La Rivale: Passione e Competizione nel Cuore d’Italia

Quando Lusanna vide i medici in camice bianco, con le barelle su cui giaceva immobile una giovane donna, provò prima una strana soddisfazione, poi, quasi subito, un brivido di paura.
«È viva la donna portata in ospedale?», le sussurrò il terrore. Un sudore freddo le scivolò sulla fronte. Non era quello che voleva, nemmeno per amore della madre. E i fratturi non facevano parte del suo piano. Voleva solo dare una lezione, punire, tenere lontano il padre da quella donna.

***

I Bianchi erano noti ben oltre i confini del loro quartiere. Non una semplice famiglia, ma una squadra di affari affiatata: Domenico, la moglie Lidia e la figlia Lusanna. Il loro maneggio, Leggenda, era meta di turisti da tutta Italia. Domenico, di origini pugliesi ma dal cuore di un vero toscano, era lanima del progetto. Lidia, contabile puntigliosa, era il suo sostegno. Lusanna, cresciuta a cavallo, conosceva ogni cavallo come le proprie tasche. Fin da piccola aiutava alle stalle e presto si dedicò allipica da esibizione. Determinata, silenziosa, coraggiosa: una vera donna dazione.

Lattività dei Bianchi partì da un semplice hobby del padre: due cavalli nella fattoria dei genitori. Verso la metà degli anni 90 costruì, vicino al suo villaggio di San Quirico, una scuderia ampia con arena e grande pascolo, poi aggiunse una piccola locanda. Acquistò altri cinque cavalli, accettò di ospitare e curare animali di clienti privati, assunse maniscalchi, allenatori e aprì il noleggio cavalli.

Il servizio divenne presto un must per i nuovi cittadinituristi che cercavano il contatto con la campagna, e persino per i weekend dei romani in affitto. Lusanna e sua madre vivevano in un appartamento a Firenze, ma ogni fine settimana correvano a San Quirico, dove la ragazza aiutava il padre a formare i principianti.

Dopo la scuola, Lusanna rifiutò luniversità per dedicarsi interamente allimpresa familiare. Conosceva i suoi cavalli come il palmo della mano: chi era di buon umore, chi soffriva, chi poteva andare al pascolo e chi, invece, era pronto a dare del filo.

Il business non fu sempre un cammino di rose. Nel 2010 un incendio divorò le costruzioni e uccise alcuni cavalli. Domenico rimase a pezzi, ma Lidia, ferma come una roccia, disse che tutto sarebbe tornato alla normalità. Insieme ricostruirono.

La prima incresciosa gita al dottore fu un ictus per Lidia. Domenico non la lasciò sola, la accompagnò ovunque, divenne la sua ombra. Tre mesi dopo un secondo attacco le rese impossibile alzarsi dal letto; qualcosa si spezzò dentro di lui. Assunse assistenti, portò medicine costose, ma lo sguardo era vuoto e i tocchi meccanici. La speranza si spense lentamente.

Lusanna osservava il rapporto formale del padre con la madre e lo odiava per quella debolezza. Credeva che Lidia si sarebbe rimboccata le maniche, che avrebbero avuto di nuovo la vita di una volta: famiglia unita, supporto reciproco, affare che andava a gonfie vele. I suoi sogni crollarono in un attimo.

Un pomeriggio la sorprendeva nel fienile con Violetta, una cliente elegante, sicura di sé, sempre pronta a spendere. Il mondo di Lusanna si rovesciò. Una rabbia talmente feroce le scalfì i denti che, la stessa sera, si precipitò da sua madre. Si aspettava di trovare negli occhi di Lidia la stessa sofferenza, ma la donna, legata a una sedia a rotelle, sospirò piano:

Figlia, calmati. So tutto.

Lo sai?! sbottò Lusanna. E ti limiti a tacere?

Ha 48 anni, è ancora forte, ha bisogno di una donna al suo fianco. Io capisci, ormai sono un peso per lui. Che lo lasci andare a passeggiare, non mi abbandona né il lavoro. Ho perdonato, per lui, per noi. Tu devi perdonare, per me.

Lusanna non poteva. Il padre laveva cresciuta a non indulgere con gli uomini e, a ventanni, non aveva mai provato una vera passione. Lidea che una donna straniera approfittasse della vulnerabilità del padre e della debolezza della madre la disgustava. Il ricordo dei tempi felici con la madre, della dolcezza di Domenico, la portava a capire che il colpevole non era lui, ma Violetta. Qualcosa nella sua aria imperiosa la irritava. La vendetta divenne unossessione.

Ma Lusanna non amava la violenza brutale. Decise di togliere a Violetta ciò che più le dava soddisfazione: il controllo glaciale. Sapeva che Violetta, per quanto esperta, temeva di sembrare ridicola. Così elaborò un piano.

Propose a Violetta di provare un nuovo cavallo, Tempesta, apparentemente indomito ma in realtà dolce e pigro. Lusanna lo addestrò per giorni, usando segnali sotto il naso che solo lei percepiva.

Il giorno della prova, larena era piena. Lusanna mostrò la resistenza di Tempesta, poi, quando Violetta salì in sella, il cavallo iniziò a comportarsi in modo capriccioso, ma non aggressivo. Invece di sbuffare, fece il buffone: si alzò in ginocchia al momento più inopportuno, ignorò i comandi, fece balzi goffi.

Violetta, cercando di salvare le paillettes, apparve più una goffa che una doma. Il pubblico scoppiò a ridere. Alla fine, la donna cadde con una grazia comica, evidentemente sconfitta.

Domenico, quel giorno, era fuori, ma aveva organizzato il ritorno di Violetta allospedale. Prima di andarsene lanciò a Lusanna uno sguardo furioso, promettendo di sistemare le cose più tardi.

Unora dopo lincidente, il padre arrivò in stalla, poi si diresse allospedale dove Violetta era stata portata. Prima di partire, rivolse a Lusanna unocchiata di rabbia: Ne parleremo più tardi.

Quando ladrenalina si placò, Lusanna rimase sola nellarena vuota, provando un vuoto più grande della vittoria. Non aveva voluto ferire nessuno, era solo un sfortunato intreccio di eventi.

Domenico tornò alla stalla allalba, attese Lusanna per la colazione. Il suo volto era grigio.

La sella disse a bassa voce. Lho esaminata, è stata tagliata. E il comportamento di Tempesta, tutto mi è stato riferito È davvero quello che ti ho insegnato?

Lusanna cercò di spiegare:

Lho fatto per te! Per mamma! Per farla andare via!

Taci! fu la prima volta che il padre alzò la voce. Non lhai fatto per noi. Hai deciso di fare la giudice? Non so se potrò mai guardarti senza orrore.

Il silenzio di Lidia fu peggio di qualsiasi accusa. Lusanna si avvicinò, sperando almeno in comprensione. Ma la madre la guardò con occhi freddi, quasi estranei:

Ti ho chiesto di capire, di perdonare, come so fare io. Tu hai portato nel nostro focolare il male, calcolato e intenzionale. Pensavi di salvare la famiglia? Lhai seppellita. Vai via.

Ben presto fu chiaro che Violetta si riprenderà. Si ipotizzò una lesione alla colonna, ma dopo due giorni tornò a camminare; era solo uno shock, qualche contusione e un lieve trauma cranico. Non ci fu processo: ogni cliente, prima di montare, firma un modulo di responsabilità che esclude ogni reclamo. Solo Domenico e Lidia, al loro ritorno, compresero che era il loro cavallo e la loro decisione a aver causato il disastro.

***

Leggenda è ancora in attività, ma lanima è svanita. Domenico vive in una casetta ai margini della scuderia, senza parlare più con la figlia. Lidia si è chiusa in sé, il suo silenzio è una muraglia che Lusanna non riesce a scala. La ragazza abita da sola nella casa vuota, contemplando le foto di famiglia, convinta di non meritare quel trattamento. Voleva punire una donna estranea per riportare le cose come prima. Ma come prima non esiste più. La vendetta è un acido che, goccia dopo goccia, corrode tutto. Ora Lusanna può solo rimpiangere di aver creduto, nella furia, che la giustizia avesse qualcosa di simile alla crudeltà.

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