La vergogna che non svanisce col tempo

Fiorella Rossi asciuga la polvere dalla cornice della foto che la ritrae giovane in camice bianco, sorridente tra i colleghi. Allora si sentiva piena di speranze, convinta che la vita le riservasse una brillante carriera di medico capace di salvare vite e ricevere gratitudine.

“Mamma, ci siamo di nuovo?” La voce della figlia arriva dal corridoio. “Perché non togli quelle foto? Perché torturarti così?”

“Non sono affari tuoi, Ginevra.” Fiorella borbotta, ma le mani le tremano ugualmente. “Vai piuttosto a lavare i piatti.”

Ginevra entra in soggiorno e si siede sul divano accanto alla madre. “Mamma, basta così. Sono passati trent’anni. Sei l’unica a ricordare quel giorno.”

“Davvero nessuno ricorda?” Fiorella fa un riso amaro. “Zita Rinaldi si ricorda. Ieri al supermercato ha fatto finta di non vedermi, ha girato distrattamente la borsa.”

“Magari non ti ha riconosciuto! O aveva dimenticato gli occhiali. Smettila di tormentarti!”

Fiorella riposa la cornice e si volta verso la finestra. Fuori cade una pioggerellina sottile, grigia come il suo umore. Una volta amava la pioggia, diceva che lavava via le brutture del mondo…

Tutto iniziò trent’anni fa, quando lavorava come medico di base all’ambulatorio di Certaldo. Giovane e piena d’energia, dedicava dodici ore al giorno ai pazienti. I colleghi la stimavano, gli anziani la adoravano, la dottoressa Bianchi la considerava un esempio.

Quel giorno venne alla visita Antonia De Luca, una signora anziana che spesso lamentava dolori al cuore. Fiorella conosceva bene la sua solitudine: senza figli, il medico era la sua unica compagnia.

“Dottoressa, tesoro,” si lamentava Antonia sedendosi, “il cuore mi scoppia. Non ho chiuso occhio tutta la notte, credevo di morire.”

“Lasci che controlli.” Fiorella appoggia lo stetoscopio sul petto. Il battito è regolare, nessun anomalia. “Antonia, è tutto nella norma. Forse è solo ansia?”

“Macché! Un dolore lancinante, come un pugnale!” La donna si stringe il petto. “Potrebbe farmi un’iniezione? O mandarmi in ospedale? Ho tanta paura di restare sola a casa!”

Fuori dalla stanza si accumulano i pazienti dell’appuntamento successivo, il tempo stringe, e a casa l’aspetta il figlioletto con la febbre. Fiorella si stropiccia le tempie.

“L’ho visitata con attenzione. Cuore e pressione sono stabili. Prenda un po’ di valeriana e riposi. Se peggiora, chiami subito l’ambulanza.”

“Ma dottoressa—”

“Mi scusi, ho altri pazienti. Arrivederci.”

L’anziana si alza lentamente, uno sguardo implorante verso il medico che già chiama il prossimo malato. Antonia sospira e si trascina verso l’uscita.

Fiorella dimentica quell’incontro. A casa è occupata col bambino malato, il marito è bloccato al lavoro. Il giorno dopo, solito viavai di visite, scartoffie e urgenze.

L’indomani mattina squilla il telefono: è il 118.

“Dottoressa Rossi? Ieri ha visitato Antonia De Luca? Ha avuto un infarto massivo. Non siamo riusciti a portarla viva in ospedale.”

La cornetta le sfugge dalle mani. La stanza le gira davanti agli occhi. Non è possibile. Il cuore batteva regolarmente…

“Mamma, cosa succede?” Chiede la piccola Ginevra spaventata, interrompendo di giocare con le bambole.

“Nulla, cara, nulla.” Fiorella mormora, ma lacrime calde le rigano le guance.

La notizia si sparge in paese a velocità fulminea. La dottoressa Bianchi la convoca nel suo ufficio. “Cosa è successo con la De Luca?”

“Dot.ssa Bianchi, l’ho visitata, tutto sembrava nella norma! Solo i tipici acciacchi dell’età…”

“I parenti hanno sporto denuncia all’ASL. Dicono che si sia rifiutata di ricoverarla.”

“Quali parenti? Era sola al mondo!”

“A quanto pare c’è una nipote a Firenze. Impiegata in procura.” La caporeparto sospira. “So che sei un bravo medico, ma è una faccenda seria.”

L’inchiesta dura mesi. Fiorella deve giustificare ogni cosa a commissioni inquisitrici. All’inizio i colleghi la sostengono, poi cominciano a evitarla. Si spargono pettegolezzi nei corridoi.

“Hanno sentito? Potrebbero revocarle l’abilitazione,” dice l’infermiera Lara Ponti. “Dicono che abbia cacciato la poveretta dallo studio.”

“Non credere a tutto,” reagisce una collega. “Fiorella è sempre stata meticolosa!”

“Zita Rinaldi era in sala d’attesa. Ha sentito Antonia implorare una flebo, e Fiorella rifiutarsi.”

Le voci si arricchiscono di dettagli sinistri. Dicono che visitasse ubriaca, che offendesse i pazienti, che ignorasse i sintomi. La verità annega in un mare di maldicenze.

Il marito cerca di sostenerla, ma la vede sgretolarsi. Fiorella non dorme
E ogni mattina, guardando quella fotografia ingiallita mentre la pioggia sferza la finestra, Fiorella sente ancora il morso di quel rimorso che mai l’ha abbandonata.

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