La Madre Devota che Ha Sacrificato Tutto per l’Amore

La Madre Sacrificata

Per trentanni mi sono alzata prima dellalba. Ho preparato migliaia di colazioni, lavato montagne di vestiti, curato ferite e asciugato lacrime. I miei figli erano il mio universo, la mia ragione di esistere. Ho fatto doppi turni per pagare loro luniversità, venduto i miei gioielli per i loro matrimoni, ipotecato la casa per i loro affari.

“Mamma sarà sempre lì”, dicevano gli amici con ammirazione. E io sorridevo orgogliosa, credendo di costruire qualcosa di bello: una famiglia unita dallamore incondizionato.

Marco, il mio figlio maggiore, veniva ogni mese. Aveva sempre bisogno di qualcosa: che badassi ai bambini, che gli prestassi soldi, che gli preparassi i pasti per la settimana. “Nessuno cucina come te, mamma”, diceva abbracciandomi. E io mi scioglievo.

Sofia, la mia figlia di mezzo, mi chiamava in lacrime ogni volta che litigava con il marito. Lascio tutto per consolarla, per darle consigli che non seguiva mai. “Tu mi capisci meglio di chiunque altro”, sospirava. E io mi sentivo speciale, indispensabile.

Luca, il più piccolo, viveva ancora con me a 35 anni. “Sto risparmiando per andarmene”, ripeteva mentre gli lavavo i vestiti e gli cucinavo. I suoi risparmi svanivano sempre in videogiochi e serate fuori.

Tutto cambiò il giorno che mi ammalai.

Una caduta stupida, una frattura allanca, due mesi di riposo. Avevo bisogno di aiuto per lavarmi, cucinare, fare la spesa.

Marco era “troppo impegnato”. Sofia “stava passando un momento difficile”. Luca si trasferì da un amico “temporaneamente” lo stesso giorno in cui uscii dallospedale.

I primi giorni aspettai. Sarebbero venuti, dovevano solo organizzarsi. Ma le ore diventarono giorni, i giorni settimane. Le chiamate si diradarono. Le scuse si moltiplicarono.

Una sera, mentre faticavo ad aprire un barattolo con le mani ancora deboli, sentii voci familiari in giardino. I miei tre figli erano lì, ma non avevano suonato il campanello. Mi avvicinai alla finestra e li vidi discutere.

“Qualcuno deve occuparsi di mamma”, diceva Marco.

“Io non posso, ho la mia famiglia”, rispondeva Sofia.

“Allora vendete la casa e mettetela in una casa di riposo”, suggerì Luca. “Con quei soldi potremmo anche dividerci qualcosa.”

Se ne andarono senza entrare.

Quella notte non piansi. Per la prima volta in decenni, pensai a me. Alla donna che ero stata prima di diventare solo “mamma”. Ai sogni che avevo sepolto, alle opportunità che avevo rifiutato per essere sempre disponibile per loro.

La mattina dopo feci tre telefonate.

La prima, a un avvocato. La seconda, a unagenzia immobiliare. La terza, a mia sorella che viveva allestero e che per anni mi aveva invitata a raggiungerla.

Vendetti la casa in due settimane. I soldi li misi a mio nome. Comprai un biglietto di sola andata.

Quando i miei figli lo scoprirono, arrivarono di corsa. Per la prima volta in mesi, tutti e tre insieme alla mia porta.

“Come puoi farci questo?”, urlò Marco. “Siamo la tua famiglia!”

“Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te”, singhiozzò Sofia.

“E noi?”, chiese Luca. “Dove passeremo il Natale?”

Li guardai in silenzio. Queste tre persone che erano state il mio intero mondo, che ora mi vedevano solo come un problema da risolvere o uneredità da amministrare.

“Voi non avete più bisogno di me”, dissi con una calma che mi sorprese. “E io ho scoperto di non aver più bisogno di voi.”

Chiusi la porta.

Il giorno dopo presi laereo. Nel sedile 23A, guardando le nuvole, sentii qualcosa che non provavo da decenni: libertà.

Dicono che le madri amino incondizionatamente. Ma nessuno dice che quellamore, quando non è corrisposto, può diventare una prigione. E che a volte, la scelta più coraggiosa non è restare, ma andarsene.

Ora vivo in una casetta vicino al mare. Ho nuovi amici, nuove abitudini, nuovi sogni. I miei figli chiamano ogni tanto, chiedendo sempre quando tornerò.

Non tornerò.

Perché ho imparato che prendersi cura degli altri non mi rendeva una brava madre se mi dimenticavo di prendermi cura di me stessa. E che lamore vero non può esistere dove ci sono solo aspettative e convenienza.

Per la prima volta nella mia vita, sono felice di essere semplicemente io.

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