La Luce del Fiume

Chiara Bellini lavorava come segretaria del capo ingegnere in un’azienda manifatturiera a Torino. Tra i dipendenti, c’era una donna che attirava l’attenzione di tutti: si chiamava Antonella, ma per tutti era Antonella Fontanella. Anche se aveva cinquant’anni, nessuno, in ufficio, osava chiamarla con il nome e cognome. Antonella aveva passi veloci, donneggianti, e nel reparto, la sua voce sonora sembrava un grido che sovrastava il ronzio delle macchine. Camminava tanto: in un solo turno, copriva chilometri, e si occupava di ogni problema, fosse piccolo o grande. Appassionata di lavoro, si immergeva nei dettagli e non si faceva problemi ad entrare in qualsiasi stanza, nemmeno quelle del management.
Antonella era un po’ sbracata, con abiti colorati ma a volte scollacciati, trucco vivace e unghie sempre curate. Non era esattamente l’immagine della raffinatezza, e questo la rendeva controversa tra i colleghi. Chiara l’aveva notata solo di sfuggita, finché non arrivò un nuovo capo ingegnere, Enzo Moretti, un uomo cinquantenne il cui aspetto contrastava con quello di Antonella: elegante, sempre impeccabile, con camicie stirate e scarpe lucidissime. Enzo era sposato da trent’anni con Mara, una donna generosa, moglie di una famiglia con otto fratelli e sorelle. Mara aveva un passato difficile: aveva aiutato il fratello più giovane quando il suo cottage vicino Napoli era andato a fuoco e, anni prima, aveva sostenuto economicamente un’altra sorella gravemente malata, anche se la sua stessa famiglia aveva dovuto tirare la cinghia.
Enzo aveva avuto un passato tormentato: da giovane aveva tradito Mara con un’amica di lavoro, una ragazza che gli aveva regalato una figlia, abbandonata dopo la nascita. Per anni, Enzo aveva pensato che Mara lo avrebbe lasciato, ma lei, con un sorriso tremante, aveva detto: «Se Dio ci ha donato questo bambino, dobbiamo accettarlo. Lo chiameremo Amalia». Oggi, Amalia aveva sedici anni e aiutava sua madre in cucina. Anche Enzo aveva tre figli, tutti impiegati nell’azienda torinese.
Un pomeriggio, Chiara vide entrare in segreteria una donna energica con i capelli grigi. «Se è per il capo, deve prenotarsi», disse. «Ma io sono sua moglie», rispose l’altra, e Chiara riconobbe Antonella. Il cuore le balzò in gola: non lo aveva collegato, ma Antonella era Mara, Enzo’s wife. Enzo la chiamò in ufficio: «Chiara, questa è mia moglie. Le piaci, e vorremmo che venissi a cena».
Quella sera, sera di torte salate e vino Chianti, Chiara incontrò il figlio medio di Enzo e Mara, Vincenzo, libero da obblighi famigliari ma in cerca di真爱. Mara le sussurrò: «Guarda, Chiara, una donna forte non si basa sulla perfezione, ma sull’amore che si dà, anche quando sembra persa».
Antonella Fontanella non era solo una segretaria vivace: era una moglie, una madre e una forza che mostrava che il perdono non è debolezza, ma coraggio nascosto tra i fiori di un orto povero.

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