Maria rivedeva per l’ultima volta il rustico. Tutto sembrava in ordine, gli abiti erano in ordine, i nastri per i capelli delle bambine collocati con cura, il viso di Federico lavato. Rosa Marchetti era seduta sul sofà, elegantemente vestita. Luca aveva telefonato ieri, aveva detto che sarebbe arrivato oggi, non da solo, ma con una sorpresa.
Oh, come era corsa fuori dal Comune, dove c’era il telefono, per tornare a casa. Non scherzava, Luca non c’era da quasi due mesi. Aveva deciso di cercare lavoro in città e l’aveva trovato.
“Luca, che genere di famiglia è questa? Tu in città, mentre noi con i bambini qui, da soli,” aveva pianto Maria.
“Donna, perché piangi come se ti mandassi all’estero per sempre? Vedi tu stesso, dobbiamo cambiar tetto, le ragazze vanno a scuola quest’anno, e qui non c’è lavoro.”
“Lo so, amore, ma mi sembra strano. Forse anche noi dovremmo andare via con te.”
Lui l’aveva spinta via.
“Maria, stai impazzendo davvero. Per me è più facile e economico stare solo! E se andiamo tutti, guadagnerò per pagare l’affitto, e il costo in città è alto!”
Maria sapeva che lui aveva ragione. C’era bisogno di soldi, non c’era motivo di andare tutti. Lei aveva un lavoro, una casa. Lasciare andare lui le costava tanto, ma non c’era altra scelta.
Un mese dopo arrivò il primo bonifico. Maria indossò il suo migliore abito quando andò in ufficio postale. Solo per far vedere a tutti. Sapeva bene che le chiacchiere sulle donne dietro le siepi non si sarebbero fermate. Dicevano che Luca l’avesse abbandonata, che non avesse bisogno né di lei né dei bambini. Così chiuse la loro bocca con i soldi. Prese il bonifico quando metà paese era in fila per le pensioni, così tutti la videro.
Tutti lo videro. Sospirarono, la guardarono con invidia. Almeno, così sembrò a Maria. Ieri Luca aveva telefonato. Chissà quale sorpresa portava. Come poteva importare? L’importante era che lui tornava. Era impazzita per averlo tanto tempo. Aveva acceso la sauna, pensando di purificarlo, di fargli trovare sollievo. Alessandro era rimasto un ostacolo.
Rosa osservava con atteggiamento mordace.
“Che sei cosi agitata? Sembri una gallina che ha rimesso l’uovo!”
“Rosa, non parlare così! Luca, dopo tutto, è tuo figlio. Lotta, guadagna.”
“Ah, Maria! La tua ingenuità è famosa. Mai che tuo marito abbia guadagnato qualcosa come si deve!”
Maria sospirò. C’era qualcosa di vero. Gli uomini di paese trovavano lavoro e mantenevano le famiglie. Luca, però, parlava di lasciare le croste e la miseria. Era rimasto strano, era cambiato. Aveva deciso di andare in città per la famiglia.
“Mamma! C’è papà!”
Maria si guardò nello specchio. Tutto a posto. Non aveva confessato alle vicine, né ai bambini. Dalla strada entrarono Luca e la sua sorpresa. La sorpresa camminava con lui. Un metro e sessanta, trucco pesante, capelli rossi lunghi.
Maria si irrigidì. Sentiva fisicamente gli sguardi dei vicini. Luca aprì il cancello, accolse la sua sorpresa e avanzò.
“Ciao, Maria.”
La donna la guardò con disprezzo.
“Ciao, Luca. Cos’è questo? Mi stai abbandonando?”
Lui sorrise imbarazzato.
“Questa è Antonella… Insomma, davanti a te non volevo arrivarci troppo piano.”
Maria avvertì una fitta al cuore.
“E io? E i bambini?”
Lui si strinse nelle spalle.
“Non fare scena qui fuori, andiamo a parlare in casa.”
Ma fu allora che Rosa uscì.
“Non me lo porto fuori di casa,” disse con freddezza.
Luca la guardò stupito.
“Mamma, che ti prende? Non ti accolgo nemmeno il figlio?”
“Sei morto per me!”
Rosa si girò, a fatica, e scomparve. Da fuori giunsero le grida delle donne.
“Bene fatto, Marchetti!”
Luca restò nel cortile, smarrito. Antonella lo tirava per un braccio.
“Luca, non saresti potuto venderla, la casa? Tu me l’hai detto che era tua!”
Maria quasi perse i sensi. La casa di Luca. Era sua fin dagli anni del matrimonio. Rosa gliela aveva donata come regalo. Era un rustico solidale, costruito dal padre prima della sua morte.
Luca si girò, prese Antonella per mano e si allontanò in fretta. Antonella scricchiolava sui tacchi troppo alti.
Maria rientrò, crollò sul letto. Gridava, piangeva. I bambini si precipitarono.
“Mamma, non piangere.”
Credeva che il mondo fosse finito, che non ci fosse fine più grande dell’agente immobiliare che le aveva detto di andarsene. Ma fu quasi più crudele la notizia di dover lasciare la casa per un’affituarla a un’altra famiglia.
Giunsero i carabinieri, il piano fu spiegato. Gli abitanti si riunirono. Mancò poco che colpissero gli inquilini.
Un anno dopo, Rosa e Maria erano diventate una famiglia.
“Maria, dimmi, che belle figlie!”
Maria sorrideva. L’anno scolastico delle sue ragazze era finito. Ne aveva riempito a casa con le matricole. Rosa e lei stavano insieme in casa, si dividevano le faccende. La prima volta che Rosa le chiedeva perdono, Maria aveva risposto:
“Perdonati come ti sei comportata, su, ma non andartene. Tu sei la mia famiglia!”
Un giorno, Federico corse a chiamarla.
“Mamma! C’è papà fuori!”
Maria sentì un dolore al cuore.
“Come?”
“Sta lì vicino al cancello. Con un borsone!”
Maria guardò le vecchiette, le ragazze. si tese e uscì.
Luca era lì, con i capelli scompigliati. Antonella se n’era andata da mesi, quando i soldi finirono. Maria lo accolse con un sorriso.
“Vieni, entra.”
Ma lui non sapeva che chiudere a chi.
“Tu, Maria, come se non volessi vedere il padre dei tuoi figli?”
“Antonella?”
“No,” disse lui, “ho capito che ero uno scellerato.”
Maria si fece da parte.
“Entra. Faccio una salsiccia.”
E mentre lui mangiava, lei lo guardò.
“Se vuoi tornare, torna. Come sei venuto. Ma non dimenticare che la casa non è più tua.”
Luca annuì, e se la bevve la zuppa.






