La nuova impiegata in ufficio veniva derisa. Ma quando arrivò al banchetto con il marito, i colleghi si licenziarono.

La nuova dipendente donna in ufficio veniva presa in giro. Ma quando arrivò al banchetto con suo marito, le colleghe si licenziarono.

Con un respiro profondo, come se stesse raccogliendo le forze prima di un tuffo nellignoto, Giulia Rossi varcò la soglia dellufficio, sentendo di iniziare un nuovo capitolo della sua vita. La luce del mattino che filtrava dalle porte di vetro accarezzava i suoi capelli ben curati, evidenziando la sicurezza nei suoi passi. Attraversò il corridoio tra il brusio delle voci e il rumore dei tacchi, sentendo che ogni passo la avvicinava a qualcosa di importantenon solo un nuovo lavoro, ma un cambiamento, lopportunità di essere sé stessa al di fuori delle mura domestiche.

Alla reception, sorrise con dolcezza ma dignità.

«Buongiorno, sono Giulia. Oggi è il mio primo giorno di lavoro», disse, cercando di mantenere la voce ferma, senza tradire lemozione.

La receptionistuna ragazza giovane, con lineamenti delicati e uno sguardo attentosollevò le sopracciglia, come sorpresa che qualcuno volesse lavorare proprio in quellufficio, noto per la sua atmosfera tossica.

«Tu entri a far parte del nostro team?» chiese Laura, esitante. «Scusa, è solo che pochi resistono più di un mese qui.»

«Sì, sono stata assunta ieri dalle Risorse Umane», rispose Giulia, un po confusa. «E oggi è il mio primo giorno. Spero che andrà tutto bene.»

Laura la guardò con una tale compassione che Giulia ne fu colpita. Ma subito la ragazza si alzò e le fece cenno di seguirla.

«Vieni, ti mostro il tuo posto. Qui, vicino alla finestrala tua scrivania. Luminosa, spaziosa ma fai attenzione», aggiunse abbassando la voce. «Metti sempre la password al computer. E non lasciare il tuo lavoro incustodito. Non tutti qui accolgono bene i nuovi arrivati.»

Giulia annuì, guardandosi intorno. Lufficio era spazioso, ma cera una strana tensione nellaria. Dietro gli schermi, donne truccate con cura, vestite eleganti come per una sfilata, la osservavano con occhi freddi, valutandola come se avesse già perso senza neanche iniziare.

Ma Giulia non si fece intimidire. Per la prima volta dopo tanto tempo, si sentiva viva. A casa, tra le faccende domestiche, i figli, la routine, si sentiva soffocare. Non voleva più essere solo “moglie” o “mamma”. Oggi era semplicemente Giulia, con il diritto di avere una carriera, una vita sua.

Il primo giorno passò in fretta. Giulia si immerse nel lavoro: ordini, report, imparare il sistema. Non cercava gloriavoleva solo sentirsi utile. Ma alle sue spalle, i sussurri non mancavano. Valentinaalta, con uno sguardo tagliente e un sorriso predatoree Sarala sua amica, chiacchierona e velenosasi scambiavano commenti taglienti.

«Ehi, nuova!» la voce acuta di Valentina risuonò mentre Giulia finiva un report difficile. «Portami un caffè. Nero, senza zucchero. E sbrigati!»

Giulia si girò lentamente, incrociando il suo sguardo. Nei suoi occhi non cera paura.

«Sono forse la tua cameriera?» chiese con calma, ma con una forza che lasciò Valentina senza parole. «Ho il mio lavoro, e credimi, è più importante del tuo caffè.»

La risposta fu una risatina maligna. Valentina sorrise come se avesse sentito una battuta divertente, ma nei suoi occhi bruciava la rabbia. Non era abituata a essere sfidata. Da quel momento, Giulia capì: la guerra era iniziata.

Laura la invitò a pranzo. Era gentile, sincera, e nei suoi occhi si leggeva una tristezza, come se avesse già vissuto linferno.

«Nessuno ti ha detto dellora di pranzo?» chiese sorridendo. «Non mi stupisce. Qui a pochi importa dei nuovi.»

«A dire il vero, non mi ero neanche accorta del tempo passare», ammise Giulia, spegnendo il computer.

Andarono in mensa, e lungo il percorso Laura le parlò degli uffici, delle regole, delle persone. Ma Giulia non ricordò quasi nullala sua mente era altrove. Al ritorno, videro Valentina e Sara allontanarsi in fretta dalla sua scrivania, come colte in flagrante.

«Ecco, è cominciato», pensò Giulia. «Ma io non sono facile da spezzare.»

La sera, fu lultima a uscire. Lufficio era vuoto, ma nellaria rimaneva una sensazione pesante. Valentina e Sara avevano già radunato “alleate”altre dipendenti pronte alle cattiverie. Avevano deciso: la nuova doveva sparire.

Il mattino dopo, Giulia arrivò presto. Silenzio, sedie vuote, solo Laura era già al suo posto.

«Sai», sussurrò quando Giulia si avvicinò, «io ero al tuo posto un mese fa. Mi hanno spostata perché quelle due», indicò Valentina e Sara, «mi hanno quasi fatto impazzire. Hanno rubato i miei file, sabotato il mio lavoro, messo il capo contro di me. E alla fine ho ceduto. Me ne sono andata.»

«Che orrore», mormorò Giulia. «Ma credo che con me non succederà.»

Laura scosse la testa.

«Non sai chi cè dietro di loro. Lo zio di Valentina lavora qui. È amico del capo. Per questo si sente intoccabile. E tu sei già stata scelta come vittima.»

«E allora?» sorrise Giulia. «Troveremo un modo.»

Ma la giornata finì male. Qualcuno, approfittando della sua assenza, versò una sostanza appiccicosa sulla sua sedia. Giulia, senza accorgersene, si sedette e capì solo quando cercò di alzarsi. Passò la serata immobile, sentendo lumiliazione bruciarle la pelle. Intorno, risatine, sguardi di traverso.

Tornò a casa con i vestiti macchiati, la testa bassa. Ma non per la vergognaper la rabbia. Credevano di poterla piegare? Si sbagliavano.

I giorni passarono. Le cattiverie aumentarono. Una volta le sparì la tastiera, unaltra i file vennero spostati. Una mattina trovò i suoi documenti rinominati con titoli offensivi. Dovette chiamare lassistenza tecnica.

Laura non resse. Un giorno se ne andò senza salutare. Fu accolta da Elena Conti, la manager delle Risorse Umane, severa ma giusta. Vedendo il suo stato, la aiutò subito: le trovò un nuovo lavoro, le diede supporto. Laura ricevette anche un bonus per la sua dedizione.

Ma soprattuttoera sopravvissuta.

Qualche giorno dopo, tornòin un altro ufficio, in un ruolo diverso. E con sorpresa di tutti, era diventata inflessibile. Quando le chiacchierone provarono a tormentarla, non esitò. Multe per i ritardi, richiami per le scorrettezze. Presto tutti capirono: meglio non sfidarla.

Elena Conti era felice. Finalmente, unamministratrice capace.

E Giulia continuò a lavorare. Nonostante le provocazioni, non rispondeva, non chiacchierava. Faceva semplicemente il suo lavoro. Bene. Con dignità.

Ma i pettegolezzi crebbero. E un giorno, Laura la avvicinò preoccupata.

«Giulia corrono voci. Dicono che tu sei andata a letto con il capo per ottenere questo lavoro.»

Giulia si bloccò. Poi quasi soffocò dallindignazione.

«Cosa?! Chi?!

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