La suocera mi ha costretto a rinunciare a una parte.

Nella cucina della vecchia casa di Milano, il sole pomeridiano filtrava attraverso le tende di pizzo quando le parole della suocera colpirono Beatrice come un coltello.

“Rinunciare alla tua parte? Che vuol dire?” La voce di Beatrice tremava. “Signora Rosaria, ma è l’eredità di mio marito!”

“Di mio figlio,” tagliò corto la donna, raddrizzandosi con tutta la sua statura. “Non tua. Tu qui sei nessuno, di passaggio. Sandro è mio, non tuo.”

“Di passaggio?” Beatrice sentì un’ondata di calore salirle dal cuore alla gola. “Siamo marito e moglie! Otto anni insieme!”

“Otto anni non sono niente,” Rosaria sogghignò. “Il mio primo matrimonio durò ventitré anni. Poi ci lasciammo. Quindi non fare la moglie eterna.”

Beatrice rimase immobile, incapace di credere a ciò che stava accadendo. Mezz’ora prima preparava il minestrone per la famiglia, pensando che finalmente avrebbero discusso della divisione dell’appartamento dopo la morte del suocero. E ora questo.

“Signora Rosaria, parliamone con calma,” provò a dire, trattenendo le lacrime. “Il signor Vittorio lasciò l’appartamento a Sandro. Per legge, metà è anche mia, come moglie.”

“Non ti spetta niente!” la suocera alzò la voce. “Mio marito ottenne questo appartamento nel ’75. Io ci ho vissuto per quarant’anni! Ho cresciuto i miei figli, ho accudito i nipoti! E tu chi sei? Arrivata da quel paesino, hai stregato Sandro e ora pretendi diritti!”

“Non vengo da un paesino, sono di Firenze,” replicò Beatrice a denti stretti. “E non ho stregato nessuno. Io e Sandro ci amiamo.”

“Amore,” sbuffò Rosaria. “Alla tua età che amore? Hai trentotto anni, l’orologio biologico avanza. Ti serve solo la residenza a Milano, ecco tutto.”

In quel momento Sandro entrò in cucina con le borse della spesa. Vedendo le facce accaldate, si irrigidì.

“Che succede?” chiese, posando i sacchetti sul tavolo.

“Tua madre vuole che rinunci alla mia parte dell’appartamento,” disse Beatrice, cercando di restare calma.

Sandro guardò la madre, poi la moglie.

“Mamma, non avevamo detto che avremmo vissuto tutti insieme? Perché queste discussioni?”

“Sandro,” Rosaria cambiò tono, diventando mellifluo, “penso al tuo futuro. Non si sa mai. Se vi lasciate, si porterà via metà casa.”

“Mamma, basta. Non abbiamo intenzione di separarci.”

“Non avete intenzione,” lo imitò la suocera. “E chi lo fa apposta? Neanch’io volevo lasciarmi con tuo padre, eppure… La vita è imprevedibile.”

Beatrice osservò la scena in silenzio. Sandro sembrava perso, muovendosi da un piede all’altro come un ragazzino rimproverato.

“Mamma, ma perché così?” disse alla fine. “Bea è famiglia.”

“Famiglia,” ripeté Rosaria. “E i bambini dove sono? Otto anni insieme e niente figli. Forse non può averne?”

Beatrice sentì le guance bruciare. Quel tema era una ferita aperta. Con Sandro avevano provato, fatto esami, preso medicine, ma nulla.

“Signora Rosaria, è una questione privata,” sibilò.

“Privata,” scrollò la testa la suocera. “Sposa una che non può dare nipoti, e io dovrei tacere? Ho settant’anni, quanto devo aspettare?”

“Mamma, fermati!” Sandro alzò la voce. “È volgare.”

“Volgare dire la verità?” Rosaria si sedette, estraendo un fazzoletto. “Non è colpa mia se ha problemi. Magari un dottore le direbbe di lasciarti e trovarsi uno più semplice.”

Beatrice non resistette.

“Basta, me ne vado,” disse, slacciando il grembiule.

Nella camera da letto, riempì una borsa con le mani tremanti. Sandro la seguì.

“Bea, aspetta! Non badare a lei, è solo agitata.”

“Agitata?” Si voltò. “Mi chiede di rinunciare alla mia parte! Come se fossi un’avventuriera che vuole derubarvi!”

“Non chiede, suggerisce…”

“Suggerisce? Hai sentito come ‘suggerisce’? Praticamente mi caccia!”

Sandro si sedé sul letto, massaggiandosi le tempie.

“È che ha paura di rimanere senza casa. Qui ci ha vissuto tutta la vita.”

“E io la caccio? Ho detto che vivremo tutti insieme! L’appartamento è grande, c’è spazio.”

“Lo so. Ma non si fida dei documenti. Pensa che, se ci lasciamo, lei ci rimetterà.”

Beatrice lo fissò.

“Sandro, dimmi la verità. Da che parte stai?”

“Dalla tua. Sei mia moglie.”

“Allora perché non mi hai difesa? Perché hai permesso che mi insultasse?”

Il silenzio di lui fu la risposta.

“Vado da Sofia per qualche giorno,” disse, chiudendo la borsa. “Devo pensare.”

“Non farlo! Resta, ne parliamo.”

“Di cosa? Di come rinunciare alla mia parte? O di andarmene per far contenta tua madre?”

Uscendo, incrociò Rosaria in ingresso.

“Te ne vai?” chiese la suocera, soddisfatta. “Brava. Così ti chiarisci le idee.”

“Signora Rosaria, voglio che capisca una cosa: non voglio la sua casa. Ma ho bisogno di sapere che questo è anche il mio rifugio, che non mi caccerà alla prima lite.”

“La casa ce l’hai. A Firenze.”

“Là ormai vivono estranei.”

“Allora cercatene un’altra.”

Fuori, Beatrice pianse a lungo sulla tromba delle scale. Otto anni di matrimonio, di sforzi per essere una brava moglie e nuora. E ora questo.

L’amica Sofia l’accolse stupita.

“Bea, che è successo? Sembri uscita da un bombardamento.”

“Peggio,” sospirò. “Posso restare qui?”

“Certo! Racconta.”

Al té, Beatrice ripercorse la storia. Sofia ascoltò, scuotendo la testa.

“Te l’avevo detto, no? Ricordi quando ti lamentavi degli accenni all’età e alla mancanza di figli?”

“Sì.”

“Non era a caso. Voleva preparare il terreno. Mostrare che non eri la moglie ‘giusta’ per suo figlio.”

“Perché? Che male le ho fatto?”

“Sei entrata nella loro vita. Hai reclamato l’attenzione di Sandro. E lei era abituata a essere la donna principale.”

Sofia versò altro té.

“Senti… e se avesse ragione? Forse dovresti davvero rinunciare.”

“Sophia!”

“Aspetta. Sandro non ha il coraggio di opporsi. È vissuto sotto la sua ala. Pensi che, a quarant’anni, cambi?”

“Ma è ingiusto! Sono sua moglie! Per legge ho diritto a metà dei beni!”

“Per legge sì. Ma nella pratica, resterai senza marito e senza casa. Se insisti, Rosaria troverà il modo di farvi lasciare.”

“Come?”

“Facile. Gli parlerà ogni giorno di come sei interessata, che ti sei sposata per l’appartamento. Che una moglie che lo ama davvero non pretenderebbe l’eredità. Credi che resisterà a lungo?”

Beatrice tacque. L’amica aveva ragione. Sandro non era il tipo da resistere alle pressioni.

“Allora che faccio? Rinuncio e vivo per grazia della suocera?”

“Oppure… rinunci con condizioni,” suggerì Sofia.

“Quali?”

“Beatrice prese un respiro profondo, decisa a trovare un compromesso che salvasse il suo matrimonio senza annullare del tutto la sua dignità, mentre fuori il tramonto tingeva di oro le strade di Milano, promettendo, forse, un nuovo inizio.

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