*Diario personale*
“Che fortuna, davvero.”
“Vittoria, lasciami spiegare!” Sulla soglia c’era Vladimiro, senza fiato.
“Cosa vuole da me? Vada a discutere con i suoi capi!”
“Non capisci. Scusami… Non ha capito. Per favore, chiuda tutte le porte e chiami la polizia. Fidati!”
Vittoria lo guardò sconcertata mentre Vladimiro correva via. Cosa significava tutto questo? Perché un semplice tecnico si comportava in modo così strano?
Poco dopo, sentì rumore al piano di sotto. Voci alte, il suono di vetri rotti e le urla di Vladimiro.
“Vittoria, vattene!”
La ragazza chiuse la porta di colpo. Non capiva nulla, ma fece come le aveva detto Vladimiro. Girare le due serrature, infilare la chiave nella toppa dal suo lato. Con mani tremanti, compose il 112.
Qualcuno bussò alla porta, e Vittoria trasalì. Stringendo il telefono al petto, pregò che finisse tutto.
“Bella, sei lì? Ti sentiamo. Apri che non ti facciamo niente, promesso,” risuonò una voce maschile sgradevole dall’altra parte della porta.
Vittoria rimase in silenzio, trattenendo il respiro. Le voci cessarono, ma iniziarono strani rumori. Qualcuno tentava di aprire la porta dall’esterno.
“Questa stupida ha bloccato la chiave. Senti? Non complicarti la vita! Apri, forza.”
“Via! Ho chiamato la polizia!” gridò Vittoria, ma subito si coprì la bocca con le mani.
“Eh, hai sbagliato, bella,” disse la voce. “Andiamo, ragazzi. Torneremo, hai capito?”
Gli sconosciuti si allontanarono sulle scale. I rumori svanirono, e poi solo silenzio. Le orecchie le ronzavano, e Vittoria scivolò lungo il muro, ancora aggrappata al telefono.
Un altro bussare, e Vittoria emise un piccolo grido. Ma il sollievo arrivò quando sentì:
“Apri, è la polizia!”
Seduta al tavolo della cucina, raccontava la sua storia a un agente che prendeva nota. La ragazza tremava ancora.
“Mi dica, chi è Vladimiro e dove l’ha conosciuto?” chiese l’altro agente. Vittoria non capiva i gradi, ma dal modo in cui dava ordini, capì che era il più anziano.
“Sei mesi fa comprai una lavatrice nuova. Il mese scorso iniziò a perdere. Chiamai il negozio, che mi indirizzò all’assistenza. Vladimiro venne come tecnico.”
“Si erano già visti prima?”
“No, assolutamente no. L’ho conosciuto solo quando arrivò a casa mia.”
“Quindi ha fatto entrare in casa uno sconosciuto?”
“Ma che dice? Era un tecnico autorizzato! Mica ho aperto a chiunque!” Vittoria li guardò offesa.
E infatti, nessun motivo per dubitare. Vladimiro arrivò puntuale, alto e in forma, con la divisa dell’assistenza e una valigia di attrezzi. Controllò la lavatrice, prese appunti e compilò il rapporto su un modulo ufficiale. Vittoria firmò senza sospetti.
“Ecco, funzionerà come nuova!” disse poi, porgendole un bigliettino.
“Che cos’è?”
“Il mio numero di telefono.”
“Ma non è contro le regole della sua azienda?”
“Non fraintenda. Se succede qualcos’altro, può chiamarmi direttamente. Il centro assistenza è lento, io invece posso venire subito.”
Vittoria si tranquillizzò. Aveva senso: ci era voluta una settimana per fissare l’appuntamento.
Ma dopo qualche giorno, la lavatrice perdé di nuovo. Chiamò Vladimiro.
“Verrò a controllare. Gratis, ovvio.”
“Non capisco cosa non va.”
“Non si preoccupi, è un modello problematico, credemi.”
Finito il lavoro, sorrise.
“Spero di non servirle più,” disse con sincerità.
“Lo spero anch’io. Grazie mille!”
Vittoria non lo chiamò più, e nemmeno lui si fece vivo. Ma quando la lavatrice si guastò di nuovo, la disperazione tornò: il numero di Vladimiro era irraggiungibile.
Vittoria pulì l’acqua e pianse. “Maledetta macchina!” sbatté lo sportello.
Chiamò il centro assistenza, dove si stupirono del problema.
“Vladimiro segnalò tutto risolto. Mi dice che è tornato senza richiesta ufficiale?”
“Disse che era più veloce così.”
La situazione era strana. Mandarono un altro tecnico, ma solo per il giorno dopo. Intanto, Vladimiro era irreperibile.
Poi, quel pomeriggio, bussarono alla porta. Era Vladimiro, che la supplicò di chiudere tutto e chiamare aiuto.
“Non so altro,” sospirò Vittoria.
“Parlò con Vladimiro durante le riparazioni?”
“No. Cosa avrei dovuto dire? Solo chiedere se serviva qualcosa.”
“Quindi aveva i suoi attrezzi?” fece l’agente, sogghignando.
“I tecnici non portano stracci! Quando sviti certe viti, l’acqua schizza ovunque!”
Gli agenti tacquero, ma si scambiarono un’occhiata. Vittoria la colse.
“Che succede? Quei tipi hanno detto che torneranno… Chi sono?”
“Non abbiamo dettagli, ma sospettiamo che Vladimiro sia legato a una serie di furti. Probabilmente lavora come informatore per valutare le case. Sono attenti: contano gli abitanti, gli oggetti di valore… Basta un bagno per capire.”
Vittoria era scioccata. Quegli uomini erano ladri. L’agente le diede un foglio da firmare.
“La chiameremo per ulteriori dettagli. Resti reperibile.”
“Aspetti!” Lo afferrò per la mano. “Mi lascia qui sola? Torneranno!”
“Stia tranquilla, è tutto sotto controllo,” disse l’agente più anziano, stanco. Vittoria lo lasciò andare, sfinità.
Quando se ne andarono, chiuse tutto, ringraziando di aver speso per una buona porta blindata. Ma la paura rimase.
Quella sera, vennero gli amici a tenerle compagnia: un amico e una coppia. Provarono a distrarla con un gioco da tavola, ma ogni rumore la faceva sobbalzare.
Poi, il telefono squillò. Numero sconosciuto.
“Rispondi in vivavoce,” suggerì l’amica.
“Pronto? Vittoria Albanese?”
“Sì, sono io.”
“Sono l’ispettore Scarpelli. Abbiamo preso il suo amico.”
“Chi?”
“Vladimiro. Era coinvolto nei furti. Segnalava gli appartamenti alla sua banda. Se non l’avesse avvertita… Beh, ci sarà un processo. La contatterà un investigatore. Non lasci la città e non cancelli le sue chiamate.”
La linea si interruppe. Vittoria si sentì gelare. Quei ladri sapevano che Vladimiro l’aveva avvertita.
“Quasi romantico,” commentò l’amica.
Ma a Vittoria non sembrava affatto romantico. Aveva imparato che un sorriso gentile può nascondere tradimento.
Ma una domanda le rimase: se Vladimiro agiva solo per interesse, perché corse ad avvertirla?
*Lezione del giorno: la fiducia è preziosa, ma l’istinto lo è ancora di più.*