla. Matteo mi guardò deluso.
“Domani veniamo da soli, e potrai usare il bob quanto vuoi. Va bene?” gli sussurrai mentre si preparava a scendere. “Aspettami giù.”
“Dove vai?” mi chiamò mio marito.
“Ho freddo.” Scesi in fretta, cercando di non scivolare.
Dopo pranzo, misi Matteo a dormire.
“Non alzare il volume,” dissi a Beatrice, abb