La Nuova Suocera… Un Nuovo Inizio

**Laltra suocera**

Quando Sofia varcò la soglia di casa, il primo che vide furono le scarpe della suocera, abbandonate in mezzo allingresso. Capì subito che non avrebbe avuto pace.

Fausta Vittoria spuntò dalla cucina con lo sguardo di un giudice pronto a condannare.
«Di nuovo da quella vecchia rimbambita?» chiese, la voce tagliente. «E la casa, tuo marito, i bambinitutto può aspettare, eh? Meno male che sono passata. Altrimenti sarebbero morti di fame.»

«Fausta, Luca sapeva che sarei tornata tardi. Ho preparato la cena, deve solo scaldarla. Avrebbe fatto tutto da solo, senza il vostro aiuto,» rispose Sofia, calma.

Dopo dieci anni di matrimonio, si era abituata al fatto che la suocera fosse sempre insoddisfatta, e ormai ascoltava le sue parole come un rumore di fondouna radio accesa dalla mattina alla sera.

Ma allinizio era stato difficile. Fausta era la sua seconda suocera. La prima, Elena Silvana, era stata una donna discreta. Mai un consiglio non richiesto, mai unintromissione. Ma quando serviva aiuto, era sempre lì. Sofia ricordava le notti passate a vegliare la piccola Caterina di tre mesi, quando la bambina scambiava il giorno per la notte. Ricordava come Elena le diceva:

«Adesso non fare nulla. Dormi. Quando torna Lorenzo, la cena la prepara lui.»

Quando Caterina compì cinque anni, un incidente in fabbrica portò via Lorenzo, e Sofia rimase vedova. Elena, che aveva perso lunico figlio, non la lasciò sola. Per i primi tre mesi vissero insieme, sostenendosi a vicenda.

Sofia le propose di restare, ma Elena rifiutò:
«Hai ventotto anni, Sofia. Sei giovane, troverai unaltra felicità. E io che ci faccio qui, a intralciarti?»

Tre anni dopo, Sofia sposò Luca. Ma non abbandonò Elena. I suoi genitori vivevano lontani, e la prima suocera era diventata come una madre. E Caterina? Per lei, la nonna era tutto.

Per questo il comportamento di Fausta, che si comportava come se la casa di Sofia fosse la sua, la sconvolse. Dopo la prima visita, chiese a Luca di far capire a sua madre che era unospite, non la padrona.

Fausta si difese: «Volevo solo aiutare, con buone intenzioni.»
Ma Sofia ribatté:
«Non ho diciotto anni. Anche quando lasciai i miei genitori per studiare, ero già autonoma. E dopo sette anni di matrimonio, non ho bisogno che qualcuno mi insegni a cucinare o pulire. Potrei insegnare io a voi.»

Per fortuna, Luca la sostenne, e quando Fausta «superava i limiti», lui la richiamava.

Col tempo, Sofia riuscì a far capire alla suocera che la gestione della casa e leducazione dei figli erano affari suoi. Così, quando un anno dopo il secondo matrimonio nacque il piccolo Matteo, Fausta si trattenne dal dare troppi consigli. Anche se le sarebbe piaciuto.

Il problema era che Fausta aveva unamica che si vantava di come «educava» la nuora del figlio minore. E a Fausta sarebbe piaciuto fare lo stesso. Ma non cera nulla di cui vantarsi. Lunica cosa che poteva lamentarsi era che Sofia continuava a visitare Elena.

«Almeno quando Caterina era piccola, la mandava dalla nonna destatee io ero contenta! Ma ora che è alluniversità, perché Sofia va ancora da lei due, tre volte a settimana?» si lamentava con lamica.

Negli ultimi mesi, Sofia era andata da Elena più spesso. Fausta la chiamava «quella vecchia», anche se Elena aveva solo sette anni più di lei. Ma il dolore e la malattia lavevano invecchiata, e ora aveva bisogno di cure.

«Spendi i soldi di famiglia per unestranea,» la rimproverava Fausta.
«Non preoccuparti, Fausta. Elena ha venduto la casa al mare. Ha di che pagarsi le cure, non chiederà prestiti a voi,» rispose Sofia.

Quando le condizioni di Elena peggiorarono, Sofia assunse una badante e prese permessi dal lavoro per st

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