La Nipote

La Nipote

Elisa si addormentò solo all’alba. Quando aprì gli occhi, la stanza era inondata di luce solare e accanto al letto c’era Vittorio che le sorrideva.

«Ti ho aspettato tutta la notte. Dove sei stato?»

«Piccola mia, vedi, non mi è successo niente. Preparati, andiamo a fare colazione da qualche parte», disse Vittorio.

Fuori era caldo, come d’estate.

«Vuoi un gelato?» Senza aspettare la risposta, Vittorio si avvicinò alla gelateria e comprò il crema caramello nel cono, il preferito di Elisa.

«Sei di buon umore. Hai vinto a carte?» chiese lei, leccando la cima del gelato.

«Ti sbagli. Ho avuto un’idea. Per realizzarla mi servirà il tuo aiuto.»

«Ma non mi hai mai portata con te. Cosa devo fare?»

«Niente. Devi solo starmi vicino. Ma se non vuoi, me la caverò da solo.»

«No, vengo con te», rispose Elisa in fretta.

«Sapevo che avresti accettato. Puoi scegliere il vestito bianco», disse Vittorio con aria compiaciuta, in preda a un momento di benevolenza.

«Davvero? Mi stai chiedendo di sposarti?» La ragazza si illuminò, dimenticando persino il gelato che le colava tra le dita.

Vittorio non aveva mai permesso a nessuna donna di accennare al matrimonio. Ma Elisa era diversa. Era diventata il suo talismano, portava fortuna. Un anno prima, l’aveva strappata dalle mani di tre teppisti.

Elisa viveva con la madre in una cittadina di provincia. Dopo la fuga del padre, la madre si era data all’alcol. Le cose peggiorarono quando portò a casa un uomo, dicendo che sarebbe rimasto con loro. Il nuovo compagno la fissava con interesse, e una volta cercò persino di costringerla a letto. Elisa riuscì a scappare, salì sul treno regionale e si ritrovò in una grande città.

Senza soldi, senza parenti. Cosa fare? Dove andare? Il suo aspetto smarrito attirò l’attenzione di un gruppo di ragazzi che bazzicavano sempre alla stazione in cerca di polli da spennare. Le cose avrebbero potuto finire male, ma Vittorio sentì le sue urla e la strappò via da loro. Da allora, erano insieme.

Elisa si era innamorata di Vittorio. Alto, atletico, vestito con eleganza, simpatico e sorridente, ispirava fiducia a prima vista. Con lui si sentiva al sicuro, anche se lui non nascondeva di occuparsi di affari non proprio puliti. Ma non la coinvolgeva mai nei suoi piani.

Si sedettero su una panchina sul lungomare. Al sole, il gelato si scioglieva in fretta, il cono si ammollava, e il liquido dolciastro le colava sul polso fino a cadere sull’orlo del vestito.

«Dannazione!» Elisa balzò in piedi e allontanò il gelato per non sporcarsi ancora.

«Buttalo via», disse Vittorio socchiudendo gli occhi al sole, come un gatto sazio.

Elisa gettò il cono nel cestino e leccò il gelato dalla mano. «Che bambina ancora», pensò Vittorio con tenerezza.

«L’affare è promettente, ma dobbiamo fare tutto bene. Non possiamo sbagliare. Crederanno più facilmente a un ragazzo con la fidanzata che a me solo.»

«Con la fidanzata?» ripeté Elisa, sedendosi di nuovo.

«Tu sei la fidanzata.» Vittorio le mise un braccio sulle spalle, e lei si avvicinò.

«Ieri ho scoperto di una vecchia un po’ smemorata. Non ha nessuno. Il marito è morto anni fa, e l’unico figlio è caduto in missione. Lei lo dimentica spesso e lo aspetta ancora la sera. Porta sempre un anello, non se lo toglie mai. Credo che abbia altre cose del genere. Il marito non era un uomo qualunque.»

«Vuoi rubarle i gioielli?» intuì Elisa.

«No, niente rumore. Ce li darà da sola. Ci presenteremo come il nipote e la fidanzata. Capisci? Il tuo compito è farle venire voglia di regalarti i suoi gingilli per il matrimonio.»

Vittorio aveva i suoi principi. A Elisa dispiaceva per la vecchietta. Un conto era ingannare politici ricchi e le loro mogli, un altro una donna sola e credulona. Elisa rifletté.

«Comprati un vestito modesto, di quelli che piacciono alle nonne», disse Vittorio, ignorando il suo turbamento.

«E se si accorge? Se non ti riconosce come nipote? Dubito che tu somigli a suo figlio.»

«Ha problemi di memoria, e non l’ha visto da anni.»

Due giorni dopo, Vittorio ed Elisa erano davanti alla porta d’acciaio al terzo piano di un vecchio edificio in mattoni. Vittorio l’osservò con aria critica e fu soddisfatto del suo aspetto dimesso. Lui, come sempre, era impeccabile, curato e affascinante.

«Parla il meno possibile, ok?»
Elisa annuì.

Vittorio suonò il campanello. Dietro la porta si sentirono passi strascicati, poi il clic della serratura. Elisa si aspettava una vecchietta decrepita, ma davanti a loro c’era una signora anziana piuttosto minuta, con un vestito antiquato e un colletto di pizzo bianco. I capelli grigi erano raccolti da una molletta con un fiocco nero.

«Chi cercate?» chiese la donna, strizzando gli occhi miopi.

«Lei, se è Anna Maria Donati. Forse le sembrerà strano, ma io sono suo nipote», disse Vittorio con serietà.

«Non capisco…» La donna batté le palpebre, confusa. «Mio figlio non si è mai sposato. Giovane, deve esserci un errore.»

«Possiamo entrare?» Vittorio le rivolse uno dei suoi sorrisi ipnotici.
A quel sorriso, la gente non sapeva resistere.

«Sì, certo.» Anna Maria si fece da parte per farli passare.

«Ecco, l’immaginavo proprio così. Permette?» Vittorio entrò in salotto e si fermò davanti a una foto ingrandita di un uomo in uniforme militare.

«Mia madre ne ha un’altra, dove è ancora all’accademia.» Si voltò verso Anna Maria.

«Continua a sfuggirmi…» disse lei con voce esile.

«Vengo da Parma. Suo figlio studiava lì, no? Mia madre lo conobbe pochi mesi prima del diploma. Quando partì, scoprì di aspettare un bambino. Lui non scrisse, non chiamò, lei non seppe come dircelo. Non mi parlò mai di mio padre, credeva di essere stata abbandonata. Poi, finalmente, mi ha raccontato tutto. L’ho trovata, ho scoperto che mio padre è morto da eroe…»

Anna Maria emise un gemito e caduta sulla sedia, gli occhi velati di lacrime.

«Paolino, figlio mio…» sussurrò.

«Mia madre mi ha chiamato Paolo anch’io.»

Elisa fissò Vittorio a bocca aperta. Mentiva in modo così convincente che persino lei si commosse quasi. Anna Maria, ovviamente, cadde nel suo incantesimo. Tirò fuori un album di foto e iniziò a mostrare immagini del figlio da piccolo.

Elisa guardava, trattenendo a stento le lacrime. Avrebbe voluto un padre così, di cui andare fiera, una nonna così… E che sua madre non bevesse e non portasse a casa l’ultimo arrivato. Notò che Vittorio quasi non guardava le foto. Giusto, stava recitando. Non era suo padreAnna Maria sorrise tra le lacrime, prese la mano di Elisa e sussurrò: “Finalmente ho una famiglia”, mentre fuori il sole tramontava sul profilo della città, tingendo il cielo di rosa e arancione.

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