La vita è una cosa strana. A volte la vivi come in un sogno, senza accorgerti di quanto tutto cambia velocemente intorno a te: i figli crescono, gli amici se ne vanno, e tu stesso diventi più vecchio. Ma c’è una costante che rimane immutata: mia moglie, Beatrice. L’ho capito tardi, solo dopo anni, quando ormai non eravamo più quei giovani innamorati spensierati di un tempo. Lei è invecchiata, è cambiata, come me, ma per me resta il centro del mio mondo, la mia casa, il mio rifugio.
Io e Beatrice ci siamo sposati quasi trent’anni fa. Allora ero certo di sapere cosa fosse l’amore. Eravamo giovani, pieni di sogni e progetti. Era così bella, con quei capelli castani lunghi, gli occhi pieni di luce e un sorriso che mi faceva battere il cuore. Pensavo che la nostra vita sarebbe stata come una favola: avremmo costruito una casa, avuto figli, viaggiato e goduto di ogni giorno. Ma la realtà si rivelò più dura. Il lavoro, le faccende quotidiane, la nascita di nostro figlio Matteo, poi di nostra figlia Sofia, le difficoltà economiche, i litigi… tutto ci trascinava in un vortice. A volte mi sorprendevo a chiedermi perché eravamo ancora insieme.
Gli anni passarono, e cominciai a notare i cambiamenti in Beatrice. I suoi capelli iniziarono a diventare grigi, le rughe segnavano il suo viso, e la sua figura non era più quella di un tempo. Si stancava più facilmente, si lamentava spesso della salute, e quella risata che amavo tanto si faceva sempre più rara. E anch’io, devo ammetterlo, non ero più lo stesso. I capelli radi, il mal di schiena, l’energia che un tempo mi animava ormai svanita. Eravamo cambiati entrambi, e a volte mi sembrava che tra noi si fosse alzato un muro. Ma un giorno capii: nonostante tutto, Beatrice era l’unica persona senza la quale non potevo immaginare la mia vita.
Quella consapevolezza arrivò all’improvviso. Eravamo seduti sulla veranda di casa nostra, a bere un caffè, guardando il tramonto tingere il cielo di rosa e oro. Beatrice mi raccontava della vicina, di come avesse litigato con il marito, e poi improvvisamente tacque. Mi guardò e disse: «Marco, ma mi ascolti almeno qualche volta?». Io risi, e lei scosse la testa, ma nei suoi occhi c’era dolcezza. In quel momento capii che quella semplice serata, la sua voce, la sua presenza, erano la felicità. Non le parole solenni, non i regali costosi, ma questo: noi due, insieme, nonostante tutto.
Iniziai a ripensare alla nostra vita. Come Beatrice mi tenne la mano quando persi il lavoro e non sapevo come mantenere la famiglia. Come passava le notti accanto a Matteo quando era malato, e come pianse di gioia quando Sofia si laureò. Ricordai come mi sostenne quando morì mio padre, e come ridevamo insieme delle battute stupide, anche quando tutto andava storto. Lei era sempre stata lì, nella gioia e nel dolore, nella giovinezza e adesso che non eravamo più gli stessi.
A volte sento i miei amici lamentarsi delle mogli. Dicono che non sono più quelle di una volta, che sono stufi dei loro capricci o delle loro lamentele. Io taccio, perché non voglio discutere, ma nel profondo penso: non capiscono. Una moglie non è solo una persona con cui dividi la casa. È colei che ti conosce meglio di chiunque altro, che ti ha visto nei momenti più oscuri ed è rimasta lo stesso al tuo fianco. Beatrice sa che russo di notte, che detesto la trippa e che a volte mi chiudo in me stesso quando sono giù. E io so che ha paura dei temporali, adora le margherite e piange sempre con i film lacrimevoli. Non siamo perfetti, ma siamo una squadra.
Ora che i nostri figli sono grandi e vivono le loro vite, io e Beatrice siamo rimasti soli. Matteo si è trasferito a Milano per lavoro, è diventato ingegnere, e Sofia si è sposata e presto ci farà nonni. Ne siamo orgogliosi, ma a volte mi mancano i giorni in cui la casa era piena delle loro risate. Anche Beatrice li rimpiange, lo vedo nei suoi occhi. Ma invece di rattristarsi, si dedica a preparare la cameretta per il nipotino e ha già iniziato a lavorare a calzini di lana. La guardo e penso: è semplicemente incredibile.
Non parliamo spesso d’amore. Forse perché le parole, ormai, non contano più. L’amore è quando le preparo il caffè la mattina, perché so che adora iniziare così la giornata. È quando mi copre con una coperta se mi addormento sulla poltrona. Sono le nostre passeggiate al parco, in cui non parliamo ma ci sentiamo vicini. È la sua mano nella mia quando camminiamo per strada, e il suo sorriso che ancora mi fa battere il cuore.
Non so quanti anni ci restano, io e Beatrice. La vita è imprevedibile, e cerco di non pensare al peggio. Ma so una cosa con certezza: finché lei sarà al mio fianco, sarò a casa. Lei è il mio focolare, il mio porto sicuro, la persona più vicina al mio cuore. E se potessi tornare indietro, la sceglierei di nuovo—con le sue rughe, i capelli grigi e tutto ciò che la rende la mia Beatrice. Perché non c’è nessuno più importante di lei.