La scioccante realtà: ha scoperto della mia gravidanza e mi ha abbandonata come un codardo!

Il colpo è stato assordante: ha scoperto che ero incinta e mi ha abbandonata come un miserabile codardo!

Mi chiamo Valentina Rossi, ho 20 anni e vivo a San Casciano in Val di Pesa, dove la Toscana nasconde i suoi giorni grigi all’ombra dei vigneti e degli uliveti. Ho esitato a lungo se scrivervi, ma dopo aver letto le confessioni di altre ragazze, ho deciso di sfogare il mio dolore. La mia storia è una ferita che non si rimargina, un’ombra che mi perseguita, avvelenando ogni giorno della mia giovinezza.

Tutto iniziò quando avevo 15 anni. Mi innamorai di un ragazzo, Marco, era così bello che sembrava un eroe dei sogni. I suoi occhi, il suo sorriso – tutte le ragazze a scuola sospiravano segretamente per lui. Non riuscivo a credere alla mia fortuna quando un’amica mi confidò che voleva incontrarmi. “Sei seria?”, chiesi incredula, col cuore che batteva come un uccellino in gabbia. Accettai senza pensarci troppo. Al primo appuntamento mi regalò una rosa rossa – la conservo ancora, essiccata, tra le pagine di un vecchio libro. Quella sera fu come una favola: la sua voce, il suo calore – mi ci perdevo, senza rendermi conto che stavo precipitando in un abisso.

Mi concessi a lui, e quella fu la mia rovina. Poco dopo scoprii di essere incinta. Il mondo mi crollò addosso. I miei genitori, appreso ciò, mi guardavano come fossi una sconosciuta: mio padre taceva, stringendo i pugni, e mia madre piangeva, come se fossi morta. Ero terrorizzata, intrappolata in una situazione da cui non vedevo uscita. E lui, Marco, il mio splendido principe, mi abbandonò come un codardo. Sentito del bambino, impallidì, borbottò qualcosa di incomprensibile e scomparve – dissolto, come se non fosse mai esistito. Rimasi sola, con quella paura, quella vergogna, quel peso che schiacciava la mia giovinezza.

A casa calò un silenzio peggiore delle urla. I miei genitori si allontanarono, soffocati dal risentimento, e io non sapevo dove rifugiarmi. Alla fine, con l’approvazione di mia madre, abortii. Fu un inferno: dolore, lacrime, vuoto. Dopo mi chiusi in me stessa, come in una bara. Lo shock fu così forte che per anni non riuscii a guardare i ragazzi negli occhi. Da allora non ho più avuto nessuno – niente appuntamenti, nessun accenno di emozioni. L’amore per me divenne un veleno, il sesso un incubo da cui mi svegliavo madida di sudore. Ho paura di rimanere incinta di nuovo, temo che, se dovesse succedere, sarei costretta a partorire, e quel timore mi blocca come un gelo.

Ho perso me stessa. La mia anima è come un violino rotto che suona solo melodie meste, rispecchiando la mia malinconia. Vivo in solitudine, in un dolore perpetuo, dove non c’è spazio per la felicità. Il sole per me si è spento, i sorrisi sono estranei e la mia ombra è un fantasma che segue ogni mio passo. Ho dimenticato come parlare ai ragazzi, come guardarli negli occhi senza tremare. La mia voce trema quando qualcuno mi rivolge la parola e il cuore si stringe di terrore. Sono diventata una statua di ghiaccio – fredda, fragile, incapace di sentire calore.

A volte mi guardo allo specchio e non mi riconosco. Dov’è finita quella ragazza che rideva, sognava, credeva nell’amore? Marco l’ha rubata, calpestata, lasciandomi solo dolore e paura. Cammino per le strade del mio paese, vedo coppie innamorate e dentro di me qualcosa urla: perché non io? Perché la mia vita è un’oscurità? Voglio amare, voglio vivere, ma ogni volta che ci penso, davanti ai miei occhi appare il suo volto – bello, falso, codardo. Mi ha abbandonata nel momento più terribile ed effetto di quel trauma rimbomba ancora nel mio cuore.

Non so come uscire da questo inferno. La paura mi ha incatenata: temo di fidarmi, temo di aprirmi di nuovo, temo di rivivere quell’incubo. La mia gioventù dovrebbe essere luminosa, e invece affondo nella malinconia. Gli amici mi invitano a uscire, ma io mi nascondo in casa, nella mia stanza, dove solo le pareti conoscono il mio dolore. I miei genitori mi hanno perdonata da tempo, ma io non riesco a perdonarmi – per la mia ingenuità, la mia debolezza, per avergli creduto. La mia rosa nel libro è un promemoria di quel giorno in cui ho perso tutto.

Vi prego, ditemi come posso andare avanti? Come posso sciogliere questo gelo che ha avvolto il mio cuore? Voglio liberarmi del passato, ma mi trattiene con una presa mortale. Ho solo 20 anni, ma mi sento come una vecchia la cui vita è finita appena iniziata. Marco se n’è andato, ma mi ha lasciato questo fardello – paura, solitudine, vuoto. Come posso trovare la forza di credere di nuovo nell’amore, nella gente, in me stessa? Sono stanca di piangere nel cuscino, stanca di avere paura. Voglio il sole nel mio cuore, ma non so dove trovarlo. Aiutatemi, vi prego, sto affondando in questa oscurità e non vedo la luce.

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