La sposa in fuga

La Sposa in Fuga

Luca scese dal treno, salutò la controllora e si incamminò verso il vecchio edificio a un piano della stazione. Dentro c’era un’unica grande sala. Lungo le pareti, la biglietteria, chioschi di giornali e bibite, e al centro file di sedie di metallo saldate insieme. A sinistra dell’ingresso, un piccolo bar con una donna robusta dietro il bancone. Una decina di persone aspettavano sedute il proprio treno.

“Giovane, mi dai cento euro? Mi manca per il biglietto,” gli disse una donna dall’età indefinibile, avvicinandosi. Il viso arrossato, il trucco mal applicato. Luca sentì l’odore acre di alcol.

“Perché non le compro qualcosa da mangiare?” propose, prendendola gentilmente per il gomito e cercando di condurla al bar, ma lei si divincolò.

“Lasciami stare! E sembrava una persona perbene,” strillò, facendo tacere per un istante i chiacchierii nella sala. Tutti si girarono a guardarli, ma subito dopo tornarono ai loro discorsi.

“Vaffanculo…” La donna si allontanò barcollando.

Luca sorrise amaramente e si avvicinò alla barista.

“Hai fatto bene, ragazzo, a non darle soldi. Se la vive qui a mendicare ogni giorno. Com’è caduta in basso. E pensare che era così bella. L’amore che fa alla gente…” La donna scosse la testa. “Ti offro un caffè e una sfogliatella?”

“No, grazie. Devo andare a Borgo San Marco. Dov’è la fermata dell’autobus?”

“Per Borgo San Marco oggi non c’è più. Domani mattina alle cinque e mezza. Ma fuori ci sono sempre quelli che fanno i passaggi. Certo, la sera chiedono un occhio della testa.”

“Grazie.” Luca riaggiustò la tracolla della borsa sportiva e uscì.

Fuori era già quasi buio. Tirò fuori il telefono, compose un numero e lo portò all’orecchio. Nessuno rispose.

D’improvviso, una Fiat argento si fermò accanto all’edificio. Ne scese una ragazza che corse dentro, sfiorandolo. Gli sembrò vagamente familiare. Ma come? Era la prima volta che veniva qui. Luca rientrò. La ragazza stava parlando con la barista.

“Vuoi un tè?” chiese la donna.

“Grazie, zia Lucia, ma devo andare.” Si girò e sbatté contro Luca. “Scusi, non l’avevo vista.”

Luca vide gli occhi azzurri come il mare, le fossette sulle guance morbide, e capì che non aveva mai incontrato una ragazza più bella.

“Ehi, a proposito, Valentino va a Borgo San Marco. Valentì, dagli un passaggio,” disse la barista.

La ragazza scrutò Luca un attimo.

“Arrivederci, zia Lucia. Andiamo,” lo invitò, dirigendosi verso l’uscita.

Luca la seguì a fatica. Valentina aprì lo sportello e tirò fuori un grosso pacchetto.

“Permetti, ti aiuto,” le offrì.

“No, grazie. Dentro ci sono il velo e i fiori,” sorrise, le fossette che danzavano. “Meglio se apri lo sportello posteriore.”

Mise il pacchetto sul sedile e si rivolse a Luca: “Salga in macchina.”

“Aspetti. Lei è Valentina! Ecco perché mi sembrava di conoscerla. Nella realtà è ancora più bella,” disse, poi, dopo aver visto il suo sguardo stupito, aggiunse in fretta: “Sono qui per il matrimonio con Stefano. Abbiamo servito insieme. Solo che lui non mi ha incontrato e non risponde al telefono.”

“Oggi ha l’addio al celibato,” ridacchiò Valentina, le fossette che riapparivano.

“L’ho vista in una foto, me l’ha mostrata Stefano,” aggiunse Luca.

La macchina procedeva su una stretta strada tra i boschi. I fari respingevano il buio, lo inchiodavano dietro gli alberi.

“Non ha paura a viaggiare sola di notte nel bosco?” chiese Luca.

“No. E poi, raramente lo faccio. Solo che oggi Stefano non poteva venire in città con me.”

“Non ci sono fiori a Borgo San Marco?”

“Certo. Ma questi sono per il bouquet della sposa. Volevo qualcosa di speciale.” Teneva gli occhi fissi sulla strada.

“Avete fatto in fretta, col matrimonio. È passato solo un anno dall’esercito.” Luca si morse la lingua. Non erano affari suoi.

“Con Stefano ci eravamo promessi, prima che partisse, che ci saremmo sposati al suo ritorno,” rispose lei allegramente.

Luca non riusciva a staccare gli occhi dalle sue fossette.

“Allora lo fa per una promessa? Non per amore?” domandò a voce bassa.

“Anche per amore,” rispose lei, senza cogliere il tono di disapprovazione.

Rimasero in silenzio un po’.

“Guida molto bene,” commentò lui, rompendo il ghiaccio.

“Stefano me l’ha insegnato alle superiori. Dove la lascio a Borgo San Marco? In albergo?”

“Suppongo.”

“Sai cosa? Meglio se ti porto direttamente al locale dell’addio al celibato, così parlerai con Stefano.”

“Col bagaglio è un po’ scomodo,” esitò Luca.

“Lo tengo io a casa mia. Domani lo recuperi. Allora, al locale?” Lo guardò di sfuggita.

“Al locale,” acconsentì Luca, sorridendo.

Mentre la macchina avanzava, Luca fissava il buio oltre i fari e ricordava quella volta che aveva visto un’altra fotografia nella stanza di Stefano.

“Chi è?” aveva chiesto, osservando la bellissima ragazza rossa dallo sguardo languido.

“Ti piace?” aveva ghignato Stefano. “Scordatela.” E strappò la foto dalle mani di Luca.

“Valentina è meglio,” aveva detto allora Luca.

Stefano non rispose. Ma quella sera, in caserma, si vantò di quante ragazze aveva avuto prima dell’esercito. “Basta un cenno e sono tutte mie,” disse, ridacchiando.

Stefano era un bravo ragazzo, ma quelle spacconate irritavano Luca. Iniziò a dispiacere per Valentina. Stefano l’avrebbe tradita, le avrebbe rovinato la vita. Un mese fa, improvvisamente, lo chiamò e lo invitò al matrimonio. Perché non vedere un vecchio amico dell’esercito? Soprattutto perché Stefano aveva insistito più volte.

“Allora, diamoci del *tu*,” propose Luca.

“D’accordo,” accettò lei, leggera.

Lo lasciò davanti al locale. La luce dei grandi finestroni illuminava la strada. Valentina gli diede il suo indirizzo, gli chiese di tenere d’occhio Stefano perché non si ubriacasse troppo, e ripartì.

Luca guardò la macchina allontanarsi. L’aria era fresca. Si sentì improvvisamente solo. Dal locale usciva musica ritmata, ma davanti ai suoi occhi restavano gli occhi azzurri e le fossette.

“E quel nome da fiaba, Valentina. È ingiusto che una ragazza così finisca con un dongiovanni.” Rabbrividì e aprì la pesante porta del locale.

“Ah, Luca! Finalmente! Vieni qui.” Stefano si alzò, agitando le mani. “Questo è un mio amico dell’esercito. Abbiamo servito insieme,” spiegò agli altri.

Si abbracciarono, e Luca capì che Stefano era già ubriaco. Barcollava, gli occhi vitrei faticavano a mettere a fuoco. Qualcuno gli mise in mano un bicchierino di grappa. La musica era assordante, alcune ragLuca strinse la mano di Valentina e sussurrò: “Andiamo via, lontano da qui, e costruiamo una vita che meriti davvero.”

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