La verità al forno: come un pesce ha cambiato una famiglia

La verità al forno: come un merluzzo ha ribaltato la famiglia

Marco tornò a casa dal lavoro, stanco ma contento. Dalla cucina si spandeva un profumo delizioso. Sbirciò dentro, strofinandosi le mani:

— Mmm, che buon profumo! Cosa stai cucinando, Giulia?

— Ho deciso di fare il pesce al forno — rispose lei tranquilla.

Ma prima che potesse chiedere quali spezie avesse usato, da una stanza lontana arrivarono strani rumori. Marco si irrigidì:

— Sono i vicini che fanno di nuovo casino?

— No, non sono i vicini. Nella stanza in fondo c’è una sorpresa per te — disse Giulia con un sorriso enigmatico.

— Che sorpresa? — si stupì lui.

— Vai a vedere.

Marco percorse lentamente il corridoio, aprì la porta con cautela e si bloccò. Sulla poltrona, come se niente fosse, era seduta sua madre — Maria Bianchi.

Era comparsa davanti alla porta senza preavviso. Giulia, pensando fosse una consegna, aveva aperto subito.

— Maria, buongiorno. Perché non ci ha avvisati? Poteva non trovarci a casa…

— Marco lavora e tu stai a casa. Ci arrivo da sola, mica sono invalida. Dov’è la mia camera?

— Intanto accomodiamoci qui, poi vediamo.

— Avete tre stanze e non puoi decidere subito? E come mai lui non sapeva nulla?

— Nemmeno lui era informato. Non gliel’ha detto?

— E perché avrei dovuto? Non sono in visita. Da oggi vivo con voi.

Giulia trattenne un sospiro, anche se sentiva tutto stringersi dentro di sé. Doveva finire il lavoro e chiese alla suocera di aspettare un attimo. La donna la squadrò con sufficienza, aggiungendo:

— Il frigo è vuoto…

— Sta arrivando la spesa a domicilio.

Quando il fattorino consegnò i sacchetti, Giulia preparò in fretta un pasto semplice: affettò formaggio, salame e pane, mise su l’acqua per il tè.

— Vuole che le prepari qualcos’altro? Una minestra, delle frittelle?

— Non scomodarti. Se mi serve, so cucinare da sola.

Giulia annuì e se ne andò. Mezz’ora dopo, finito il lavoro, tornò in cucina e scoprì che la suocera si era “installata” nella stanza accanto al bagno — quella dove Marco passava le notti davanti al computer. Maria aveva già commentato:

— Che disordine, che sporcizia, i piatti sporchi. Almeno lui li lava?

— Lavora e si riposa qui.

— Lavora? Ha solo i suoi giochini qui. Tu stai a casa, ordini la spesa su internet. E lui, poveretto, deve sgobbare giorno e notte.

Giulia rimase in silenzio, trattenendosi. Troppa amarezza, ma non era il momento. Ricordò una recente chiacchierata con sua madre, quando si era lamentata del marito e delle sue passioni:

— Almeno non è fuori a divertirsi. Gioca in silenzio — aveva consolato sua madre.

— E quando arriveranno i bambini?

— Non ha avuto abbastanza giochi da piccolo…

Ed era vero. Tutti i soldi che Maria gli aveva dato per la casa, Marco li aveva spesi in costosissimi gadget. “Il sogno di una vita”, aveva detto. Eppure, l’appartamento era intestato a Giulia, grazie al contributo dei suoi genitori.

Dopo pranzo, Maria si addormentò nella sua “nuova” camera. Marco tornò dal lavoro, sentì i russamenti e si incuriosì:

— Ma sono i vicini?

— No, è tua madre. Entra, parlale.

La suocera si svegliò proprio allora. Senza preamboli, subito al sodo:

— Ora sono in pensione. Viaggerò, e tra un viaggio e l’altro starò qui. Vendo casa mia, i soldi li ho dati a te. Quindi anche qui ho diritto al mio spazio.

— Mamma, dici sul serio? Volevamo usare questa stanza per i bambini. Giulia non sarà d’accordo.

— Allora ridammi i soldi. Sarebbe giusto.

— Ti faccio già un bonifico ogni mese. Abbiamo una famiglia.

— Famiglia? Giulia sta a casa. Lavori solo tu. Portatemi i documenti. Spero siano in regola?

Giulia uscì in silenzio e tornò con una cartella.

— Ecco i documenti. La casa è intestata a me. I soldi li hanno messi i miei genitori.

— E i miei?

— Spesi. Su tuo figlio prediletto. Per la sua “infanzia”.

Marco si alzò, colpevole:

— Scusa, mamma. Ma allora era il mio sogno. Ora ne ho abbastanza. Non voglio più giocare.

— Ah sì? — esplose Giulia. — Se non smetti, chiedo il divorzio. E tornerai da tua madre, con i tuoi giochini.

— Giulia, no! Venderò tutto. Promesso. Andiamo a cena. Stasera niente computer.

A tavola, la suocera rimase in silenzio, accigliata.

— Quindi io non conto nulla? Pensavo di essere la padrona di casa.

— Lei è la madre di mio marito. Ma questa è la nostra famiglia. E non farò tutto come vuole lei.

— Marco, sei sotto la gonna di tua moglie!

— Meglio sotto la gonna della donna che amo che sotto il controllo di mia madre. Hai deciso tutto per me tutta la vita. Basta. Sono cresciuto.

Maria si alzò in silenzio, prese la borsa:

— Chiamami un taxi. Me ne vado. Ma un giorno ti pentirai…

Marco accompagnò sua madre alla macchina senza parlare. Tornato, si sedette a tavola:

— Mangio pesce e carne. Tutto insieme. Ho una fame da lupi.

— E riguardo ai giochi… dici davvero?

— Sì. Venderò tutto. Ci serviranno per i bambini. Ora sono pronto. Con mia madre… ci penseremo. L’importante è che tu resti con me.

Giulia sorrise. E dentro di sé sentì che quel “frutto proibito” era finalmente maturato.

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