La suocera ha proposto di trasferirci nel suo appartamento… ma aveva già fatto i suoi conti — Grazie mille per la proposta, davvero generosa, ma preferiamo di no. Il volto di mia suocera si è allungato. — E perché mai? Troppo orgogliosi? — No, semplicemente abbiamo creato la nostra routine. Cambiare scuola ai bambini a metà anno è uno stress e qui siamo abituati. Inoltre da voi… — Cristina ha fatto una pausa — da voi ci sono tanti ricordi, oggetti preziosi. I bambini sono piccoli, rischiano di rompere o sporcare qualcosa. Meglio evitare inutili nervosismi. Quando Cristina è rientrata dal lavoro, il marito era già nel corridoio, chiaramente l’aspettava… [continua nel racconto]

La suocera propose di trasferirsi nel suo appartamento e si vedeva benissimo dove voleva arrivare.

Grazie mille per lofferta, davvero tanto gentile. Ma preferiamo rinunciare.
La faccia della suocera, la signora Anna Maria, si allungò subito.
E perché mai? Troppo orgogliosi?
Non è questione di orgoglio. È che abbiamo messo su la nostra vita, ormai. Cambiare scuola ai bambini a metà anno è uno stress inutile. Ormai siamo abituati alla nostra zona. Abbiamo appena finito di ristrutturare, tutto nuovo.
E poi, da lei Cristina si bloccò un attimo per scegliere le parole, poi optò per la schiettezza. Da lei ci sono tanti ricordi, cose preziose.
Con i bambini piccoli, qualcosa si rompe sicuramente, si sporca e poi chi lo sente il fegato a stare in ansia tutto il giorno?

Quando Cristina tornò dallufficio, il marito aspettò paziente nellingresso. Si vedeva che la stava aspettando proprio.

Tolse le scarpe, entrò senza parole in camera, si cambiò, e poi in cucina; il marito la seguiva dietro senza dire una parola.

Cristina sbottò:
Ricominciamo ancora? Ti ho già detto: no!
Giovanni sospirò lungo.

Oggi mamma ha richiamato. Dice che la pressione è alle stelle. Che lì in campagna fatica, i nonni sono peggiorati, fanno i capricci come bambini. E lei da sola non ce la fa.

E allora? Cristina bevve un po di acqua fredda, sperando di calmare lirritazione che montava. È stata lei a scegliere la vita in campagna.
Affitta casa sua, si mette dei soldi in tasca, respira aria buona. Le è sempre piaciuto stare lì.
Le piaceva, finché aveva energia. Ora si lamenta che si annoia e che è dura. Insomma Giovanni prese fiato. Ci ha proposto di trasferirci da lei. Nel suo trilocale.

Cristina lo fissò aggrottando le sopracciglia e abbaió:
No.
Ma perché questo no secco? Non hai nemmeno ascoltato! Alzò le mani Giovanni. Guarda che il quartiere è una favola.
Quindici minuti dal tuo ufficio, venti dal mio.
La scuola di lingue è proprio di fronte. Lasilo sotto casa. Basta con il traffico!

E questa qui la affittiamo, il mutuo si paga da solo. E ci avanza pure.
Giovanni, ti rendi conto di ciò che dici? Cristina si avvicinò. Qui viviamo da due anni e mezzo.
Ho scelto personalmente dove mettere ogni presa di corrente! I nostri figli hanno gli amici nel palazzo accanto.
Finalmente siamo a casa. A casa NOSTRA!

Ma che sarà mai, il posto? Tanto torni solo per dormire! Ci mettiamo due ore a tornare dal lavoro! replicò lui. Là è una casa depoca, soffitti alti tre metri, muri spessi, non senti nemmeno i vicini.

E delle condizioni? Lultima volta hanno fatto lavori quando andavamo ancora in elementari ti sei scordato lodore? E poi, non è casa nostra. È la casa di Anna Maria.

Mamma ha detto che non si farà vedere, resta in campagna. Vuole solo sapere che la casa è in buone mani.

Cristina lanciò un sorriso amaro.

Giovanni, memoria corta come un pesciolino rosso? Ricordi quando abbiamo comprato questa casa?

Girò lo sguardo. Certo che ricordava. Hanno saltato di affitto in affitto per sette anni, risparmiando ogni centesimo.

Quando hanno racimolato lanticipo, Giovanni è andato dalla mamma: il piano era perfetto, vendere il suo grande trilocale in centro, ricomprarle qualcosa di comodo e, con quello che rimaneva, prendere un appartamentino anche loro.

Anna Maria annuiva, sorrideva: Certo, figli miei, dovete crescere, allargarvi.

Già guardavano appartamenti. Sognavano. Poi, il giorno giusto, la telefonata.

Te lo ricordi cosa disse? non mollava Cristina. Ho pensato il mio quartiere è prestigioso, i vicini raffinati. Come faccio a trasferirmi nella vostra nuova zona, tra tutti quegli sconosciuti? No, non voglio.

E così niente, corsi in banca, mutuo a tasso da usura e questa casa, cinque chilometri fuori Milano. Fatta tutta con le nostre forze.

Vabbè, si era spaventata. Letà, sai comè borbottò Giovanni. Ora è diversa. Si sente sola. Vorrebbe i nipotini vicino.

Nipoti vicini? Li vede una volta al mese, quando andiamo giù con la spesa. E dopo mezzora si lamenta che col loro casino le viene lemicrania.

Nella cucina fece irruzione Riccardo, sei anni, seguito dalla piccola Lucia, quattro anni.

Mamma, papà, abbiamo fame! gridò Riccardo. E Lucia mi ha rotto laeroplanino! Tre ore per montarlo, e lei lha rotto

Non è vero! protestò Lucia. È caduto da solo!

Cristina sospirò.

Su, lavatevi le mani. A tavola. Papà, hai fatto la pasta?
Ho fatto, brontolò Giovanni. E pure i würstel.

Mentre i bambini facevano casino con le sedie e Cristina preparava i piatti, la discussione si spense lì. La ripresero solo a notte fonda, a letto, sbuffando sotto le lenzuola.

***

Sabato toccò andare in campagna: Anna Maria aveva chiamato la mattina stessa con voce tremante, al nonno sono finite le medicine, e a me il cuore mi stringe.

Unora e mezza di viaggio. Anna Maria li accolse sulla porta. Ma a sessantatré anni era ancora un fiore: messa in piega, smalto impeccabile, foulard di seta al collo, sguardo dritto come una direttrice di orchestra.

Ah, ce lavete fatta finalmente! e si offrì per il bacio sulla guancia. Cristina, sei ingrassata? O è la camicetta?

Buongiorno anche a lei, Anna Maria. La camicetta è morbida, rispose Cristina masticando il sarcasmo.

Entrarono. In salotto stavano i genitori di Anna Maria, ormai anzianissimi, addormentati davanti alla TV.

Cristina salutò; loro sbatterono le palpebre senza staccare gli occhi dal telegiornale.

Un té? propose Anna Maria dalla cucina. Ho dei biscotti un po raffermi, ma ormai in negozio non ci vado, mi fanno male le gambe.

Abbiamo portato una torta, disse Giovanni, mettendo la scatola sul tavolo. Mamma, parliamo un attimo? Quella storia dellappartamento

Anna Maria silluminò.

Eh, Giovannino mio, non ce la faccio più. Sì, qui cè aria buona, natura, e coi nonni bisogna starci. Ma dinverno è una noia mortale. E la casa in città è lì, a marcire, con estranei dentro. Mi si stringe il cuore!

Mamma, ma gli inquilini sono una famiglia per bene, cercò di stemperare Giovanni.

Per bene?! sbuffò lei. Ho fatto un salto un mese fa, la tenda storta, lodore strano non è più casa mia.

Io dico: ma cosa vi ostinate lì, tra periferia e traffico? Venite da me, cè posto per tutti.

Cristina scambiò uno sguardo eloquente con il marito.

Ma lei, signora Anna Maria, dove vivrebbe? domandó.

Alzò le sopracciglia, stupita.

Ma qui, ovvio. Con i miei genitori. Ogni tanto torno giù in città, faccio un controllo in ambulatorio, saluto tutti i miei dottori. Magari due volte la settimana, o se il tempo è brutto resto qualche giorno. Ho la mia camera, la mia stanza. Per i bambini cè il soggiorno bello grande.

Cristina ormai fumava.

Quindi: ci trasferiamo nel suo trilocale, ma una stanza resta sua? E viviamo in quattro in due stanze?

Ma no! rise Anna Maria. Usatela pure, basta non toccare le mie cose. I libri, la cristalleria Gianni, te lo ricordi? La libreria non si deve toccare!

Giovanni si agitò sulla sedia.

Mamma, se veniamo, dobbiamo sistemare la cameretta, mettere i letti
Ma quali letti! Cè un divano ottimo, ancora quello di tuo padre. Mai buttare via i soldi!

Cristina si alzò in piedi.

Giovanni, due parole fuori?

Uscì senza aspettare risposta. Giovanni la seguì dopo pochi secondi.

Hai capito cosa ha in mente? Divano mio, la mia stanza, vengo quando mi pare Intendi cosa vuol dire?
Cri, ha solo paura

No, Giovanni! Sta solo cercando un custode gratis per la casa! Neanche larmadio potremmo spostare!
E lei arriverebbe quando vuole, col suo mazzo di chiavi, a insegnarmi come piegare le tende e cucinare il brodo!

Ma sarebbe più vicino al lavoro protestò lui, debolmente.

Chissenefrega! Preferisco il traffico, ma almeno torno in casa mia. DOVE SONO IO A DECIDERE.

Giovanni si guardò le scarpe.

E poi, continuò Cristina, braccia conserte Ti ricordi la storia della permuta? Ci ha lasciati a piedi per il prestigio del quartiere! Ora siamo il suo passatempo. Noi i suoi figli nella casa di mamma.

Proprio allora la porta si aprì e Anna Maria sbucò come un falco.

Cosa tramate lì fuori?
Cristina girò i tacchi:
Non vi daremo fastidio. Non ci trasferiamo.

Sciocchezze! sbottò la suocera. Giovanni, ma parli tua moglie per te? Tu non dici niente?
Alzò la testa Giovanni:
Mamma, Cristina ha ragione. Noi restiamo dove siamo. Quella è casa nostra.

Le labbra di Anna Maria si strinsero. Aveva capito di aver perso, ma figurarsi se lo ammetteva.

Peggio per voi. Io volevo solo aiutare. Chi ve lo fa fare, tra traffico e sbattimenti Poi non lamentatevi eh.

Non ci lamenteremo, assicurò Giovanni. Andiamo mamma, hai bisogno di altre medicine?
Niente, grazie. Non mi occorre nulla disse lei e se ne tornò in casa sbattendo la porta.

Il viaggio di ritorno fu silenzioso. Il traffico verso Milano si era sciolto, ma il navigatore segnava già rosso davanti a casa loro.

Sei arrabbiato? chiese Cristina mentre erano fermi al semaforo.

Giovanni scosse la testa.
No. Ho solo visualizzato Riccardo che salta sul divano di papà e mamma che chiama lambulanza per lo spavento. Avevi ragione tu. Era una pessima idea.

Non è che non voglio aiutare, Giovanni, disse dolcemente lei, appoggiandogli una mano sul ginocchio. La spesa e le medicine le portiamo, una badante se serve la troviamo. Ma a casa nostra ci restiamo.

Le distanze mantengono buoni rapporti.

Soprattutto con mia madre, borbottò lui.

***
Ovviamente il broncio, Anna Maria, se lo tenne. Aveva già mandato via gli inquilini convinta che figlio e nuora si trasferissero nel suo regno.

Per quasi un mese tempestò Giovanni di telefonate. Giovanni resse il colpo scoprendo che, a volte, è più facile dire “no” di quanto si pensi. Soprattutto quando si tratta di sopravvivenza familiare e di nervi saldi.

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La suocera ha proposto di trasferirci nel suo appartamento… ma aveva già fatto i suoi conti — Grazie mille per la proposta, davvero generosa, ma preferiamo di no. Il volto di mia suocera si è allungato. — E perché mai? Troppo orgogliosi? — No, semplicemente abbiamo creato la nostra routine. Cambiare scuola ai bambini a metà anno è uno stress e qui siamo abituati. Inoltre da voi… — Cristina ha fatto una pausa — da voi ci sono tanti ricordi, oggetti preziosi. I bambini sono piccoli, rischiano di rompere o sporcare qualcosa. Meglio evitare inutili nervosismi. Quando Cristina è rientrata dal lavoro, il marito era già nel corridoio, chiaramente l’aspettava… [continua nel racconto]