**Giovedì**
Quella vicina del quinto piano. Io, Giovanna De Luca, so tutto di chi abita nel nostro palazzo: chi rientra tardi, chi litiga, chi non paga le spese condominiali. Ma di lei, nulla. Arrivò senza rumore. Ricordo che l’appartamento cinquantatré rimase vuoto dopo la morte del vecchio Arturo Moretti. I nipoti arrivavano da Milano ogni tanto, svuotavano la casa, poi vendettero. Chissà chi l’acquistò.
«Saranno agenzie immobiliari che rivendono», commentò Antonella Ferrari incrociandomi alle cassette della posta. «Ormai vendono case come fossero caramelle al mercato». Ma si capì subito che non era una rivendita. Qualcuno si era trasferito. Lo capii dalla musica bassa che scendeva dal soffitto e dai tacchi sulle scale. Veri tacchi, non ciabatte o scarpe da ginnastica. Nel nostro palazzo anni Sessanta, pochi potevano permettersi quel lusso.
La vidi per caso. Spiai dalla spioncina sentendo voci sul pianerottolo. Davanti alla porta opposta c’era una donna alta, cappotto beige elegante, capelli raccolti in una crocchia. Stringeva un mazzo di rose bianche. «Grazie mille», diceva a un uomo sulla cinquantina in completo grigio. «Gliele consegnerò». Lui annuì e scomparve nell’ascensore. Lei sospirò lieve e rientrò.
«Anto, hai visto la nuova vicina?», chiesi il giorno dopo sedute sulla panchina del cortile. «Quella del quinto, l’appartamento cinquantatré». Antonella scosse la testa. «No. È giovane?» «Una cinquantina, elegante, curata. Si veste bene, non come noi qui». «Sarà ricca», concluse. «Ha comprato un appartamento in centro». Annuii, ma qualcosa non tornava. I ricchi di solito non vivono in palazzi vecchi con ascensori arrugginiti e intonaco scrostato. Preferiscono nuove costruzioni o residenze con portiere.
Notai che riceveva visite frequenti. Sempre uomini. Sempre con fiori. Uno alle dieci, un altro all’ora di pranzo, altri la sera. Restavano venti minuti, un’ora. Tutti ben vestiti, sicuri di sé.
«Forse è un’artista?», ipotizzò Antonella quando le raccontai. «Hanno tanti conoscenti». «Un’artista con quei soldi?», sbuffai. «Ne hai mai viste di ricche?»
La curiosità cresceva. Ascoltavo i rumori dal
Guardando Elena Bianchi allontanarsi lungo il corridoio, Marina Rossi rimase a osservare quella porta chiusa del quinto piano, la cui vita finalmente conosceva, e il peso di quella verità le pesava ancora sul cuore.