La figlia ha abbandonato suo padre come un oggetto inutile: una verità straziante che divide l’Italia

Lha abbandonato come un oggetto inutile: una verità straziante

Giovanni Rossi non avrebbe mai creduto di finire i suoi giorni dietro un cancello sconosciuto, sorvegliato da infermiere, circondato da anime dimenticate dai propri figli. Credeva di meritare di più: rispetto, calore, un po di pace. Dopotutto, aveva lavorato tutta la vita, mantenuto la famiglia, costruito la sua esistenza attorno alla sua unica gioiala moglie Isabella e la figlia Sofia.

Con Isabella avevano condiviso più di trentanni, uniti come le dita di una mano. Dopo la sua scomparsa, quattro anni prima, la casa era diventata fredda, troppo silenziosa. La sua unica consolazione era Sofia e la nipotina, Giulia. Aiutava come poteva: badava alla bambina, dava la pensione per la spesa, vegliava su di lei quando la figlia e il genero uscivano o lavoravano. Poi, tutto cambiò.

Sofia cominciò a guardarlo male quando indugiava in cucina. La sua tosse la infastidiva. «Papà, hai vissuto abbastanza, lascia vivere gli altri!» divenne un ritornello. Le chiacchiere su una «residenza comoda con medici e televisione» si moltiplicarono. Giovanni resisteva.

Sofia, questo è il mio appartamento. Se ti senti stretta, vai da tua suocera. Vive sola nel suo trilocale.

Lo sai bene che non andiamo daccordo. E poi, non ricominciare! ribatté lei.

Vuoi solo prenderti lappartamento. Invece di cacciare tuo padre, guadagnati da vivere!

Lo chiamò «egoista», minacciò di «trovare una soluzione». Una settimana dopo, fece la valigia. Non per desiderio, ma perché non sopportava più di sentirsi un intruso in casa sua. Partì senza una parola. Sofia raggiante. Quasi lo caricò in spalla per portarlo alla porta.

Nella casa di riposo, gli assegnarono una stanza minuscola, con una finestra e una vecchia televisione. Giovanni passava le giornate in giardino, sotto il cielo, tra altri dimenticati come lui.

I suoi figli lhanno messa qui? gli chiese un giorno la vicina di panchina.

Sì, mia figlia ha deciso che ingombravo rispose, trattenendo le lacrime.

Anche io. Mio figlio ha scelto sua moglie. Mi hanno buttata fuori. Mi chiamo Lucia.

Giovanni. Piacere.

Diventarono amici. Il dolore pesava meno in due. Passò un anno. Sofia non chiamò mai. Non venne mai.

Un giorno, mentre leggeva, una voce familiare lo fece sobbalzare.

Giovanni? Non pensavo di trovarla qui si stupì la sua ex vicina, Elena, medico venuta a visitare i residenti.

Eh sì. Fa un anno. Nessuno mi vuole più. Neppure una parola.

Strano Sofia diceva che aveva comprato una casa in campagna, per riposarsi.

Avrei preferito Piuttosto che marcire qui, dietro queste sbarre.

Elena scosse la testa, turbata. Dopo il giro, tornò da lui. Quella conversazione laveva scossa. Due settimane dopo, gli fece una proposta:

Giovanni, la casa di mia madre, in Toscana, è vuota. Se nè andata lanno scorso, abbiamo venduto le sue cose. La casa è solida, con un bosco e un ruscello vicino. Se vuole, è sua. Io non ci tornerò più, e venderla mi spezzerebbe il cuore.

Giovanni pianse. Una sconosciuta gli offriva ciò che sua figlia gli negava.

Posso chiederle una cosa? Cè una donna qui Lucia. Anche lei non ha nessuno. Vorrei andarci insieme.

Certo sorrise Elena. Se è daccordo, nessun problema.

Giovanni corse da Lucia:

Prepara le valigie! Partiamo! Una casa in Toscana, aria pulita, libertà. Sarà bello. Perché restare qui?

Andiamo! Per una vita nuova!

Fecero i bagagli, comprarono le provviste. Elena li accompagnò lei stessa, rifiutandosi di farli viaggiare in autobus. Giovanni labbracciò forte, incapace di esprimere la gratitudine. Sussurrò: «Non dica nulla a Sofia. Non voglio più sentir parlare di lei.»

Elena sorrise, annuì. Non aveva fatto niente di straordinario. Solo agito da essere umano. Che, oggi, è quasi un atto di eroismo.

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