La Nuora Per Me Non Conta Nulla!” Dichiarò la Suocera al Compleanno del Nipote, Ma Non Si Aspettava la Reazione di Suo Figlio.

«La nuora per me è UNO ZERO!» annunciò la suocera al compleanno del nipote, ma non si aspettò la reazione del figlio.

Mi svegliai alle cinque del mattino, quando fuori la luce cominciava appena a filtrare tra le tende.

Accanto a me russava Dario, il braccio abbandonato dietro la testa la posa tipica di chi non dorme mai abbastanza. In punta di piedi, mi infilai in cucina, accesi la luce e presi dal frigo tutto il necessario per la torta: pan di Spagna, crema, frutti di bosco freschi. Quel giorno Michele compiva cinque anni, e volevo che fosse un giorno davvero magico.

«Non è un po presto?» disse una voce sulla porta. Mio marito, con i capelli arruffati e gli occhi socchiusi per la luce, mi osservava assonnato.

«Torna a dormire» sorrisi, mentre mescolavo il burro. «Se non inizio ora, non faccio in tempo per quando arrivano gli ospiti.»

Lui annuì, ma invece di andarsene, mi abbracciò da dietro, poggiando la guancia sul mio collo.

«A volte penso di non meritarti» sussurrò.

Sbuffai e posai la ciotola.

«Parli della promozione? Certo, ora sei il capo, e io sono sempre la stessa maestra elementare.»

«Anna, basta» mi girò verso di lui. «Oggi lo diremo a tutti. Sarà la sorpresa migliore.»

Annuii, trattenendo lemozione. Sei anni di matrimonio, e ancora le sue carezze mi facevano tremare. Eppure, una volta, nessuno credeva che saremmo durati.

Alle undici, la torta era pronta, le luci appese, i regali nascosti nellarmadio. Qualcuno suonò alla porta. Respirai a fondo, mi sistemai una ciocca di capelli e aprii.

«Elena Vittoria! Buongiorno, è così presto!»

Sulla soglia cera mia suocera con un enorme pacco regalo. I suoi capelli impeccabili (salone ogni settimana altrimenti non si può) e il trucco perfetto contrastavano con il mio accappatoio e i capelli spettinati.

«Annetta» baciò laria vicino alla mia guancia «sono arrivata prima per aiutare. Sai quanto è importante che tutto sia perfetto.»

In silenzio, presi il suo cappotto e la accompagnai in cucina. “Aiutare”, per lei, significava controllare ogni mio gesto e sottolineare ogni difetto specialmente se riguardava qualcosa che, secondo il suo gusto e il suo status, poteva essere migliorato.

«Oh, e questo cosè?» indicò la torta appena tirata fuori dal frigo. «Lhai fatta tu? Perché non ordinarla da una pasticceria buona?»

«Volevo farla io» risposi con calma, prendendo i piatti. «A Michele piace quando la faccio io.»

«Ma è piccolo, cosa ne sa?» fece una smorfia. «E gli ospiti? Cosa penseranno? Annetta, non offenderti, ma una pasticceria è un altro livello. Questa è casalinga.»

Tacqui, concentrandomi sulla tavola. Sei anni di frasi così. Sei anni di allusioni, che non ero allaltezza della sua “nuora perfetta”.

«E Dario dovè?» si guardò intorno. «Dorme ancora? Come suo padre, anche lui odiava alzarsi presto.»

«È al parco con Michele, tra poco tornano.»

Mia suocera aprì la credenza, prese una tazza e subito fece una smorfia:

«Avete ancora questa posata economica? A Capodanno vi ho regalato il servizio di porcellana. Non vi piace?»

Quel servizio, che costava quasi quanto il mio stipendio mensile, lo tenevo al sicuro. Oggi non lavevo tirato fuori e se i bambini lo rompevano?

Ogni festa era uguale. Ogni incontro, una prova.

Ricordai il nostro matrimonio semplice, intimo. Quella volta, Elena Vittoria si era avvicinata a Dario e sussurrato: «Potevi trovare di meglio». Credeva che non avessi sentito.

Sei anni dopo. Mi ci ero abituata? No. Ma avevo imparato a ingoiare lamarezza, senza masticare, sorridendo. Per Dario. Per Michele. Per mantenere la pace in casa.

La porta si aprì di colpo, e risate di bambino invasero lappartamento.

«Mamma, guarda!» Michele irruppe in cucina, sventolando un aquilone. Dietro di lui, Dario con le borse della spesa.

«Nonna!» il bambino corse dalla nonna, che subito si illuminò, sollevandolo tra le braccia.

«Tesoro mio! Come sei cresciuto! Ecco il regalo della nonna» accennò al pacco.

«Wow! Posso aprirlo?» Michele mi guardò.

«Dopo le candeline, amore. Così è giusto.»

«Ma ma-a-a-mma!» si lamentò.

«Annetta, perché tutte queste regole?» intervenne la suocera. «Ai miei tempi, a Dario si lasciavano aprire i regali subito.»

Dario tossicchiò:

«Mamma, seguiamo la tradizione. Michele, aspetta, tra poco arrivano gli altri.»

Il campanello interruppe la discussione. Lappartamento si riempì poco a poco: i miei genitori con una crostata, amici, colleghi di Dario con i figli. Mia madre andò subito in cucina ad aiutare, mio padre si sedette in un angolo con il giornale. Li osservai di sfuggita tranquilli, discreti, che non amavano il fracasso. Lesatto contrario di Elena Vittoria, che sembrava occupare tutto lo spazio solo con la sua presenza.

«Maria Cristina, la pressione come va?» chiese forte mia suocera a mia madre. «Alla vostra età è importante.»

Mia madre sorrise educatamente. Aveva cinquantacinque anni tre meno della suocera, che però puntava sempre sulla differenza.

«Tutto bene, grazie» rispose piano, continuando a tagliare le verdure.

«Lavori ancora in fabbrica?» insisteva la suocera. «Sarà faticoso, no?»

I miei genitori avevano lavorato in fabbrica tutta la vita semplici operai. Non come lei, ex dirigente con “relazioni” e “influenze”.

La festa procedeva come previsto. I bambini correvano, gli adulti chiacchieravano a tavola. Io andavo avanti e indietro, assicurandomi che tutti avessero ciò che serviva. Dario aiutava, ma parlava soprattutto con i colleghi dopotutto, la sua promozione era un traguardo, anche se avremmo annunciato tutto più tardi.

«Anna, cambia quel vestito al bambino» mi afferrò il polso la suocera. «Ieri, alla Rinascente, ho visto un completo bellissimo. Se mi avessi portata con te, Michele sembrerebbe un vero festeggiato.»

Guardai mio figlio. Jeans, maglietta comodi, scelti insieme.

«Sta bene così, Elena Vittoria.»

«Comodo non significa appropriato» rispose secca. «Ai miei tempi»

«Mamma, basta» intervenne Dario. «Mio figlio è perfetto così.»

La suocera strinse le labbra e si avvicinò ai miei genitori. Lo ringraziai con lo sguardo, ma lui era già immerso in una conversazione.

«Mamma, perché la nonna è sempre arrabbiata?» Michele mi tirò la manica.

Mi bloccai con la ciotola dellinsalata in mano. Dietro di me, la suocera rideva forte, raccontando quanto fosse difficile trovare “una domestica decente”.

«Non è arrabbiata, piccolo» mi accovacciai davanti

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