La mia mamma ha dato il mio cane in adozione di nascosto: “Meglio che avessi avuto un bambino!

29 ottobre 2023

Oggi scrivo con il cuore ancora pesante, ma anche con una lezione imparata. Mia madre ha portato il mio cane al canile senza dirmelo. «Faresti meglio ad avere un bambino!», mi ha detto.

È successo dopo cinque anni di matrimonio. Io e mio marito, Marco, avevamo deciso di concederci una breve vacanza sulle Alpi, niente di lussuoso, solo una pausa dal lavoro, dal mutuo e dalla routine. L’unica preoccupazione era il nostro adorato cane, Pallino. Lo avevamo adottato due anni fa dal canile ed era diventato come un figlio per noi: fedele, intelligente e dolcissimo.

Gli amici non potevano aiutare, mia suocera aveva il marito allergico, così alla fine chiesi a mia madre. Dopo qualche esitazione, accettò. Sembrava si fosse rassegnata alla presenza di Pallino, anzi, a volte gli portava bocconcini e giocava con lui. Preparai tutto: cibo, ciotole, cuccia e giochi, e lo portai da lei.

Partii tranquilla. Ma quando tornai, una settimana dopo, la prima cosa che notai fu il silenzio. Niente Pallino, niente ciotole, niente giochi. Chiamai mia madre in preda al panico. Rispose dopo un’eternità e, con voce indifferente, come se parlasse di un vecchio mobile, disse:

«L’ho riportato al canile. Dovreste pensare ad avere un bambino, non a occuparvi di un cane.»

Mi sentii morire. Non riuscivo a credere che la donna che mi aveva cresciuto potesse tradirci così, senza avvertire, senza chiedere. Continuò a dire che così non avevamo più «distrazioni», che l’istinto materno doveva essere rivolto a un figlio, non a un cane. Ma io non la stavo più ascoltando. Riagganciai e con Marco corremmo al canile.

Lì ci accolsero con diffidenza. Mia madre aveva raccontato che aspettavamo un bambino e non potevamo gestire Pallino. Dovemmo spiegare tutto, mostrare foto, documenti, persino le chat col veterinario. Alla fine ci credettero. Pallino tornò a casa. Spaventato, confuso, all’inizio non si avvicinò. Ma quando finalmente si strinse a me, piansi come non mai. Il canile ci chiese il numero per aggiornamenti.

Con mia madre non parlo più. Non posso. Come si può perdonare chi vede la tua famiglia come un «ostacolo» ai suoi desideri?

Ho solo venticinque anni. Io e Marco ci amiamo, lavoriamo sodo, paghiamo il mutuo. La nostra vita non è perfetta, ma siamo felici. Sì, non vogliamo figli adesso, ma solo perché desideriamo essere pronti: emotivamente, finanziariamente. Non li vogliamo come dovere, solo perché «mia madre è contenta».

E Pallino? Per alcuni è solo un animale. Ma per noi è famiglia. Se non sono pronta per un bambino, non significa che non sappia amare. Pallino mi ha insegnato la responsabilità, la fedeltà, l’amore incondizionato. È un ponte verso la genitorialità.

Mia madre non l’ha capito. Per lei tutto deve seguire il suo copione: matrimonio, figli, altrimenti hai fallito. Ma noi viviamo con rispetto, costruiamo la nostra vita giorno per giorno.

Ha provato a chiamare, a scrivere, persino a venire a casa. Ma non sono pronta. Forse un giorno perdonerò. Ma non ora. Il tradimento non è un errore, è una scelta consapevole che ferisce. E io ancora sanguino.

Oggi Pallino dorme sulle mie gambe. Ha ricominciato a scodinzolare. E io sorrido. Siamo di nuovo una famiglia. E un giorno, quando sarà il momento, nostro figlio crescerà con lui. Perché Pallino è il nostro primo «figlio». A quattro zampe, ma con un cuore che ci ha insegnato tutto.

La lezione? L’amore non ha schemi. E nessuno ha il diritto di decidere come devi viverlo.

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