**Il Destino Ama i Riconoscenti**
A trentanni, Fabrizio Rossi aveva alle spalle dieci anni di servizio nelle zone di guerra, due ferite, ma la Provvidenza lo aveva sempre protetto. Dopo la seconda ferita seria, però, dovette passare mesi a riprendersi in ospedale e finì per tornare nel suo paesino natale in Toscana.
Il paese era cambiato, e anche la gente. Tutti i suoi ex compagni di scuola si erano sposati, ma un giorno Fabrizio vide Elisabetta e stentò a riconoscerla. Quando era partito per il militare, lei era solo una ragazzina di tredici anni. Ora ne aveva venticinque ed era una vera bellezza, ancora single. Non aveva mai incontrato un uomo per cui valesse la pena sposarsi, e di certo non voleva farlo solo per convenienza.
Fabrizio, con le sue spalle larghe, quel senso di giustizia radicato e quellaria sicura di sé, non poté fare a meno di avvicinarsi.
«Dimmi che mi stavi aspettando e che non ti sei sposata solo per questo», le disse sorridendo, fissando quei suoi occhi scuri.
«Forse», rispose lei, arrossendo leggermente, mentre il cuore le batteva allimpazzata.
Da quel momento, iniziarono a frequentarsi. Era autunno inoltrato, e camminavano lungo il sentiero del bosco, le foglie secche che scricchiolavano sotto i loro passi.
«Fabri, sai che mio padre non ci permetterà mai di sposarci», sospirò Elisabetta. Lui glielo aveva già chiesto due volte. «Conosci mio padre.»
«E che mi farà? Non ho paura di lui», rispose Fabrizio, deciso. «Se mi mena, finisce in galera, e così non ci darà più fastidio.»
«Oddio, Fabri, non sai di cosa parli! Mio padre è crudele e ha tutto sotto controllo.»
Vittorio Mancini era luomo più influente del paese. Partito come imprenditore, ora si mormorava avesse legami con la malavita. Tarchiato, con una pancia prominente e uno sguardo glaciale, era noto per la sua ferocia. Da giovane aveva costruito due fattorie, allevando mucche e maiali, e metà del paese lavorava per lui. Tutti gli sorridevano, quasi inchinandosi, e lui si credeva Dio in persona.
«Mio padre non accetterà mai», continuava Elisabetta. «Vuole che mi sposi con il figlio del suo amico della provincia. Quel Luca, un tipo borioso che passa le giornate a bersi il vino glielho detto cento volte!»
«Elisa, sembra di vivere nel Medioevo! Chi può costringerti a sposare qualcuno che non ami?»
Fabrizio la amava profondamente: dal suo sguardo dolce al carattere passionale. E lei non poteva immaginare una vita senza di lui.
«Andiamo», disse lui prendendole la mano e accelerando il passo.
«Dove?» Lei intuiva, ma non riusciva a fermarlo.
Nel cortile della grande villa, Vittorio stava parlando con suo fratello minore, Sergio, che viveva in una dependance ed era sempre pronto a obbedire.
«Signor Mancini, io ed Elisabetta vogliamo sposarci», annunciò Fabrizio. «Le chiedo la mano di sua figlia.»
La madre di Elisabetta era sul portico, una mano sulla bocca, fissando il marito tiranno con terrore. Anche lei aveva sofferto per le sue violenze.
Vittorio, infuriato da tanta audacia, lo fulminò con lo sguardo, ma Fabrizio non abbassò gli occhi. Luomo non capiva da dove venisse tanta sfrontatezza.
«Vattene da qui, scemo!» ruggì Vittorio. «Mia figlia non sposerà mai un reduce come te. Dimenticati di questa strada!»
«Ci sposeremo comunque», ribatté Fabrizio, fermo.
Tutti nel paese rispettavano Fabrizio, ma Vittorio non aveva idea di cosa significasse combattere. Per lui, solo i soldi contavano. Fabrizio serrò i pugni, ma Sergio si frappose tra loro, sapendo che nessuno dei due avrebbe ceduto.
Mentre Sergio lo accompagnava fuori dal cancello, Vittorio trascinò Elisabetta in casa come una bambina. Lui non perdonava mai chi osava sfidarlo.
Quella stessa notte, nellumidità autunnale, un incendio divampò nellofficina che Fabrizio aveva appena aperto.
«Bastardo», borbottò lui, certo di chi fosse la mano dietro quellatto.
La notte seguente, Fabrizio si avvicinò silenziosamente alla casa di Elisabetta. Le aveva scritto di preparare le valigie: sarebbero scappati lontano. Lei accettò. Dalla finestra, gli passò una borsa, poi si calò tra le sue braccia.
«Allalba saremo lontani», sussurrò lui. «Non hai idea di quanto ti amo.»
Lei si strinse a lui. «Ho paura.»
Dieci minuti dopo, erano già in autostrada. Elisabetta tremava dallemozione, consapevole che una nuova vita li attendeva. Poi, dei fari lampeggiarono dietro di loro. Un Mercedes li superò e bloccò la strada.
«No, ti prego», sussurrò Elisabetta, raggomitolandosi.
Vittorio e due suoi scagnozzi la strapparono dallauto. Fabrizio cercò di difenderla, ma un pugno lo stese. Lo picchiarono selvaggiamente, in silenzio, poi partirono, lasciandolo sullasfalto.
Riprese





