La figlia ha abbandonato suo padre come un oggetto inutile: una verità straziante
Giovanni Rossi non avrebbe mai immaginato di finire i suoi giorni dietro un cancello sconosciuto, sorvegliato da infermiere, circondato da anime dimenticate dai propri figli. Credeva di meritare di più: rispetto, calore, un po di pace. Dopotutto, aveva lavorato tutta la vita, mantenuto la sua famiglia, costruito il suo quotidiano attorno alla sua unica felicità sua moglie Sofia e la loro figlia Beatrice.
Con Sofia, avevano condiviso più di trentanni, uniti come le dita di una mano. Dopo la sua scomparsa, quattro anni prima, la casa era diventata fredda, troppo silenziosa. La sua unica consolazione rimaneva Beatrice e la nipotina, Alice. Aiutava come poteva: badava alla bambina, dava la sua pensione per la spesa, vegliava su di lei quando sua figlia e suo genero uscivano o lavoravano. Poi, tutto cambiò.
Beatrice cominciò a guardarlo male quando si intratteneva in cucina. La sua tosse la irritava. «Papà, hai vissuto abbastanza, lascia vivere gli altri!» diventò un ritornello. Le discussioni su una «residenza comoda con medici e televisione» si moltiplicarono. Giovanni resisteva.
Beatrice, è il mio appartamento. Se ti senti stretta, vai da tua suocera. Vive sola nel suo trilocale.
Sai benissimo che non andiamo daccordo. E poi, non ricominciare! ribatté lei.
Vuoi solo prenderti lappartamento. Invece di cacciare tuo padre, guadagnati da vivere!
Lo chiamò «egoista», minacciò di «trovare una soluzione». Una settimana dopo, fece la valigia. Non per desiderio, ma perché non sopportava più di essere un intruso a casa sua. Partì senza una parola. Beatrice raggiante. Quasi lo portò in braccio fino alla porta.
Nella casa di riposo, gli assegnarono una stanza stretta, con una finestra e una vecchia televisione. Giovanni passava le giornate in giardino, sotto il cielo, tra altri dimenticati come lui.
I suoi figli lhanno messa qui? gli chiese un giorno la vicina di panchina.
Sì, mia figlia ha deciso che ingombravo rispose, trattenendo le lacrime.
Anchio. Mio figlio ha scelto sua moglie. Mi hanno cacciata. Mi chiamo Maria.
Giovanni. Piacere.
Diventarono amici. Il dolore era meno pesante in due. Passò un anno. Beatrice non chiamò mai. Non venne mai.
Un giorno, mentre leggeva, una voce familiare lo fece sobbalzare.
Giovanni? Non pensavo di trovarla qui si stupì la sua ex vicina, Laura, medico venuta a visitare i residenti.
Eh sì. È passato un anno. Nessuno mi vuole più. Nemmeno una parola.
Strano Beatrice diceva che avevate comprato una casa in campagna, per riposarvi.
Avrei preferito Piuttosto che marcire qui, dietro queste sbarre.
Laura scosse la testa, turbata. Dopo il giro, tornò da lui. La loro conversazione la tormentava. Due settimane dopo, fece una proposta:
Giovanni, la casa di mia madre, in Toscana, è vuota. Se nè andata lanno scorso, abbiamo venduto le sue cose. La casa è solida, con un bosco e un fiume vicino. Se vuole, è sua. Non ci tornerò mai, e venderla mi spezzerebbe il cuore.
Giovanni pianse. Una sconosciuta gli offriva ciò che la sua stessa figlia gli negava.
Posso chiederle una cosa? Cè una donna qui Maria. Anche lei non ha nessuno. Vorrei che andassimo insieme.
Certo sorrise Laura. Se è daccordo, nessun problema.
Giovanni corse da Maria:
Prepara le valigie! Partiamo! Una casa in Toscana, aria pulita, libertà. Sarà bello. Perché restare qui?
Andiamo! Per una vita nuova!
Fecero le valigie, comprarono le provviste. Laura li accompagnò personalmente, rifiutando che prendessero lautobus. Giovanni la strinse forte, incapace di esprimere la sua gratitudine. Sussurrò: «Non dica niente a Beatrice. Non voglio più sentir parlare di lei.»
Laura sorrise, annuì. Non aveva fatto niente di straordinario. Solo agito da essere umano. E oggi, questo è quasi un atto di eroismo.