La solitudine non porta gioia

Nella solitudine non c’è felicità

Regina, non più giovane ma con una luce negli occhi, dopo colazione lavò la tazza del tè, si preparò un caffè con calma e gettò uno sguardo fuori dalla finestra.

“Anni e anni sempre le stesse cose. L’orologio, il vetro della finestra, il libro aperto sul davanzale e la solitudine. Quanto mi manca mio marito, che mi ha lasciata sola troppo presto,” pensava spesso.

Dieci anni prima aveva sepolto l’amato marito. Il dolore si era attenuato con il tempo, ma alla solitudine non ci si abitua mai. I primi anni sentiva ancora la sua presenza, poi svanì. Una volta se ne accorse e rifletté:

“Gli amati non se ne vanno solo di casa, piano piano scompaiono dall’anima, certo, col passare del tempo.”

Negli ultimi anni il vuoto la opprimeva. Aveva perfino pensato di cercare un uomo altrettanto solo. Si guardava intorno con discrezione, senza fretta, fermando lo sguardo su qualche volto maschile.

“E se ci fosse un’anima gemella, altrettanto sola? Chissà…” E in quei momenti dimenticava la solitudine, immaginandosi accanto a un uomo, una dolce melodia che risuonava nel suo cuore affaticato.

Da tempo aveva notato un colonnello in pensione nel palazzo accanto. La sua amica Anna, che viveva nello stesso edificio, gliene aveva parlato. Suo marito, Carlo, era amico del colonnello.

Anna le aveva raccontato di lui tempo prima.

“Anche Giovanni è solo, vedovo anche lui. Ha una figlia, ma vive lontana con la sua famiglia. Lo visita raramente. Un uomo serio, ma con Carlo va d’accordo, scherzano e qualche volta vanno a pescare insieme. Dacci un’occhiata, Regina. Perché ti accompagni sempre la solitudine a spasso? Meglio in due…”

“Non so, Anna. Come potrei fare io il primo passo? Dovrebbe essere l’uomo a prendere l’iniziativa,” rispondeva Regina.

Era una donna di un certo stampo, un’ex insegnante di lettere, elegante, colta. Parlare con lei era piacevole.

Giovanni, infatti, era un colonnello in pensione. Alto, asciutto, coi capelli bianchi e gli occhiali. Camminava diritto, quasi marciando, le ginocchia rigide. Ma era un vedovo interessante. Regina lo seguiva con lo sguardo ogni volta che passava, e lui annuiva con un saluto militare:

“Buongiorno…” E lei rispondeva con un sorriso.

A volte lo guardava con fare significativo, ma lui sembrava impassibile. Le vecchiette sulla panchina vicino al portone ne parlavano spesso.

“Ho sentito che quel colonnello ha avuto una ferita alla testa durante il servizio e ha perso i sensi,” diceva una.

“Ma che dici! Mio figlio mi ha spiegato che ha problemi alla vista per via del telescopio, per questo porta gli occhiali,” ribatteva un’altra.

“Sentite questa: dicono che abbia un problema… là sotto. Ecco perché non guarda le donne,” sussurrava una terza, recentemente in pensione e alla disperata ricerca di un uomo.

I pettegolezzi sul colonnello erano infiniti. Forse perché era solo, e le donne disponibili tante. Anche Regina a volte pensava a lui.

“Giovanni è un tipo riservato. Chissà cosa fa da solo. Forse legge, anche se, essendo militare, magari ama i film di guerra. Anche a me piacciono. E poi amo la poesia:

‘Si fa sera. Frescura, pioggerella sottile. E rari passanti nel vicolo. Non aspetto nessuno. Tu non verrai…’ Mi piacciono i versi sulla solitudine. Forse perché sono sola da tanto, o forse sono solo sentimentale.”

Così viveva Regina. Un giorno il telefono squillò, facendola sussultare. Era Anna.

“Regina, buonasera! Che fai? Aspetta, indovino: sei con un libro in mano,” rise l’amica.

“Esatto,” rispose Regina. “Che altro fare la sera? Guardo la TV, navigo un po’, ma preferisco leggere, lo sai.”

“Io e Carlo stavamo pensando… domani è il mio compleanno, ricordi?”

“Mio Dio, Anna, scusami! Che testa vuota, me n’ero dimenticata,” ammise sinceramente.

“Tranquilla. Ti invito a cena da noi, saremo in pochi, gente che conosci.”

“Grazie, ci sarò. Come potrei mancare?”

Il giorno dopo Regina si preparò con cura. Si osservò allo specchio: qualche ruga, un po’ di cedimento qua e là.

“Va bene così. L’età dell’eleganza,” sorrise tra sé.

La sera, mentre si dirigeva da Anna, notò che tra gli invitati c’era anche il colonnello.

“Vieni, siediti qui,” disse Anna, conducendola accanto a Giovanni.

“Buonasera a tutti,” salutò Regina.

Entrando, le era sembrato che Giovanni l’avesse osservata con interesse. Si sedette vicino a lui, portando con sé un leggero profumo di fiori.

La serata proseguì allegramente. Carlo, brillante padrone di casa, propose un brindisi.

Dall’altra parte del colonnello c’era Teresa, una vicina sola e formosa, che da tempo lo corteggiava portandogli torte. Lui le ringraziava sempre:

“Deliziosa.”

Regina notò come Teresa lo guardasse con ammirazione e provò una fitta di gelosia, ma scacciò subito il pensiero.

Dopo i brindisi, Carlo accese la musica. Alcuni iniziarono a ballare. Regina sperava che Giovanni l’invitasse, ma Teresa lo trascinò per prima. La musica era lenta. Regina cercava di non guardarli, ma i suoi occhi tradiscono.

Quando il ballo finì, Giovanni si sedette accanto a lei. Sentì il suo fianco caldo contro la sua gamba. Lo guardò e incontrò i suoi occhi scuri, pieni di calore.

Il cuore le sobbalzò. Da tempo non riceveva attenzioni maschili. Si irrigidì leggermente.

“Scusi, l’ho disturbata,” sussurrò lui.

“Tutto a posto,” rispose con dolcezza.

Alla successiva canzone, Giovanni la invitò a ballare, anticipando Teresa.

“Posso averE quella notte, sotto il cielo stellato di Roma, finalmente capì che la felicità non era mai stata così vicina.

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