La nipote

Era quasi mattina quando Caterina riuscì ad addormentarsi. Quando aprì gli occhi, la stanza era invasa dalla luce del sole, e accanto al letto c’era Vittorio che le sorrideva.

“Ti ho aspettato tutta la notte. Dov’eri?”

“Piccola mia, vedi, non mi è successo niente. Prenditi un attimo per sistemarti, usciamo a fare colazione da qualche parte,” disse Vittorio.

Fuori faceva già caldo, come in piena estate.

“Vuoi un gelato?” Senza aspettare la risposta, Vittorio si avvicinò a un chiosco e le comprò il suo preferito: crema caramellata in un cono di wafer.

“Sei di buonumore. Hai vinto a carte?” chiese Caterina, leccando la cima del gelato.

“Stai sbagliando. Ho un’idea. E per realizzarla, mi servirà il tuo aiuto.”

“Ma non mi hai mai coinvolta prima. Cosa devo fare?”

“Niente. Devi solo starmi vicina. Ma se non vuoi, me la caverò da solo.”

“No, resto con te,” rispose Caterina in fretta.

“Lo sapevo che avresti accettato. Puoi già scegliere il vestito bianco,” disse Vittorio con un tono indulgente, mentre il buonumore lo rendeva ancora più carismatico.

“Davvero? Mi stai chiedendo di sposarti?” La ragazza sorrise, dimenticando il gelato che teneva in mano.

Vittorio non permetteva a nessuna donna di nemmeno accennare al matrimonio. Ma Caterina era diversa. Era diventata il suo portafortuna, il suo talismano. Un anno prima, l’aveva salvata da tre teppisti.

Caterina viveva con sua madre in una piccola cittadina. Dopo che il padre se n’era andato, la madre aveva iniziato a bere. Le cose erano peggiorate quando aveva portato in casa un uomo e annunciato che sarebbe rimasto con loro. Il nuovo compagno la fissava con occhi insistenti, e una sera aveva provato a trascinarla nel letto. Caterina era riuscita a scappare, si era infilata in un treno regionale ed era finita a Milano.

Senza soldi, senza parenti in città. Cosa fare? Dove andare? Il suo smarrito aspetto aveva attirato l’attenzione di un gruppetto di ragazzi che bazzicavano in stazione in cerca di polli da spennare. Le cose avrebbero potuto finire male, se Vittorio non fosse accorso alle sue urla e non l’avesse strappata dalle loro mani. Da allora, erano sempre stati insieme.

Caterina si era innamorata di Vittorio. Alto, atletico, vestito sempre con eleganza, con un sorriso che ispirava fiducia, dava un senso di protezione. Con lui si sentiva al sicuro, anche se lui non nascondeva di occuparsi di affari non proprio puliti. Ma non l’aveva mai coinvolta.

Si sedettero su una panchina lungo il Naviglio. Sotto il sole, il gelato si sciolse in fretta, il cono diventò molle e un rivolo dolce le colò tra le dita fino a gocciolare sull’orlo del vestito.

“Dannazione!” Caterina balzò in piedi, allontanando il gelato per non sporcarsi ancora.

“Ma buttalo via,” disse Vittorio socchiudendo gli occhi al sole, come un gatto sazio.

Caterina gettò il cono nel cestino e si leccò il gelato dalle dita. “Che bambina,” pensò Vittorio con tenerezza.

“L’affare è buono, ma dobbiamo essere precisi. Non possiamo sbagliare. Un ragazzo con la fidanzata ispira più fiducia di uno solo.”

“Con la fidanzata?” ripeté Caterina, sedendosi di nuovo.

“Tu sei la fidanzata.” Vittorio le mise un braccio sulle spalle e lei si avvicinò.

“Ieri ho sentito parlare di una vecchietta un po’ smemorata. Non ha nessuno. Il marito è morto anni fa, e il figlio unico è caduto in missione qualche anno fa. Lei se ne dimentica e ogni sera lo aspetta come se dovesse tornare dal lavoro. Ha un anello che non si toglie mai dal dito. Scommetto che ha un bel po’ di gioielli. Il marito era un tipo influente.”

“Vuoi rubarle i gioielli?” intuì Caterina.

“No, niente rumore. Ce li darà da sola. Ci presenteremo come nipote e fidanzata. Capisci? Il tuo compito è farle venir voglia di regalarti qualcosa per il matrimonio.”

Vittorio aveva i suoi principi. Ma a Caterina venne un groppo in gola. Era una cosa ingannare i ricconi e le loro mogli, ma un’anziana sola e fragile? Esitò.

“Comprati un vestito semplice, che piacerà di sicuro alla vecchietta,” disse Vittorio, ignorando la sua esitazione.

“E se si accorge che non sei suo nipote? Se non ti riconosce?”

“Ha la memoria corta, e poi non lo vedeva da anni.”

Due giorni dopo, Vittorio e Caterina erano davanti alla porta di un vecchio palazzo in mattoni. Lui la guardò un’ultima volta, soddisfatto del suo aspetto dimesso. Lui, come sempre, era impeccabile, elegante e affascinante.

“Parla il meno possibile, ok?” Caterina annuì.

Vittorio suonò il campanello. Dietro la porta si avvertirono passi strascicati, poi il clic della serratura. Caterina si aspettava una vecchietta, ma davanti a loro c’era una signora anziana, non troppo alta, con un vestito antico e un colletto di pizzo bianco. I capelli grigi erano raccolti con una clip a forma di farfalla.

“Chi cercate?” chiese la donna, strizzando gli occhi.

“Lei, se è Anna Maria Donati. Può sembrarle strano, ma sono suo nipote,” disse Vittorio con serietà.

“Non capisco…” La donna sbatté le palpebre, confusa. “Mio figlio non si è mai sposato. Dev’esserci un equivoco, giovanotto.”

“Possiamo entrare?” Vittorio sorrise con quel suo sorriso irresistibile che faceva crollare ogni resistenza.

“Ah, sì, certo.” Anna Maria si fece da parte.

“Ecco, l’immaginavo proprio così. Posso?” Vittorio entrò in salotto e si fermò davanti a una foto ingrandita di un uomo in uniforme militare.

“Mia madre ne ha un’altra, da cadetto.” Si voltò verso Anna Maria.

“Non riesco proprio a capire…” La voce di lei era debole.

“Vengo da Pavia. Suo figlio studiava lì, no? Mia madre lo incontrò pochi mesi prima della laurea. Quando lui partì, lei scoprì di essere incinta. Lui non scrisse più, non chiamò, lei non seppe come dirglielo. Non mi ha mai parlato di mio padre, credeva di essere stata abbandonata. Poi, poco fa, mi ha detto tutto. Ho trovato lei, ho saputo che mio padre è morto in missione…”

Anna Maria sussultò e caduta sulla sedia, gli occhi velati di lacrime.

“Paolino, figlio mio…” sussurrò.

“Anche mia madre mi ha chiamato Paolo.”

Caterina osservò Vittorio a bocca aperta. Mentiva con una convinzione tale che perfino lei si emozionò, quasi commossa. Anna Maria, ovviamente, cadde sotto il suo incantesimo. Portò un vecchio album e iniziò a mostrare foto del figlio, da bambino fino all’età adulta.

Caterina guardò, trattenendo le lacrime. Avrebbe voluto un padre così, di cui essere fiera, una nonna così… Sua madre non avrebbe bevuto, non avrebbe portato in casa chiunque. Notò che Vittorio non guardava quasi mai le foto. Giusto, per lui era solo un ruolo: non era suo padreAnna Maria sorrise e con un gesto dolce prese la mano di Caterina, dicendo: “Resta qui, piccola, perché adesso sei davvero la mia nipote, e insieme non saremo più sole”.

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