La sorella che ha trasformato il giardino in un banchetto!

“Ma che sorella!” esclamò mio marito quando sua sorella decise di fare il barbecue proprio sulle mie rose! La mia risposta raggiunse i due metri di altezza…

Immaginate questa scena: ci lasciano in eredità una villetta dalla suocera. Beh, “villetta” è dire troppo. Una casetta malconcia, una staccionata di tre assi e un terreno invaso da erbacce alte fino alla vita. Mio marito, come la maggior parte degli uomini, ci diede un’occhiata e disse: “Ma dai, vendiamola e via!”

Io, però… be’, ho il carattere tosto! Mi aggrappai a quel fazzoletto di terra. Già sognavo come l’avrei trasformata. Passai un anno intero a pensarci. Ci investii quasi tutti i nostri risparmi e, ovviamente, tutte le mie energie.

Mi misi a imbiancare la casetta da sola, chiamai operai per riparare il tetto. Ma il mio orgoglio? Il giardino. E non una semplice aiuola, ragazze, ma un angolo d’Inghilterra in miniatura! Rose, peonie, ortensie… Le curavo come fossero figlie mie.

Mio marito all’inizio rise, ma quando vide il risultato, mi guardò con rispetto. “Beh, Luisa, questa è grossa!” diceva, ammirando le mie aiuole fiorite. Ero felice. Avevo trovato il mio angolo di pace, il mio rifugio.

Ma la pace durò poco. La cognata di mio marito, Federica, venne a sapere della nostra “tenuta”. Signora cittadina doc, con zero interesse per la terra, ma adorava “stare nella natura”… specialmente se qualcun altro ci aveva già messo anima e cuore.

Un sabato, senza preavviso, una macchina si fermò davanti al cancello. Ne scese l’intera tribù di Federica: lei, suo marito e due marmocchi scatenati. “Luisiiiinnaaa, ciao! Siamo venuti per una grigliata!” annunciò trionfante.

Io, ovviamente, rimasi di sasso, ma che fare? Erano parenti. Mostrai loro la casa, offrii un caffè. Loro, senza nemmeno togliersi le scarpe, si piazzarono direttamente sulla veranda appena lavata. E iniziò l’inferno.

Ragazze, non era un picnic, era un’invasione barbarica. Il marito piazzò il barbecue gigante proprio in mezzo alle mie rose rampicanti. I bambini correvano come forsennati, calpestando peonie e spezzando rami d’ortensia.

E Federica? Si atteggiava a regina, dispensando ordini: “Luisa, portaci i cetriolini!”, “Dove avete gli asciugamani puliti?”. Lasciarono montagne di spazzatura, il prato devastato e i miei fiori in fin di vita.

Io stavo lì, in mezzo al disastro, trattenendo le lacrime.

E fu solo l’inizio. Iniziarono a venire ogni weekend. Senza vergogna! Non pulivano, non lavavano i piatti. Una volta arrivai e scoprii che avevano usato i miei guanti da giardinaggio nuovi di zecca per pulire la griglia! Ma dico, possibile?

Quella sera parlai con mio marito. Gli spiegai, come a un bambino, che quella casa era il mio sogno, che mi spezzava il cuore vederla ridotta così. Lui, anima sensibile, si limitò a sospirare.

“Luisa, ti capisco. Ma abbi pazienza, è mia sorella! Non posso dirle di no. Siamo famiglia. Evitiamo drammi.”

E in quel momento capii: il dramma era inevitabile. La mia “piccola Inghilterra” si stava trasformando in un’osteria, e la mia “famiglia” mi stava calpestando. Il mio piano di vendetta nacque all’istante. Freddo. Altezzoso.

La settimana dopo, prelevai una bella somma dal conto comune. Quando mio marito vide l’SMS la sera, gli uscirono gli occhi dalla testa.

“Luisa, ma sei impazzita?! Cosa ci fai con tutti quei soldi?”
“È per il bene della famiglia, caro,” risposi con un sorriso enigmatico. “Rimarrai stupito.”

Il sabato successivo, la villetta diventò un cantiere. Arrivò una squadra di operai, lavorarono senza sosta, come se sapessero che il tempo stringeva. Mio marito girava nervoso, confuso. Io, seduta sulla sdraio con un bicchiere di tè freddo, sorvegliavo i lavori.

Alle sei in punto, quando il lavoro fu completato, avrei pagato oro per vedere la faccia di mio marito. Al centro del giardino ora svettava un solido recinto in lamiera, alto due metri, che divideva il terreno in due.

Da una parte: la mia casetta, la veranda e le mie aiuole. Dall’altra: la zona “barbecue” abbandonata e il vecchio capanno. Nel recinto feci installare un cancelletto… con lucchetto.

“Cosa… cosa diavolo è questo?” balbettò mio marito.
“Questo, tesoro, è il nostro ‘compromesso familiare’,” risposi serena. “Questa metà è mia. Io comando qui. Quella là è per la tua adorata famiglia. Tua sorella può farci grigliate, stare a testa in giù, quel che vuole… ora ha il suo spazio.”

E come per magia, arrivò la macchina di Federica. Scese, vide il recinto e rimase pietrificata. La sua faccia… ragazze, era un mix di shock, indignazione e puro sdegno.

Iniziò a urlare, a chiamare mio marito, a pretendere spiegazioni… Io, impassibile, spostai la mia sdraio dall’altra parte del recinto. Dove comando io.

Ora ditemi, care: sono stata troppo severa? O a volte, per proteggere il proprio piccolo paradiso, serve davvero un recinto… molto, molto alto?

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La sorella che ha trasformato il giardino in un banchetto!