Ah, che storia… allora, te la racconto come se fossimo al bar a prendere un caffè.
La mia suocera, questa qui, per poco non ammazzava mio figlio con i suoi “metodi” da mammina premurosa. E mio marito? Solo una scrollata di spalle…
Non so come spiegarlo a Valentina, mia suocera, ma lei sembra proprio non capire che il suo “affetto” e quella medicina fatta in casa rischiano di costare la vita a mio figlio. Sì, in teoria abbiamo lo stesso obiettivo: crescere un bambino sano e felice. Però i suoi metodi stanno trasformando la mia vita in un incubo, e mio figlio in un cavia da laboratorio.
Tutto è cominciato quando Matteo ha iniziato l’asilo. Compiuti appena tre anni, come succede, ha cominciato a ammalarsi ogni settimana. Due giorni al nido e via: febbre, raffreddore, tosse, varicella… Io sono tornata al lavoro dopo la maternità, in un’assicurazione, e lì non fanno sconti. Se ti ammali, è un problema tuo. Così ho chiesto aiuto a mia suocera. Abita vicino, è in pensione, e ha accettato volentieri.
Ma presto ho capito che Valentina di medicina non capisce un accidente, anche se è convinta di sapere tutto. Ha iniziato a “curare” Matteo a modo suo: sciroppini, goccioline, pastiglie – tutto grazie ai consigli della vicina o di qualche trasmissione tv. Io lasciavo sempre le indicazioni scritte: cosa dare, quando e in che dose. Ma lei faceva finta di niente. E io tacevo. Perché non potevo lasciare mio figlio da solo, e non avevo nessun altro a cui chiedere.
Ho taciuto finché un giorno Matteo non ha iniziato a soffocare. Sono tornata prima dal lavoro – intuizione, destino, non lo so. Aveva il viso gonfio, gli occhi lucidi, le labbra blu. Ho capito subito: era allergia. Ho trovato in frigo una fiala di desametasone che tenevo per emergenze, gli ho fatto l’iniezione. Mezz’ora dopo, ha ricominciato a respirare.
Ero fuori di me. Poi ho aperto l’armadietto dei medicinali di mia suocera e ho capito tutto. Gli aveva dato sciroppo per la tosse, gocce “per le difese immunitarie” e delle pastiglie colorate che “la vicina del sesto piano le aveva consigliato”. Quelle maledette gocce erano la causa della reazione brutta.
Non ho potuto più stare zitta.
“Valentina, per favore, non dargli niente che non abbia approvato io. Lascio tutto scritto, dosi, orari… poteva morire!”
“Maria, ma che dici… volevo solo che guarisse in fretta! Era solo un po’ di tosse e raffreddore, un po’ di sciroppo, qualche goccia…”
“Quelle gocce potevano ucciderlo! Perché non hai chiamato l’ambulanza?!”
“Ma l’ambulanza… e se era un falso allarme? Poi sei arrivata tu, tutto bene no? Chi è mai morto per un po’ d’amore?…”
In quel momento è arrivato mio marito.
“Che casino c’è qui?”
E la suocera, con quell’aria offesa:
“Tua moglie dice che sto male con Matteo. Forse ora se lo tiene da sola.”
“Maria, che è sta storia?” ha detto Andrea. “Mamma ci aiuta: cucina, guarda il bambino… perché la rimproveri?”
“Tu sai che per colpa sua Matteo è quasi morto? Che gli ha dato roba che gli ha scatenato un’allergia pazzesca? Se arrivavo più tardi, non lo salvavamo.”
“Dai, è andata bene! Mamma non darà più medicine, vero, mamma?”
“Certo. Volevo solo il meglio…”
E poi lui, secco:
“Basta così, andiamo a cena, ho fame.”
Avrei voluto urlare. Ma ho taciuto. Quando Valentina è andata via, ho provato a parlare con Andrea.
“Hai capito cosa è successo? Hai visto in che stato era tuo figlio?”
“L’ho visto. Ma mamma ha promesso che non lo farà più.”
“Promesso… e domani che mi dà chissà cosa?”
“Lo sai che vuole bene a Matteo. Che devo fare? Assumere una tata?”
“Sì!”
“Quindi non ti fidi di mia madre, ma di una sconosciuta sì?”
“Dopo quello che ho visto, sì. Perché una tata almeno non farà esperimenti coi farmaci. Inizierò a cercare. E se tu avessi visto come soffocava, mi capiresti.”
Quella notte non ho dormito. Continuavo a immaginare Matteo che diventava blu, mentre io ero bloccata da qualche parte e lui, solo, con la “premurosa” nonna e una manciata di pastiglie.
La mattina ho aperto il computer e ho iniziato a cercare una tata. Forse sarà una sconosciuta, ma almeno potrò insegnarle a rispettare le indicazioni. Soprattutto, non mi nasconderà cosa dà a mio figlio.
Forse mia suocera voleva il meglio. Ma spesso la strada per la terapia intensiva è lastricata di buone intenzioni…