Oggi voglio raccontarvi di mia amica Beatrice. Cucina come una dea, con quelle mani fatate che trasformano una semplice zucchina e una patata in capolavori da leccarsi i baffi. E i suoi dolci? Una poesia! La carne? Croccante, profumata, da far venir voglia di piangere dalla felicità.
Ma non è questo il punto.
Beatrice è in sovrappeso, abbondantemente, ma è una donna splendida: pelle liscia come una pesca matura, energica, senza un filo di fiato corto o problemi di pressione. Ha un marito, Luca, con cui è sposata da quindici anni. E per tutti questi quindici anni, Luca l’ha tormentata per quel peso in più, con una crudeltà che sfiorava l’arte. Con invenzione, con gusto. Davanti agli amici, davanti agli sconosciuti. Sfornava soprannomi “affettuosi”: la mia vitellona, il mio ippopotamino. “Ah, mi ha pestato il piede, sono un uomo distrutto!”
Elogiava le conoscenti in formissima e chiunque avesse avuto la fortuna di nascere con certi geni. Anche a me è capitato di beccarmi quei discutibili complimenti, e invano mi scagliavo in difesa di Beatrice, parlando di metabolismo, eredità genetica, ma era tutto inutile.
Lei, però, manteneva sempre la calma, sorrideva persino alle battute. Scherzava pure lei sul suo corpo. Dopo la nascita della figlia, però, la situazione è peggiorata. La bambina ha ereditato la sua figura a “mela”, e quando è entrata nella pubertà, Luca ha rivolto le sue frecciate a lei: “Mangia ancora? Diventerai come tua madre! Guardati, non vuoi essere bella invece che un sacco informe?”
Ed è lì che Beatrice si è svegliata. Ha parlato con lui una, due, tre volte, ma naturalmente senza risultato. Poi, un anno fa, è successo l’irreparabile. Non c’ero, me l’hanno raccontato. Mentre Luca, in compagnia, si esercitava nel suo solito umorismo sulla forma fisica della moglie, lei ha alzato gli occhi e ha detto: “Luca, sai che ti dico? Ma vaffanculo. Se non ti piace come sono, la porta è aperta. Cercatene una magra, perché io ne ho avuto abbastanza.”
Ha chiamato un taxi ed è tornata a casa. Luca ha continuato a ridere, a scherzare, senza preoccuparsi di raggiungerla. “Dove vuoi che vada?” diceva. “Fa la scenetta e poi torna. Lo sa benissimo che sembra un pomodoro troppo maturo.” Persino gli amici hanno provato a fargli capire che sbagliava, che Beatrice era bellissima, ma niente.
A casa, però, Beatrice non c’era. E nemmeno la figlia. Avevano preso le loro cose e se ne erano andate dai genitori di lei, che hanno una casa in un altro quartiere. Scomodo per la scuola, ma pazienza. Il colpo di grazia è arrivato quando Beatrice ha chiesto il divorzio. Luca non ci credeva: “Ma davvero per quelle battute? Impossibile! Deve esserci un altro uomo!” Poi, subito dopo: “Ma chi la vorrebbe, così grassa?”
Avrete già capito. Non c’era nessun altro. Beatrice si era semplicemente stancata. Lavora in un’azienda importante, con uno stipendio più che dignitoso, e con l’aiuto dei genitori ha comprato un bell’appartamento nuovo per sé e la figlia, senza aspettare la divisione dei beni.
Dopo il divorzio, Luca si è ritrovato con un bilocale. E ha dovuto vendere la macchina, dividendo i soldi. Ora paga gli alimenti per altri tre anni, e con quello che gli resta dello stipendio non campa certo nel lusso. Ma la cosa peggiore, dice agli amici, è che “quella strega” l’ha abituato a mangiare come un re, e ora è costretto a divorare schifezze surgelate o a correre da sua madre per cena. “La sua pollo al forno mi perseguita nei sogni”, racconta. “Il suo risotto, le sue crostate… Mi sveglio con le lacrime agli occhi!”
Una nuova donna? L’ha trovata. “Ma cucina una roba immonda”, si lamenta. “Sì, è magra, ma a questa età le modelle scarseggiano. Una più giovane? Con questo stipendio e questa pancia, questa calvizie e questo fiato corto? Ho cinquant’anni, mica sono Brad Pitt!”
La parte più amara? Beatrice è dimagrita. Non tantissimo, ma abbastanza da farsi notare. Gli amici dicono che ora cucina in modo diverso, sempre buono, ma con più verdure. Lei e la figlia non erano mai fanatiche della carne, e i dolci… beh, quelli li voleva soprattutto Luca.
Poco fa l’ha incrociata al supermercato e, dice, “mi è mancata la voce”. Le si è avvicinato: “Beh, guarda un po’… ora sì che mi piaci. Dai, possiamo riprovarci?” Lei lo ha guardato e ha risposto: “Ma vai a quel paese.”
Lui è rimasto offeso. “Io le apro il cuore e lei mi manda via. Se non fossi stato io, sarebbe ancora una vacca ingrassata. Ingrate… ciniche… donne!”
Ecco la lezione: mai sottovalutare il potere di una donna stufa. E, soprattutto, mai insultare chi ti riempie la pancia.
Giorgio Bianchi.