La Scelta Inevitabile
Giovanna trasalì al grido improvviso:
— Ehi, lurido! — Vittorio alzò una borsa pesante sopra il cucciolo, poi si scagliò contro di lei: — Ma sei impazzita? Dare i miei salumi ai cani randagi?
In una delle giornate di primavera, Giovanna sentì all’improvviso un dolore acuto per la mancanza d’amore.
Si fermò davanti allo specchio, scrutando pensierosa il suo riflesso. “Come vola il tempo,” sospirò. “Sembra ieri ero giovane come una margherita fresca, e ora… beh, piuttosto un’astra matura. Bella, ma con già un tocco d’autunno. Presto l’inverno, e poi… è ora di prendere in mano la mia vita!”
Trentasette anni — l’età in cui la saggezza si è accumulata, ma la bellezza non è ancora svanita. Il momento perfetto per decisioni coraggiose! Ma dove trovare questo amore? Al lavoro, solo donne; gli incontri casuali per strada non facevano per lei, e internet le ispirava solo diffidenza.
Ma si dice: chi cerca, trova.
E la fortuna le sorrise: nel loro ufficio del personale arrivò un nuovo impiegato — Andrea De Luca. Alto, un po’ robusto, con un sorriso bonario e occhiali austeri. Più o meno della sua età. Giovanna notò subito il suo carattere tranquillo e la sicurezza discreta.
La competizione, certo, non era da poco. Bastava pensare a Lucia, la giovane addetta al personale: fresca come una gazzella, con gambe lunghe, labbra carnose e ciglia che sembravano capaci di scatenare un uragano con un battito.
Giovanna, all’inizio, si disperò. Come avrebbe potuto competere con una bellezza così sfacciata? Sicuramente Andrea, senza neanche guardarla, sarebbe caduto ai piedi di Lucia, abbagliato dalla sua giovinezza e audacia.
Ma si sbagliava. Lucia volteggiava intorno a Andrea come un pavone, mostrando ora il décolleté, ora le gambe slanciate, ma lui restava impassibile:
— Lucia, ha bisogno di qualcosa? Finisco e la aiuto.
E la guardava dritto negli occhi, ignorando tutte le sue mosse.
Invece, quando Giovanna portò al lavoro la sua crostata di mele, Andrea si animò:
— Giovanna, lei è una maga! Mia nonna faceva una crostata così. Mi ha riportato all’infanzia!
Il complimento era strano. Giovanna non voleva ricordare a un uomo la sua nonna. Cercava un compagno, non un ragazzino nostalgico. Ma, riflettendoci, decise che era un buon inizio. Meglio un complimento così che nessuno.
E poi capì: Andrea era ghiotto di cibo casalingo. E lei sapeva cucinare, anche se ne soffriva — un tempo portava la taglia 42, ora decisamente la 46. Così iniziò a portare le sue specialità in ufficio: gioia per i colleghi, e meno tentazioni per lei.
Attraverso crostate e minestroni, Giovanna trovò la strada per il cuore di Andrea. Semplice, banale, ma efficace: attraverso lo stomaco. Presto, il loro rapporto fiorì: fiori, complimenti, lunghe conversazioni sincere.
— È strano, Andrea — confessò una volta Giovanna. — Ho appena iniziato a sognare l’amore, ed eccoti qui. Così… genuino. E io, lo ammetto, pensavo di non avere speranze. Soprattutto con Lucia che quasi danzava per te.
— Lucia? — si stupì Andrea. — Ma che dici? Ce ne sono a milioni come lei: ciglia finte, unghie lunghe, gambe sempre in mostra. Credono che gli uomini si sciolgano. No, grazie, non fa per me. Una donna deve essere autentica: dolce, accogliente, di casa. Come te, Giovanna.
“Ecco la mia felicità!” esultò Giovanna. “Forse ha vagato a lungo, ma alla fine mi ha trovato!”
Andrea sembrava perfetto. Ma, ahimè, le persone ideali non esistono…
La loro storia durò sei mesi, e si avviava verso il matrimonio. Forse sarebbe successo, se non fosse stato per quella tetra serata di novembre.
Il tempo era impazzito: pioggia battente, nevischio, vento capriccioso. Giovanna e Andrea, stretti sotto l’ombrello, si affrettavano verso casa.
— Guarda, un gattino! — esclamò Giovanna fermandosi.
Sotto un lampione, tremante per il freddo, c’era un piccolo micio nero. Bagnato, sporco, miserabile.
— Lascialo, Giovanna, andiamo! Ho fame e freddo — Andrea la strattonò.
— Un attimo — si chinò verso il gattino. — Vieni qui, piccolo.
— Ma sei seria? — sbottò Andrea. — Il tuo futuro marito è affamato, e tu perdi tempo con i randagi!
— Lo portiamo a casa — disse ferma Giovanna, infilando il gattino sotto il cappotto. — Non brontolare, sta peggio di noi.
— Pazza gattara — borbottò lui, allontanandosi.
Giovanna lo seguì col micio.
— Non aver paura, è buono, solo brontolone — sussurrò al gattino.
Ma a casa, la bontà di Andrea svanì.
— Dagli da mangiare, visto che l’hai portato, e poi buttalo fuori! — ordinò.
— Fuori? Ma fuori nevica! È piccolo, indifeso! — si ribellò Giovanna.
— Non fare la sciocca. Di gatti randagi è pieno il mondo. Li prendi tutti? Hai fatto il tuo dovere, basta così. Io ho fame!
— No, Andrea, non lo butterò fuori. Non capisci?
Ma Andrea non voleva capire.
— Odio i gatti! — tagliò corto. — Gli animali in casa devono essere utili: carne, latte, lana. I tuoi gatti sono solo un fastidio. Non li voglio!
Giovanna vide un uomo diverso. Freddo, egoista, calcolatore.
— Prima di tutto, questa è casa mia — disse decisa. — E io amo gli animali. Secondo, dimmi: hai scelto me perché “utile”?
— E che c’è di male? — esitò. — Sì, voglio una donna che sappia gestire la casa. È normale!
— Ecco cos’è — mormorò Giovanna. — Per te, sono utile. Una brava massaia. Lucia invece si vuole bene, e tu la rifiuti. Vuoi che tutto giri intorno a te. Vattene, Andrea.
— Quindi niente cena? — sogghignò. — Bada, Giovanna, finirai sola con una casa piena di gatti, come una zitella.
— Vattene.
E se ne andò. Sperava che Giovanna avrebbe ripensato, cacciato il gatto e lo avrebbe richiamato. Ma lei non lo chiamò.
Il Capodanno, Giovanna lo passò col gattino, che chiamò Carboncino. Cresciuto, diventò un micio fiero, una piccola pantera. Carboncino la consolava: quando la malinconia la assaliva, saltava in grembo e faceva le fusa.
Passò un’altra primavera. Le speranze di cambiamento svanivano. Ma il cambiamento arrivò, inaspettato: un nuovo vicino, Sergio.
L’opposto di Andrea: basso, tarchiato, con una calvizie incipiente e uno sguardo severo. Dopo il divorzio, si era trasferito nell’appartamento di fronte.
— Salve, vicina — borbottava incrociandola. — Serve aiuto? Sono bravo con le mani.
All’inizio Giovanna rifiutava, ma quando la macchinetta del caffè si ruppe, cedette:
— Sai riparare elettrodomestici? — chiese.
E così, mentre il sole d’aprile illuminava il viale, Giovanna capì che la vita, a volte, sa sorprendere chi ha il coraggio di aspettare.