La nuora distribuisce gli oggetti fatti con amore dalla suocera per i nipoti.

La nuora distribuisce i capi fatti a maglia con amore dalla suocera per i nipotini

«Ma cosa non ti piace di questi calzini? Sono caldi, ben fatti, di un colore morbido e accogliente. Con l’autunno alle porte, saranno perfetti», chiesi a Beatrice, tenendo in mano un paio di calzini di lana che mi aveva appena regalato.

«Che vuoi, i colori sono un po’ antiquati», sbuffò lei, sistemandosi una ciocca di capelli. «Poi, mio figlio è un ragazzino, non li metterebbe mai. E la suocera ha già riempito gli armadi di maglieria, non so più dove metterla».

«Va bene, dammeli pure», sospirai, prendendo i calzini e mettendoli accanto a un maglione che Beatrice mi aveva regalato per il mio compleanno.

Maria Rosa, la suocera della mia amica, era andata in pensione da poco. Viveva in una casetta a Bologna ed era una vera maga con i ferri e il filo. I suoi lavori erano piccole opere d’arte: cappelli, maglioni, calzini, tutto così ben fatto da sembrare uscito da una bottega artigiana. Ma la sua passione per il risparmio a volte le giocava brutti scherzi.

Maria Rosa smontava vecchi maglioni per riutilizzare la lana e farne qualcosa di nuovo per i nipotini. Il risultato? Maglie un po’ sfilacciate, con nodi e segni di usura, decisamente fuori moda. E con i colori non faceva complimenti: usava quello che aveva sotto mano. Così Beatrice, la nuora, o buttava via i regali, o li regalava agli amici senza neanche aprirli.

Ma per i nipotini, Maria Rosa ci metteva tutta la sua anima. Spendava i suoi risparmi di pensionata per comprare la lana migliore, e passava ore a lavorare a maglia con amore. Quei calzini che Beatrice mi aveva dato erano un capolavoro: morbidissimi, caldi, con un motivo perfetto. Li tenevo in mano e sentivo tutto il calore che la nonna voleva donare al nipotino.

Una volta, guardando dalla finestra, mi bloccai: il ragazzino del vicino correva in una sciarpa che Beatrice aveva cercato di rifilare a me. La stessa storia con un gilet e un maglioncino: tutto ciò che Maria Rosa creava con il cuore, Beatrice lo distribuiva senza neanche farlo provare a suo figlio. Non riuscivo a capire come potesse essere così insensibile. Quelle non erano solo cose fatte a maglia: erano pezzi del cuore di una nonna che voleva far felici i suoi nipoti.

I calzini che mi aveva dato Beatrice andavano benissimo a mia figlia. Glieli feci indossare, e lei saltellava per casa felice, dicendo quanto fossero morbidi. Io li avrei comprati volentieri in negozio, ma dove si trovano certi lavori? Dissi a Beatrice di parlare con la suocera, di spiegarle i suoi gusti, per evitare che perdesse tempo. Ma lei scrollò le spalle:

«Ma che vuoi che le dica? Tanto si offende comunque. È più facile darli via».

La guardai e sentii una fitta di rabbia. Non per me, ma per Maria Rosa. Quella donna, con le mani rugose e il cuore d’oro, passava ore a contare ogni maglia pensando al nipote. E il suo lavoro finiva nel cassetto di qualcun altro, senza nemmeno un grazie.

Beatrice continuava a lamentarsi: la suocera era troppo invadente, dava troppi consigli. Ma io vedevo solo indifferenza. Maria Rosa non faceva la maglia solo per passare il tempo: voleva sentirsi vicina alla famiglia, al nipote che vedeva una volta al mese. E invece di apprezzare i suoi sforzi, Beatrice la allontanava come una mosca fastidiosa.

Una volta non ce la feci più. Eravamo a casa sua, e stava distribuendo l’ultima creazione di Maria Rosa: una cardigan per suo figlio. La presi in mano: lana pregiata, motivo raffinato, cuciture perfette. Immaginai Maria Rosa, seduta sulla sua vecchia poltrona, contare ogni maglia per fare tutto a regola d’arte. E scoppiai:

«Beatrice, ma ti rendi conto di quanto amore c’è in questo? Lavora per tuo figlio, e tu non gli fai neanche provare niente!».

Lei alzò gli occhi al cielo:

«Oddio, ma che drammi! Se le dico che non piace, si offende. È meglio così».

Tacqui, ma dentro ribollivo. Mi faceva male per quella donna, i cui sforzi nessuno apprezzava. Chissà come si sarebbe sentita se avesse saputo che i suoi regali finivano chissà dove. Forse lo immaginava, ma non diceva niente per non litigare con il figlio e la nuora.

E ora io sono davanti a un bivio: accettare le cose che Beatrice mi offre, o rifiutare? Se le prendo, sembra che approvi la sua ingratitudine. Se le rifiuto, si offenderà, e la nostra amicizia ne risentirà. Ma ogni volta che metto quei calzini a mia figlia, mi sento in colpa verso Maria Rosa. Il suo lavoro merita rispetto, non di finire dimenticato negli armadi degli altri.

Che faccio?.

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