La Porta del Tradimento

La Porta del Tradimento

Dopo tre mesi di turni in mare, Luca Esposito, stanco ma con un senso di dovere compiuto, tornava a casa nella sua amata Napoli. Il cielo era grigio, ma nel cuore di Luca splendeva il sole: stringeva il suo stipendio, immaginando la gioia di sua moglie, l’elegante e passionale Isabella. Avevano appena comprato un bilocale in un condominio alla periferia della città. Con le sue stesse mani, aveva lisciato le pareti, montato i controsoffitti, posato le piastrelle e installato tutti gli elettrodomestici. Mancava solo una cosa: arredare la casa come desiderava lei.

“Luchino, niente lavori fatti male! Voglio che sia perfetta, come quella di Claudia e Marco. Tutto di prima qualità!”

Luca annuiva, acconsentiva, partiva per i turni, lavorava fino allo sfinimento, pur di far sentire Isabella orgogliosa di lui. La nostalgia lo consumava nella cabina fredda della nave—nessun calore, nessun volto familiare, nessun profumo di caffè al mattino. Solo la sua voce al telefono, spesso capricciosa e piena di pretese.

Alla stazione, si fermò da un fioraio. Scelse con cura le rose più fresche, prese un mazzo rosso sangue e salì su un taxi. Dopo quindici minuti, era davanti al suo palazzo, il cuore che gli batteva forte. Salì al quarto piano con leggerezza, la felicità che gli esplodeva nel petto. Stava per infilare la chiave, ma cambiò idea. Sorrise e suonò il campanello.

Silenzio. Stava già tirando fuori le chiavi quando la porta si spalancò. Sulla soglia, un uomo sconosciuto indossava il suo accappatoio. Alto, muscoloso, con il torso nudo e uno sguardo sfacciato.

“Ma chi sei? Hai sbagliato porta, vecchio?” ringhiò il tizio.

Il mondo gli crollò addosso. Luca rimase pietrificato. La mano che reggeva i fiori si abbassò.

“A quanto pare, non ho sbagliato solo la porta…”

La porta si chiuse di colpo. Luca rimase lì, paralizzato. Il cuore gli martellava nelle tempie, le mani tremavano. Davanti ai suoi occhi, i muri che aveva pitturato di notte, le piastrelle che aveva lucidato fino a farle brillare, la cucina per cui aveva chiesto un prestito… e ora, un estraneo nella sua casa.

I fiori finirono nel primo cestino. Luca chiamò un taxi e si diresse da Matteo, il suo migliore amico. Lungo la strada, entrò in un supermercato, comprò grappa, aringhe e cetrioli. Matteo fu felicissimo di vederlo dopo tanto tempo.

“Grande! Brindiamo a questo incontro!”

Dopo il secondo bicchiere, Luca non resistette e raccontò tutto. Matteo, sanguigno e mezzo sardo, balzò in piedi:

“Cosa?! A casa tua?! Io gli avrei… io gli faccio…!” E colpì il tavolo con un pugno.

Luca lo afferrò per una spalla:

“Mattè, calmati. Ma… ci vendichiamo?”

“Eccome!”

Ubriachi di rabbia e alcol, i due chiamarono un taxi e tornarono all’appartamento di Luca. I piani di vendetta erano confusi. La testa gli ronzava.

Salirono. La luce in camera era accesa. Luca ruggì:

“Adesso vi faccio vedere…”

Matteo iniziò a picchiare sulla porta:

“Apri, vigliacco! Chi credi di essere per rubare la moglie a un uomo? Esci fuori, parliamo da uomini!”

La porta si aprì di scatto—e un pugno volò nell’aria. Matteo cadde all’indietro, afferrandosi il naso.

“Che accoglienza…” borbottò, asciugandosi il sangue.

Luca esplose. Con un solo colpo, strappò la porta dai cardini. Crollò con un tonfo nell’ingresso. I due irruppero dentro come un tornado, urlando e cercando il rivale.

“Dov’è quel maledetto?!”

Isabella strillava in cucina, digitando un numero con mani tremanti. Matteo corse nel corridoio:

“È saltato dal balcone?”

Ma all’improvviso, un gemito. Sotto la porta divelta si contorceva l’amante, schiacciato dal legno e dalla sua stessa arroganza. Aveva un’aria pietosa—l’accappatoio scomposto, la faccia impaurita, la bocca insanguinata.

“Ecco la tua vendetta!” rise Matteo, toccandogli il fianco illeso.

Poi, come per sfortuna, dalle scale si alzò un grido stridulo:

“Aiuto! Gente buona! Stanno ammazzando qualcuno!” urlava la suocera di Luca, a giudicare dalla voce.

La sobrietà tornò all’istante. I due scapparono via, evitando la polizia. Il mattino dopo, Luca avviò il divorzio. Non voleva più vivere in una casa dove era stato umiliato. Dove un estraneo si aggirava con il suo accappatoio.

Una settimana dopo, si preparava per un nuovo imbarco. Matteo lo accompagnò, con l’occhio nero e le dita bendate.

“Però è stata una bella scena!” rise. “Se ti risposi, non scegliere un’altra Isabella! Ma chiamami pure. Sarò lieto di aiutarti… se serve.”

Morale della storia: l’amore tradito brucia, ma la dignità non ha prezzo. Meglio ricostruirsi da soli che vivere nell’ombra di chi non ci merita.

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