La figlia ha perdonato, ma io no

Giovanna Bianchi osservava la propria immagine riflessa, aggiustandosi il tailleur grigio. Oggi Chiara compiva trent’anni. Il primo compleanno insieme dopo otto lunghi anni.

“Mamma, pronta?” gridò Elena dall’ingresso. “L’auto è qui.”

“Arrivo, arrivo!” rispose Giovanna, immobile davanti allo specchio.

Quanto era cambiata Chiara… Una volta portava solo jeans e sneakers, ora indossava abiti eleganti e tacchi alti. Lavorava per una multinazionale, guadagnava più di quanto Giovanna avesse mai visto nella sua vita. E ora sposava quel suo… come si chiamava… Dario.

“Mamma!” impazientì la voce di Chiara.

Giovanna sospirò e si avviò. Sulla soglia, la figlia sfoggiava un abito beige, capelli perfetti e un tocco di make-up. Bella. Come sempre, persino quando a sedici anni abbandonò il liceo e scappò di casa.

“Sei presentabile,” commentò Giovanna in tono secco.

Un sorriso sfiorò le labbra di Chiara, ma un’ombra velò il suo sguardo.

“Grazie. Anche tu stai bene. Quel tailleur ti sta benissimo.”

Silenzio in macchina. Chiara fissava il finestrino mentre Giovanna rimuginava su come le cose avrebbero potuto prendere un’altra piega. Se solo la figlia l’avesse ascoltata. Se non si fosse messa con quel Silvano, vent’anni più vecchio. Se non fosse scappata con lui a Roma, rinunciando a tutto – scuola, università, futuro.

“Ricordi cosa ti dissi allora?” sbottò infine Giovanna. “Che sarebbe finita male. Che si sarebbe divertito con te e poi mollata.”

Chiara si voltò verso la madre.

“Mamma, oggi no, per favore. È il mio compleanno.”

“Non voglio rovinartelo. Constato un dato di fatto. Avevo ragione, no?”

“Sì, avevi ragione. E quindi? Vuoi che mi flagelli a vita per una sbandata d’adolescenza?”

Giovanna tacque. Lo voleva? Non lo sapeva. Sapeva solo di aver passato otto anni insonni, in preda a immagini di sua figlia sedicenne, persa chissà dove. Delle chiamate ossessive alla polizia, agli ospedali, agli amici. Della prima lettera, arrivata un anno e mezzo dopo – poche righe che dicevano “Lena sta bene”.

Il ristorante era chic e costoso. Un lungo tavolo ospitava già colleghi di Chiara, amiche, lo sposo Dario con i suoi genitori. Tutti si alzarono educatamente all’ingresso di Giovanna.

“Vi presento mia mamma,” annunciò Chiara.

Giovanna salutò con un cenno e sedette al posto indicato. Accanto a lei, la madre di Dario – donna elegante sui cinquantacinque, con un abito firmato.

“Che figlia meravigliosa avete,” sussurrò. “Dario l’adora. Dice che ragazze così coraggiose e autonome sono rare.”

“Autonoma lo è diventata presto,” replicò Giovanna. “Troppo troppo presto.”

La signora, avvertendo un tono aspro, cambiò argomento.

Il tavolo era vivace. Chiara rideva, raccontava storie di lavoro, accoglieva gli auguri. Giovanna osservava in silenzio, partecipando a malapena ai convenevoli.

Eccola abbracciare Dario: lui le sussurrava qualcosa, lei arrossiva ridendo. Un bravo ragazzo, da ammettere. Medico, famiglia perbene. Fortunata Chiara. Ma avrebbe potuto sposarsi prima, e non con il primo venuto, se solo avesse ascoltato sua madre.

“Chiara, racconta del matrimonio!” esortò un’amica. “Quando?”

“In autunno,” rispose Chiara. “Piccola cerimonia, solo gli affetti più cari.”

“E dove abiterete?”

“Dario ha preso un trilocale nel nuovo complesso residenziale. Con un restauro stupendo. Sembra un sogno!”

Giovanna ricordò involontariamente il suo bilocale nel vecchio quartiere di Milano, dove avevano vissuto prima della fuga. Chiara dormiva sul divano-letto in salotto, lamentandosi dello spazio angusto. E Giovanna ribadiva: “Finisci il liceo, fai l’università, lavora: *allora* avrai la tua casa”. Senza successo.

“E i bambini?” incalzò l’amica. “Programmato?”

Chiara incrociò lo sguardo di Dario.

“Certo. Vorrei un bambino. O una bambina,” sorrise. “Sarò la mamma migliore del mondo.”

“Non dubito,” approvò la madre di Dario. “Hai un talento naturale per capire la gente, sai leggere la psicologia. È fondamentale per crescere dei figli.”

Giovanna rischiò di soffocare col vino. *Talento?* Dopo essersi messa con un uomo sposato a sedici anni?

“Mamma, stai bene?” Chiara la scrutava preoccupata. “Vuoi dell’acqua?”

“No, nulla,” Giovanna asciugò gli occhi con il tovagliolo.

Festa a pieno ritmo. Brindisi, regali. Chiara ebbe gioielli preziosi da Dario, un viaggio in Europa dai colleghi, una borsa firmata dalle amiche. Giovanna le regalò una catenina d’oro – non costosa, ma di qualità. Scelta con cura giorni prima.

“Grazie, mamma. È deliziosa.” Chiara se la mise, ammirandola in un portaspeck. “Mi piace tantissimo.”

“Portala in salute,” disse Giovanna.

Sul finire, Dario alzò il calice.

“Amici, voglio dedicare qualche parola alla festeggiata. Chiara è una donna straordinaria. Ha attraversato momenti difficili, ha commesso
Valentina Rossi fissò nervosamente le proprie mani mentre saliva le scale della sua palazzina milanese, la vecchia gonna di tweed sussurrando ad ogni passo, e giurò a se stessa che domani avrebbe regalato alla figlia una nuova prima colazione di latte e cornetti appena sfornati.

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