La moglie del fratello ha deciso che solo noi dobbiamo viziare i suoi figli.

Sorella di mio marito ha deciso che i suoi figli meritano solo i nostri regali

Ho sposato Luca quasi otto anni fa. Un uomo gentile, premuroso, dal cuore d’oro. Ma c’era un problema: sua sorella, Alessia. Una donna con una fantasia sconfinata e un’incredibile abilità nel trasformare ogni frase in una richiesta velata… di regali costosi.

Non parlava mai apertamente. Le sue frasi suonavano sempre come innocenti osservazioni:
«I bambini sognano di vedere quel nuovo film d’animazione, ma i biglietti sono così cari…» diceva con tono sognante. E Luca, appena sentito, correva a comprarli, portava i nipoti al cinema e aggiungeva anche un combo con popcorn e bibita.

«Che bella giornata» continuava Alessia, «sarebbe perfetta per le giostre!» E indovinate chi ci andava con i suoi figli? Noi, naturalmente. E tutto a nostre spese.

Io non colgo i suggerimenti. E non voglio. Preferisco la sincerità. Se hai bisogno di qualcosa, chiedilo. Spiegati. Non girare intorno fingendo che non sia quello che vuoi.

Ma Luca reagiva sempre in fretta ai suoi «indovinelli». Adorava i nipoti, follemente. Ma il modo in cui li viziava era troppo. Biciclette, gadget, divertimenti—tutto era diventato normale. Bastava uno sguardo di Alessia, e lui correva.

Recentemente era l’onomastico di Matteo, il figlio di Alessia. Gli avevamo già regalato una bicicletta di lusso che ci aveva fatto spendere un sacco di soldi. Pensavo fosse più che sufficiente. Ma per Alessia, la bici era solo una sciocchezza. Per lei, il bambino aveva urgente bisogno di andare in Europa. E non da solo—con lei, ovviamente. Un bambino non può viaggiare senza la mamma!

Nel linguaggio di Alessia, suonava così:
«Matteo sogna così tanto di vedere Parigi… gli brillano gli occhi quando ne parla!»

Quel giorno, Luca portò al nipote, invece del viaggio, una torta e un set di cuscini decorati con le lettere del suo nome. Io ero al lavoro, e lui andò da solo. Fu una doccia fredda per sua sorella.

Ma Alessia non si arrese. Le sue richieste crescevano ogni anno. A Luca sembrava non importasse. Non avevamo figli, e lui si dedicava ai nipoti completamente. Forse perché non aveva altro modo per sfogare la sua energia paterna.

Poi arrivò la notizia tanto attesa: ero incinta. Quando lo dissi a Luca, pianse di gioia, baciò la mia pancia, non riusciva a crederci. Lo aveva sognato per anni. Ma poi arrivò Alessia…

Di nuovo con una richiesta. Questa volta, un viaggio a Praga per il ponte del Primo Maggio. Ovviamente, con i bambini. Luca rifiutò, per la prima volta. Disse che presto sarebbe diventato padre e che ora tutte le risorse sarebbero andate alla nostra famiglia. Lei esplose.

Il giorno dopo, mi chiamò. Urlando. Accusandomi.
«Come osi?! Hai fatto tutto apposta per portare via ai miei figli l’unico uomo che si prendesse cura di loro!»

Io riattaccai in silenzio.

Poi, un’altra scena. I nipoti aspettarono Luca fuori dal suo ufficio. Gli consegnarono biglietti fatti a mano.
«Zio, per favore, non ci abbandonare…»
«Perché vuoi un figlio tuo, quando ci hai già noi?»

Qualcuno aveva chiaramente aiutato a scrivere quei messaggi. E quel “qualcuno” era prevedibile.

Luca tornò a casa, si sedette sul divano, guardò i biglietti… e qualcosa dentro di lui cambiò.

«Sono un idiota» disse. «Per quanti anni ho sopportato questa situazione? Quei “microonde rotto”, “non ho soldi per una giacca”, “papà se n’è andato—zio, aiutaci”. Ha sempre usato i bambini per manipolarmi. E io ci cascavo. Come un cretino.»

Poi prese un quaderno. Scrisse tutto ciò che ricordava: biciclette, telefoni, campi estivi, viaggi, tecnologia, giacche, biglietti per il teatro. Il totale era una cifra considerevole.

E poi, il finale. Il finale alla maniera di Alessia.

VenArrivò a casa nostra, si piantò in corridoio come se fosse la padrona e disse: «Visto che presto avrete un figlio, potresti fare un’ultima buona azione? Regalaci la macchina, non nuova, non sono maleducata, solo per portare in giro i bambini…» e Luca, senza dire una parola, le porse il quaderno.

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