La sposa senza identità

*Moglie Senza Status*

Laura si avvicinò allo specchio nell’ingresso, sistemò i capelli e si osservò ancora una volta con occhio critico. Il vestito nuovo, blu scuro, sobrio ma elegante, le cadeva a pennello. Scarpe con un tacco discreto, borsa abbinata. Tutto perfetto per la serata con i colleghi di suo marito.

«Luca, sono pronta!» gridò verso lo studio.

«Arrivo, arrivo!» rispose lui, ma i rumori provenienti dalla stanza lasciavano intendere che fosse ancora al telefono.

Laura sospirò. Sarebbero arrivati di nuovo in ritardo. E lei si era impegnata tanto per fare bella figura con quelle persone, con cui Luca lavorava nella nuova azienda da tre mesi, da quando era diventato vice direttore. Eppure, ai meeting aziendali si sentiva ancora a disagio.

«Laura, senti» Luca apparve finalmente nell’ingresso, abbottonandosi la giacca di fretta. «Ci sarà Massimo con sua moglie, ricordi che te ne ho parlato? È una persona molto influente, da lui dipende molto. Cerca di trovare un terreno comune con sua moglie.»

«Certo, ci proverò» annuì Laura. «Di cosa si occupa?»

«Non lo so bene. Casalinga, immagino. O forse qualcosa nel sociale, tipo beneficenza. Parlaci, scoprirai.»

Luca parlava di fretta, la mente già altrove. Laura capì che non avrebbe avuto altre informazioni e tacque.

Il ristorante li accolse con luci soffuse e musica di sottofondo. A un grande tavolo c’erano già diverse coppie. Luca si diresse subito verso gli uomini, lasciando Laura a cercare il suo posto tra le mogli.

«Tu devi essere Laura?» le si rivolse una donna elegante, sui cinquant’anni, con un tailleur costoso. «Sono Elena, la moglie di Massimo. Luca ci ha parlato di te.»

«Molto piacere!» Laura le tese la mano. «Cosa vi ha detto di me?»

«Oh, niente di particolare. Che ha una moglie meravigliosa che lo sostiene in tutto» sorrise Elena, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di valutativo.

Laura si sedette accanto a lei, sentendo una lieve tensione. Le altre donne al tavolo avevano più o meno l’età di Elena, tutte vestite con gusto e raffinatezza.

«E tu di cosa ti occupi, Laura?» chiese una bruna magrolina che si presentò come Anna.

«Faccio la traduttrice» rispose Laura. «Lavoro principalmente come freelance, documentazione tecnica.»

«Ah, che interessante!» esclamò Elena, ma il tono della sua voce suggeriva il contrario. «E quali lingue?»

«Inglese e tedesco.»

«Capisco. E avete figli?»

«Non ancora» Laura sentì il rossore salirle alle guance. Quella domanda la metteva sempre a disagio.

«Ma figurati, c’è ancora tempo!» osservò con sufficienza una terza donna, una biondina un po’ in carne. «Io ne ho tre, ormai grandi. Il maggiore vive in America, fa l’imprenditore.»

La conversazione scivolò sul tema abituale. Le donne parlavano di figli, nipoti, vacanze in località esclusive, shopping. Laura ascoltava, intervenendo di rado, e si sentiva sempre più fuori posto.

«E tu, Laura, per quale azienda traduci?» chiese all’improvviso Anna.

«Lavoro con diversi clienti. Diciamo che sono indipendente.»

«Ah, freelance» annuì Anna. «Comodo, lavorare da casa. Ma i guadagni saranno instabili, no?»

«Sono nella norma» rispose Laura, più seccamente di quanto volesse.

«Certo, certo» Elena sorrise con quell’espressione che non significava nulla. «Noi, invece, abbiamo fondato un’associazione di beneficenza. Aiutiamo gli orfanotrofi, organizziamo eventi. Un’attività gratificante! Ti piacerebbe unirtici?»

«Ci penserò» rispose cauta Laura.

«Solo che richiede tempo, capisci? Bisogna partecipare agli eventi, incontrare persone. Noi abbiamo tutte la libertà, i mariti lavorano bene, quindi possiamo dedicarci al sociale.»

Laura annuì, cogliendo perfettamente l’allusione. Non era del loro giro. Non aveva tempo per la beneficenza perché doveva lavorare. Dunque, non era la moglie ideale per un uomo di successo.

«Laura, come va?» Luca si chinò verso di lei, una mano sulla spalla. «Ti stai ambientando?»

«Sì, tutto bene» rispose con un sorriso forzato.

«Luca, hai una moglie adorabile!» intervenne Elena. «La stiamo convincendo a unirsi alla nostra associazione.»

«Che idea fantastica!» si entusiasmò Luca. «Laura, sarebbe perfetto! Hai sempre detto di volerti impegnare in qualcosa di socialmente utile.»

Laura lo guardò stupita. Quando mai l’aveva detto? Anzi, si era lamentata dell’aumento di lavoro e della mancanza di tempo.

«Ho detto che ci avrei pensato» ripeté cauta.

«Certo, prenditi tutto il tempo che ti serve» annuì Elena. «Solo, ci sono delle quote mensili. Piccole, per i nostri standard, ovvio. Circa cinquecento euro.»

Laura rischiò di soffocarsi con il vino. Cinquecento euro al mese erano quasi la metà di quello che guadagnava in un mese buono!

«Ma sono spiccioli!» la liquidò Luca con un gesto. «Laura, devi assolutamente unirti. È per i bambini!»

Il resto della serata passò in un torpore. Laura sorrideva, partecipava, ma la mente era altrove. Ricordava quando, l’anno prima, avevano scelto il loro appartamento. Quanto era felice di potersi permettere una casa in un bel quartiere. Quanto era orgogliosa di Luca quando era stato promosso.

Ma allora tutto sembrava più semplice. Credeva che fossero una squadra, che andassero nella stessa direzione. Ora capiva: Luca non voleva una squadra, ma un bel complemento al suo nuovo status.

A casa, Laura andò subito in camera e iniziò a togliere i gioielli. Luca entrò poco dopo, slacciandosi la cravatta.

«Allora, com’è andata la serata?» chiese, sedendosi sul letto. «Elena è una donna interessante, no? E quell’associazione è un’occasione perfetta per entrare in quel giro. Fare conoscenze.»

«Luca, perché dovrebbero servirmi queste conoscenze?» Laura si voltò verso di lui. «Io lavoro, ho la mia carriera.»

«Ma che carriera, Laura?» alzò leggermente le sopracciglia. «Tu lavori da casa, traduci documenti. Non è una carriera. Questa è un’opportunità per emergere, avere un ruolo.»

«Il ruolo della moglie di un uomo di successo?»

«E cosa c’è di male?» Luca si alzò, avvicinandosi al comò. «Guarda quelle donne. Sono felici! Si occupano della beneficenza, incontrano gente interessante, viaggiano. Vivono bene!»

«Con i soldi dei mariti.»

«E allora? I mariti guadagnano, le mogli spendono. Una normale divisione dei ruoli. Io posso mantenerti, Laura. Puoi smettere di lavorare, se vuoi.»

Laura si sedette sul letto, stringendosi la testa tra le mani. Come spiegargli che il lavoro per lei non era solo questione di soldi? Era autostima, indipendenza, sentirsi una persona completa, non un soprammobile nella vita altrui.

«Luca, non voglio essere un bel gingillo» disse piano. «Ho una professione, dei traguardi.»

«Ma quali traguardi, Laura?» rise lui, ma era una risata spiacevole. «Traduci manuali per macchinari! Dove sarebbero i traguLaura lo guardò negli occhi, prese un respiro profondo e disse: “Forse i miei traguardi non sono grandiosi come i tuoi, ma sono miei, e da oggi in avanti camminerò da sola, con la testa alta e il cuore leggero.”

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