La suocera ci ha fatto visita e al mattino ha invaso la nostra camera da letto gridando:

Avevamo ospite per la notte mia suocera, Maria Rossi. Fin dalle prime luci dell’alba, irruppe nella nostra camera da letto gridando: «Alzati, Giulia, hai visto cosa succede in cucina?!» Balzai dal letto ancora in pigiama, il cuore che batteva all’impazzata. Corsi lungo il corridoio, infilandomi una vecchia vestaglia, annusando l’aria—forse qualcosa bruciava? O avevo lasciato il gas aperto? La mente già dipingeva un thriller: i fornelli in fiamme, una pentola esplosa, chissà quale disastro. Arrivata in cucina, ecco la scena… scarafaggi. Un’intera armata di quelle bestiacce marroni correva sul tavolo, sui piatti, sui resti della cena che non avevo avuto voglia di sparecchiare la sera prima. Mia suocera era lì, mani sui fianchi, a fissarmi come se avessi allevato quegli insetti apposta per sconvolgerla.

«Ma allora, Giulia, è così che vivete qui?» esordì, la voce acuta dall’indignazione. «Come si fa a permettere una cosa del genere? Hai figli, un marito, e la cucina sembra un pollaio!» Rimasi immobile, fulminata, senza parole. Sì, non avevo pulito, ma ero stremata dopo il lavoro. I bambini avevano strillato tutto il tempo, mio marito, Luca, aveva borbottato qualcosa sul calcio, e io sognavo solo di crollare a letto. E adesso? Proprio quella notte dovevano decidere di invadere? E soprattutto, da dove erano venuti? Non abitavamo mica in una baracca, era un appartamento decente. Beh, quasi decente.

Maria Rossi, naturalmente, non la finiva più. «Ai miei tempi,» continuò, «questo non sarebbe mai successo! Dopo cena, tutto lavato, strofinato, nemmeno una briciola lasciata in giro. E tu? Voi giovani siete pigri, sempre attaccati a quel telefono!» Annunciai, inghiottendo l’orgoglio, perché cos’altro potevo dire? Lei non era una semplice suocera, era un generale in gonnella. Per lei, l’ordine in cucina era una questione di onore. E io, a quanto pare, l’avevo delusa. Mi misi a pulire freneticamente: straccio, piatti, tavolo, tutto ciò che trovavo sotto le mani. Lei intanto mi controllava, puntuale: «Qui hai saltato una macchia! E questa padella, l’hai mai lavata per bene?» Stavo per ribattere, ma trattenni il fiato. Pensai: «Certo, Maria, tu non hai mai lasciato un piatto sporco in vita tua!» Ma tacqui, perché discutere era inutile.

Mentre combattevo contro gli scarafaggi, Luca si svegliò finalmente. Entrò in cucina, vide quello scempio e, invece di aiutare, si mise a ridere: «Allora, Giuli, hai aperto uno zoo?» Lo fulminai con uno sguardo che lo zittì all’istante, e si limitò a preparare il caffè. Mia suocera scosse la testa: «Vedi? Nemmeno tuo marito è serio. Se non lo tenessi sotto controllo, chissà come finireste!» Ecco, pensai, adesso parte la lezione su come educare gli uomini. E infatti, seduta al tavolo ormai scintillante, cominciò: «Una volta gli uomini si tenevano stretti. Voi giovani li viziate, e poi cosa ottenete? Scarafaggi e risate!»

Ascoltavo, con un solo pensiero: resistere fino a sera, quando sarebbe tornata a casa sua. Non che avessi niente contro di lei, era una brava donna, ma quei suoi attacchi… Non erano semplici scarafaggi, per lei erano la prova che ero una pessima donna di casa, moglie, e forse anche madre. E così strofinavo, lavavo, lucidavo, mentre lei trovava sempre un nuovo difetto: il cucchiaio nel posto sbagliato, il coltello mal lavato. Ma io non ero di ferro! Due figli, il lavoro, sempre di corsa, e poi quegli scarafaggi che sceglievano proprio quella notte per fare festa. E da dove venivano? Forse dai vicini? Con quelle tubature vecchie e la cantina umida, era un miracolo se non ne avevamo di più.

Alla fine, la cucina brillava come in uno spot pubblicitario. Mia suocera sembrò placarsi un po’, ma non resistette: «Devi badare alla casa, Giulia. È tua responsabilità. Se non lo fai tu, chi lo farà?» Annunciai, sorriso finto, mentre dentro urlavo: «Lasciatemi in pace!» Luca, vedendomi al limite, intervenne e portò sua madre a fare una passeggiata, dandomi un attimo di respiro. Mi sedetti al tavolo, guardando quella cucina perfetta, e mi chiesi: forse avevo davvero fallito? Forse Maria aveva ragione? Ma poi ricordai tutto quello che facevo ogni giorno—lavoro, bambini, casa—e capii: ci provavo. Non perfettamente, non come ai suoi tempi, ma ci provavo. E gli scarafaggi… beh, capita a tutti. Il giorno dopo avrei comprato le trappole. Ma con mia suocera, certe cose non si possono spiegare.

Quando Maria tornò, ero più calma. Preparammo il caffè, tagliai il pane, e riuscimmo persino a parlare civile. Mi raccontò della sua giovinezza, di come anche lei avesse lottato con la casa, e per un attimo sentii una strana vicinanza. Ma in fondo sapevo: la prossima volta che fosse venuta, avrei controllato la cucina tre volte prima di dormire. Perché un’altra mattina così, tra scarafaggi e prediche, non l’avrei sopportata.

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