La madre del mio ragazzo mi ha umiliato di fronte a tutti, senza sapere che ero la sua fidanzata.

Ricordo ancora, come se fosse ieri, la vergogna che provai quando la madre di Marco mi umiliò davanti a tutti, senza sapere che io e suo figlio eravamo insieme. Io, Ginevra, avevo incontrato Marco in un piccolo droghiere di via dei Pescatori, a pochi passi da casa sua a Napoli, dove lavoravo nel tempo libero per mettere da parte qualche risparmio. A diciannove anni desideravo diventare indipendente dal punto di vista economico, così accettai turni extra. I miei genitori ne erano fieri: studiare e lavorare contemporaneamente mi permetteva di comprarmi una nuova bicicletta e di mettere da parte un piccolo viaggio a Roma. Anche Marco elogiava il mio lavoro part-time, nonostante lui fosse ancora senza occupazione.

La nostra storia iniziò piano piano. Marco mi portava fiori di campo, io lo ricambiavo con cioccolatini artigianali, e a volte restavamo fino a notte fonda nel negozio, chiacchierando mentre gli scaffali erano vuoti. Fu un periodo di felicità che durò circa due settimane, finché la madre di Marco non decise di abbassarmi in terra, e io, vergognosa, non volsi più vedere suo figlio; anzi, mi sentii colpevole di avergli permesso di penetrare nella mia vita.

Durante un turno serale, lei entrò insieme a Marco. Non accorse al suo sguardo complice, né al nostro sorriso scambiato. Quando si avvicinò al registratore, il macchinario si inceppò e la cliente, irritata, cominciò a lamentarsi. Ho comprato qui una milione di volte e mi sono sempre rivolta a te, sbottò, insinuando che io nascondessi qualcosa di losco, e infine mi accusò di essere una truffatrice, convinta che volessi sottrarle denaro senza dargli lo scontrino.

«Vedi, Marco, è per questo che devi studiare seriamente, così non dovrai più stare a rimproverare la gente per una cassa inceppata!»

La scena fu imbarazzante: la madre di Marco era la donna più influente del quartiere, e davanti a una fila di clienti, molti dei quali mi conoscevano già, sentii gli sussurri che avrebbero potuto accompagnare il mio nome per anni.

Marco implorò perché perdonassi sua madre, sostenendo che avesse avuto una brutta giornata, ma il mio orgoglio non mi permise di farlo. Lasciai il negozio, recisi il mio impiego e, per fortuna, trovai un lavoro all’estero, a Torino, dove il salario era più modesto ma le ore erano più numerose e, soprattutto, non dovevo più incrociare persone come la madre di Marco.

Da allora ho compreso che ogni mestiere ha il suo valore e che, da studente, le scelte sono limitate. È vero che alcuni genitori sono sicuri del futuro dei propri figli, ma ciò non impedisce che, un giorno, anche un laureato possa trovarsi a spolverare una cassa in un negozio di alimentari. Questa esperienza mi ha insegnato lumiltà e la forza di rialzarsi, nonostante le umiliazioni del passato.

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La madre del mio ragazzo mi ha umiliato di fronte a tutti, senza sapere che ero la sua fidanzata.