La storia del ragazzo dal cuore ferito e del cane salvato

Luca spinse con forza la porta del condominio, lasciando entrare nel buio dellingresso il freddo grigio del crepuscolo. Appena varcata la soglia di casa, non ci furono i soliti rumori: lo sbattere degli zoccoli sul pavimento, il fruscio del giubbotto sfilato, il saluto allegro che di solito riempiva laria. Solo il lieve scatto della serratura e passi appena percettibili sul tappeto dellingresso.

Beatrice, in piedi ai fornelli dove friggevano le patate, sentì un brivido di preoccupazione. Si bloccò con il mestolo in mano, ascoltando quella insolita, opprimente quiete. Mancavano i suoni familiari: il tonfo degli stivali sul pavimento, il chiacchierio vivace, persino il respiro affannato del bambino rientrato dal freddo.

“Luca, sei tu?” cercò di nascondere lansia nella voce. “Ho preparato la tua parmigiana preferita, le patate sono quasi pronte. Vieni, togliti il cappotto!”

Nessuna risposta. Solo un silenzio pesante, così denso da farle ronzare le orecchie.

“Luchino?” la voce di Beatrice tremò.

Un presentimento di sventura le strinse il cuore. Si asciugò in fretta le mani con un canovaccio e si diresse verso lingresso.

Appena entrò nel corridoio, fu come se un secchio dacqua gelata le fosse caduto addosso. Luca era immobile al centro della stanza, come un tronco conficcato nel pavimento. Non si era tolto il giubbottogocce dacqua cadevano a terra, formando una pozzanghera. Le spalle curve, la testa bassa, lo sguardo fisso nel vuoto.

“Piccolo, cosa è successo?” gli afferrò le maniche gelate, girandolo verso di sé. “Hai litigato? Ti hanno fatto del male? Hanno rubato qualcosa?”

Con enorme fatica, il bambino alzò gli occhi. In quegli occhi cera un dolore muto, universale, paura e impotenza. A Beatrice mancò il fiatodavanti a lei cera una creatura ferita, bisognosa di protezione, incapace di spiegare la sua sofferenza.

“Mamma” la voce gli si spezzò in un sussurro roco, le labbra tremavano per le lacrime amare. “Laggiù”

“Parla! Sono qui, non aver paura!” quasi gli urlò, scuotendolo per le spalle.

“Cè un cane nella discarica sotto casa. È ferito e non riesce ad alzarsi. Volevo aiutarlo, ma mi ha ringhiato. Fuori fa un freddo terribile, e dalla spazzatura cade di tutto” le lacrime gli scendevano sulle guance, bruciandole.

Beatrice tirò un sospiro di sollievoil figlio non era fisicamente ferito, ma langoscia per il suo stato danimo tornò allistante.

“Dovè questa discarica?” chiese, già pensando a una soluzione rapida.

“In via delle Querce, sulla strada per la scuola. Andiamo, subito! Morirà di freddo!”

“Hai chiesto aiuto a qualcuno?”

“Sì” abbassò la testa. “Nessuno mi ha ascoltato. Dicevano: Non è affar tuo, Se la caverà da solo. Nessunoproprio nessunoha voluto aiutare.”

Beatrice osservò il volto straziato del figlio. Era già buio e faceva freddo, la strada era lunga.

“Ascoltami, Luca. È notte, fa troppo freddo. Adesso ti cambi, ti riposi, e domani mattina andiamo a controllare. Se il cane è ancora lì, chiamerò io i soccorsi, daccordo? Sei gelato, vai a lavarti.”

Con riluttanza, ma obbediente, il bambino iniziò a slacciarsi il giubbottole dita gli tremavano.

Il momento chiave: A volte bisogna credere nel bene e restare calmi, per sé e per chi ci ama.

“Mamma, e se non sopravvive alla notte?” chiese piano, e il dolore nella sua voce era tangibile.

“È un cane, Luca. Sono resistenti, soprattutto i randagi con tutto quel pelo. Una notte non lo ucciderà,” rispose Beatrice con sicurezza, anche se dentro era preoccupata.

Luca si avviò verso il bagno, tenendo le mani arrossate sotto lacqua calda, gli occhi chiusi. Nella sua mente rivide la scena della sera prima: la discarica buia, illuminata solo dalla torcia e dagli occhi del cane ferito. Aveva provato a tirarlo fuori con lamico Matteo, rischiando di farsi male, ma tutto ciò che aveva ottenuto era stato un ringhio rabbioso.

Ricordava come avesse supplicato il cane di avvicinarsi, ma quello era rimasto intrappolato, con una ferita sanguinante sulla zampa, circondato da immondizia e stracci.

“Sembrava così stanco e indifeso che mi si spezzava il cuore.”

Dopo mezzora passata a cercare aiuto tra gli adulti e persino gli amici, Luca aveva trovato solo indifferenza. Matteo se nera andato, e lui era rimasto al freddo, fissando quel buco dove brillavano occhi disperati.

Le lacrime si mescolavano allacqua del lavaggio, e si sentiva male per limpotenza e la durezza del mondo.

Allalba, Luca saltò giù dal letto deciso a controllare la discarica. Beatrice, che usciva per lavoro, gli augurò buona fortuna, ma il sorriso le svanì vedendo la tensione sul suo viso.

Nel condominio, lo sguardo del bambino cad

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