28 dicembre 2025
Oggi ho scritto su questo quaderno come se fosse lunico testimone dei miei pensieri, perché la realtà mi sembra troppo surreale per essere raccontata a voce.
Mi chiamo Andrea Rossi, ho tredici anni e frequento la scuola media G. Pascoli a Milano. Il mio migliore amico è Luca Bianchi, un ragazzino dagli occhi sempre colmi di zucchero: non smette mai di masticare qualcosa, sia che sia una barretta di cioccolato, un cornetto o un pacchetto di caramelle. Luca è famoso per ingoiare dolci in classe, durante le ricreazioni e persino dopo le lezioni. Una volta, proprio nel bel mezzo di una verifica di matematica, ha scoperto una caramella sotto il banco e, senza pensarci, lha ingoiata la professoressa di matematica non è rimasta molto contenta.
Io, sorpreso, lho guardato fisso e gli ho chiesto: Che cosa vuoi dire? Che ci sia davvero un mostro?
Luca, con la sua voce da chi ha sentito troppe storie, ha risposto: Sì, una vera creatura! Ha le scaglie di serpente al posto dei capelli e di notte si nutre di bambini!. Ricordo di aver sentito al telegiornale due casi di ragazzi scomparsi da un paio di settimane, ma Luca sembrava quasi aver preso questi racconti per il serio, nonostante abbia già dieci anni.
Da quel momento non riuscivo a togliere dalla testa la voce di Luca. Sono sceso al mio appartamento al settimo piano (Luca vive al nono) e ho provato a fare i compiti, ma la mente mi tornava sempre a quella vicina di casa.
La signora al primo piano è sempre uscita solo di sera o quando pioveva, avvolta in un cappuccio scuro che le copriva quasi tutto il volto. Nessuno nella palazzina conosceva il suo nome, la sua età o il suo lavoro: le finestre sono sempre tappezzate da tende nere. Quando qualcuno la incontrava nel vano scala, lei passava silenziosa, il capo chinato, senza mai dire una parola.
Anche le anziane del condominio la chiamavano pazza o solitaria. Una volta ho sentito una di loro parlare così:
Sono tornata dal mercato con le borse pesanti, e appena ho visto quella pazza uscire dal suo appartamento, si è appoggiata al muro e mi ha lanciato solo uno sguardo dal suo cappuccio, senza ne buongiorno né arrivederci.
Sì, sembra quasi una strega, scappa dalla gente come se fosse una pestilenza! Lho vista alle undici di sera, uscire dal portone come unombra. Che cosa fa di notte? E di giorno resta chiusa in casa?
Che vuoi, è proprio una solitaria!
La mattina in storia il professore mi ha chiamato alla lavagna; ho balbettato qualcosa su Guglielmo il Saggio, sperando di sembrare preparato, ma il prof. mi ha dato un 2. È stato umiliante, soprattutto perché il nome è lo stesso del mio amico.
Nel corridoio, il bullo della classe, Marco Colombo, ha iniziato a chiamare Luca Luca il Grasso. I suoi scagnozzi Lorenzo e Marco (non il Colombo) hanno replicato il soprannome e, ridendo, gli hanno strappato il pacchetto di cornetti che Luca stava per gustare.
Restituisci il cornetto! ho gridato, sapendo che mi stavo cacciando guai. Ma non potevo lasciare Luca in difficoltà; difendo sempre i miei amici, anche quando ciò significa scontrarmi con i più forti.
Colombo, con un sorriso sardonico, ha sbottato:
Oh, il Sottile difende il Grassone!
Ci chiamavano Il Grasso e Il Sottile. Siamo sempre stati inseparabili, seduti al medesimo banco, andiamo e torniamo a scuola insieme. Io, più esile, sembravo una briciola accanto al robusto Luca.
Nel tentativo di recuperare il cornetto, ho saltato verso Colombo, quasi riuscendo, ma ho sbalzato contro il globo terrestre sul tavolo del professore. Il globo è rotto in due, una crepa lunga si è propagata. Proprio in quel momento è entrata la prof.ssa Natalia Bianchi, la docente di geografia.
Il globo non si è gravemente danneggiato, ma la professoressa ha subito rimproverato:
Andrea, resta qui.
Mi sono avvicinato al tavolo, evitando il suo sguardo. Lei mi ha fissato e ha detto:
Che stai facendo, ragazzo? Sei un ragazzo sensato…
Dopo una pausa carica di tensione, la prof.ssa ha deciso di non chiamare i miei genitori, ma mi ha chiesto di aiutarla a sistemare i libri dopo le lezioni. Ho accettato, sollevato, ma il morale era ormai rovinato.
Il pomeriggio, Luca è stato portato dal medico subito dopo la scuola, così non ha potuto condividere la punizione con me. Io, con un misto di tristezza e rabbia, ho finito per spostare i libri per la prof.ssa, pulire la classe e, infine, tornare a casa sotto un cielo grigio e piovoso.
Il viaggio di ritorno è stato lento. Il freddo mi pungeva le ossa, la pioggia sembrava voler entrare sotto il cappuccio. Mi chiedevo perché la vita fosse così ingiusta: avevo difeso Luca e finivo io ad essere lultimo a subire. I bulli non sono stati puniti, ma io sì.
Mentre camminavo, ho preso la solita strada attraverso il parco. Di solito la percorriamo con Luca durante il giorno, ma ora ero solo. Il sentiero è bagnato, gli alberi spogli sembrano dita scheletriche contro un cielo senza colore. Una sensazione di presenza mi ha avvolto: e se qualcuno fosse nascosto tra i cespugli, in attesa di una vittima?
Mi è venuta in mente la misteriosa vicina del primo piano. E se fosse uscita per cacciare i ragazzi soli, con gli occhi che brillano come serpenti? Il pensiero mi ha fatto accelerare il passo. Un brivido gelido mi ha attraversato, non per il vento, ma per qualcosa di più profondo.
Allimprovviso ho sentito una voce maschile dietro di me:
Ehi, ragazzo, aspetta!
Era un uomo, la voce rude, ma la zona è deserta. Il mio zaino, carico di libri, mi affondava sulla schiena, rendendo difficile correre. I passi delluomo si avvicinavano, e unombra in cappuccio mi precedeva.
Ho iniziato a correre, ma luomo mi ha afferrato per la cinghia dello zaino. Mi ha tirato indietro con forza, quasi facendomi cadere. Ha mostrato una mano dietro la schiena. Ho temuto un coltello, una pistola, qualsiasi cosa minacciosa.
Lui mi ha sorriso con una smorfia beffarda:
Che corri così? Volevo solo parlare.
Il panico mi ha paralizzato: non riuscivo a parlare, la lingua si è incollata al palato. Ho notato che teneva laltra mano dietro la schiena, ma non vidi nulla di chiaro. Il parco era buio, le luci ancora spente, la pioggia batteva monotona su panchine vuote.
Improvvisamente, dalle ombre è balzata una figura più piccola, snella, con il cappuccio calato. Ha afferrato luomo, facendolo perdere la presa su di me. Listante è stato un susseguirsi di colpi, urla e un suono stridente che mi ha ricordato il rumore di una mela matura che si spezza sotto i denti.
Le luci dei lampioni si sono accese, dipingendo lallora gelida scena di un giallo spettrale. La figura più piccola si è chinata sulluomo, tirandogli via i capelli scuri. Dal suo cappuccio è spuntata una chioma nera, e il volto è apparso: una donna.
È stata la vicina del primo piano! Lavevo vista solo di rado: pallida, magra, sempre avvolta in quel cappuccio nero. Ora il suo volto era macchiato di sangue, i denti affilati spuntavano dalla bocca. Ha sfregato il sangue con il braccio, come se fosse burro. È apparsa un attimo, poi è scomparsa tra i cespugli, lasciando dietro di sé il corpo senza vita delluomo, il collo insanguinato, una pozza scura che si allargava lentamente.
Il suo straccio puzzolente giaceva solo, inutile, come il resto della notte. Dopo qualche istante sono riuscito a riprendere fiato e sono fuggito dal parco, correndo come non avevo mai fatto prima. Sono arrivato al mio appartamento, ansimante, chiudendo la porta dietro di me come se potesse fermare il terrore. I genitori non cerano; avrei dovuto spiegare da dove scappassi, ma non avrei potuto farlo.
Ho deciso di non dire nulla a nessuno, nemmeno a Luca. Laccaduto è troppo strano per essere creduto. Forse Luca aveva ragione sul mostro, ma non quelle scaglie di serpente: forse la creatura mangia gli adulti, non i bambini.
Mi sembra quasi che i vampiri esistano davvero, ma in realtà è stato questo mostro a salvarmi da un uomo.
So che i miei genitori penseranno che sia solo fantasia infantile, e Luca dirà che è solo una leggenda. Io non capisco perché la signoravampira mi abbia lasciato vivo.
Da questa sera non accendo più la TV, temendo di sentire il notiziario su un corpo ritrovato in un parco. Curiosamente, dopo tre giorni, le notizie hanno accennato solo al ritrovamento di due ragazzi scomparsi in una casa di campagna, senza dire nulla della morte delluomo. Forse non volevano spaventare la gente con lidea di un vampiro in giro per Milano.
Ho smesso di seguire le notizie, poi le ho dimenticate. Il pensiero della vicinavampira si è dissolto tra i compiti, i libri e i festeggiamenti per le vacanze di Natale.
Il cielo si è infine schiarito; la neve è caduta a fine dicembre. Luca e io siamo tornati dal club di scacchi, quando la signora è uscita di nuovo dal suo ingresso, senza cappuccio, solo una donna pallida, senza zanne né occhi che brillassero. Luca ha commentato: Ecco la solitaria del primo piano!. Io non ho risposto, ma lho osservata andare via, dissolvendosi tra i marciapiedi bianchi.
Resta solo il ricordo di quel giorno, un misto di paura e di curiosità, di domande senza risposta che mi seguiranno per sempre.




