Giorgia si bloccò sulla soglia di casa, chiavi strette in mano. Dalla loro abitazione provenivano dei rumori, fruscii e bisbigli indistinti. Luca era al lavoro, e lei era tornata prima del solito, decisa a concedersi un pomeriggio di riposo dopo una settimana estenuante. Ma ora il cuore le batteva allimpazzata. Ladri? Aprì la porta con cautela e udì una voce familiare:
«Oh, Giorgia, Luca, che disordine che fate! Polvere sul davanzale, tende stropicciate! Dovreste assumere una donna delle pulizie, questa non è una casa, è un porcile!»
Nel corridoio, con una scopa in mano, cera zia Rosa, la loro vicina di casa. Giorgia rimase senza parole.
«Zia Rosa? Come ha fatto a entrare?» La sua voce tremava tra incredulità e fastidio.
«Ma figurati, cara, sono qui da buona vicina!» Zia Rosa sorrise radiosa, come se fosse normale trovarsi nellappartamento altrui. «Ho visto la porta socchiusa e ho pensato di controllare che tutto fosse a posto. E invece che casino! Allora mi sono messa a pulire.»
«La porta era chiusa a chiave,» ribatté Giorgia, gelida, stringendo la borsa. «Ne sono certa.»
«Ma va, chiusa o no,» fece zia Rosa agitando una mano come per scacciare una mosca. «Qui siamo tutti di casa, di che aver paura? Limportante è che ci sia io e non qualche teppista!»
Giorgia non seppe cosa rispondere. La loro nuova casa, il primo appartamento comprato con Luca, allimprovviso le sembrò straniera. Mormorò un grazie di circostanza e accompagnò la vicina fuori, ma dentro di lei ribolliva lindignazione. Da dove aveva zia Rosa le chiavi? E perché si comportava come se avesse il diritto di entrare?
Tutto era iniziato sei mesi prima, quando Giorgia e Luca, una giovane coppia, si erano trasferiti in un vecchio ma accogliente palazzo alla periferia di Milano. Lappartamento era il loro orgoglio: tre anni di risparmi per la caparra, un mutuo, rinunce su tutto, dal caffè al bar alle vacanze. Quando finalmente avevano avuto le chiavi, Giorgia aveva quasi pianto dalla felicità, e Luca, solitamente controllato, laveva fatta volteggiare per la stanza vuota ridendo.
«Questa è casa nostra, Giorgia! Nostra!» le aveva detto, gli occhi pieni di luce.
Avevano arredato poco a poco: un divano, tende chiare, un vaso di ficus sul davanzale. Ma ciò che li rendeva più felici erano i piccoli gesti quotidiani: il caffè nella cucina minuscola, i film la sera sotto la coperta, i progetti per la ristrutturazione.
Il secondo giorno dopo il trasloco, qualcuno suonò alla porta. Sulla soglia cera una donna minuta sui sessantanni, capelli ordinati e un cestino tra le mani.
«Buongiorno, giovani! Sono Rosa Ferrara, la vostra vicina del terzo piano. Zia Rosa, se preferite,» sorrise così calorosamente che Giorgia ricambiò senza volerlo. «Vi ho portato dei biscotti fatti in casa. Da buoni vicini!»
«Grazie mille!» Giorgia accettò il cestino, imbarazzata. «Vuole entrare per un caffè?»
«No, no, solo un saluto,» zia Rosa entrò, curiosando in giro. «Che appartamento interessante! Solo, le pareti andrebbero ridipinte, queste tappezzerie sono vecchiotte. E la cucina è un po stretta, no?»
Giorgia si sentì a disagio ma annuì educata. Luca, preparando il caffè, aggiunse:
«Pianifichiamo dei lavori, ma per ora il budget è limitato. Faremo poco alla volta.»
«Bravi, così si fa!» Zia Rosa diede una pacca sulla spalla a Giorgia. «Se avete bisogno, chiedete pure, conosco tutti qui e posso consigliarvi dove comprare la carta da parati a buon prezzo.»
I biscotti erano buoni, e zia Rosa chiacchierona. Raccontò dei vicini, di come avessero costruito il palazzo ai suoi tempi, e diede persino consigli su come convincere il portinaio a spalare la neve prima. Giorgia e Luca si scambiarono unocchiata: sembrava avessero trovato unalleata nel nuovo condominio.
Ma presto zia Rosa cominciò a presentarsi troppo spesso: per un saluto, per portare altri biscotti, per «controllare le tubature» perché «in questo palazzo sono vecchie, possono rompersi». Giorgia, educata al rispetto per gli anziani, cercava di essere paziente, ma i commenti della vicina la irritavano sempre più.
Una volta zia Rosa si presentò mentre Giorgia e Luca pitturavano il soggiorno.
«Oh, Giorgia, perché hai scelto questo colore?» disse la vicina, torcendo il naso davanti alla lattina di vernice azzurra. «È troppo freddo! Avreste dovuto prendere un pesca, più caldo. E il rullo non è adatto, lascerà delle strisce.»
«Ci piace lazzurro,» rispose Giorgia, stringendo il pennello. «È il nostro stile.»
«Stile o no,» borbottò zia Rosa. «Io vivo qui da quarantanni, so come vanno le cose. Ascoltatemi, ridipinte prima che sia troppo tardi.»
Luca, asciugandosi le mani, intervenne:
«Zia Rosa, grazie del consiglio, ma abbiamo già deciso. Vuole un caffè?»
La vicina fece una smorfia ma accettò. A tavola, rivelò che la signora del quinto piano si lamentava del rumore del loro restauro e che il portinaio criticava la loro raccolta differenziata. Giorgia sentì montare la rabbia. Cercavano di essere corretti, e ora li giudicavano alle spalle?
«Forse stiamo sbagliando qualcosa?» sussurrò a Luca quella sera. «Non voglio litigare con i vicini.»
«Giorgia, non diamo fastidio a nessuno,» la strinse Luca. «Zia Rosa ama ficcare il naso dove non deve. Limitiamoci a ignorarla.»
Ma la vicina non si arrendeva. Aspettava Giorgia allingresso per chiederle del lavoro, dello stipendio, dei progetti di famiglia. Un giorno Giorgia tornò a casa e trovò la cassetta delle lettere aperta, con le bollette ordinate sulla panca.
«Zia Rosa, ha preso la nostra posta?» chiese Giorgia, incontrandola in cortile.
«Ma volevo solo aiutare!» esclamò la donna. «Vedendo la cassetta piena, ho pensato di sistemarla, altrimenti potevate perdere qualcosa. Oh, Giorgia, quanto pagate di luce? Io pago meno, posso spiegarvi come regolare il contatore.»
Giorgia arrossì. Mormorò qualcosa e se ne andò, ma i sospetti crebbero. Perché zia Rosa si interessava così tanto alla loro vita? E come trovava il tempo per occuparsi degli affari altrui?
I dubbi aumentarono quando un uomo in un completo scadente si presentò come agente immobiliare. Insistette perché vendessero lappartamento, sostenendo che «il palazzo è vecchio e presto cadrà a pezzi». Giorgia rifiutò, ma luomo lasciò un biglietto e aggiunse:
«Pensateci, queste case non durano. A proposito, Rosa vi ha parlato molto bene, ha detto che siete brave persone.»
«Zia Rosa?» chiese Giorgia, accigliata. «Che centra lei?»
«È stata lei a mandarmi,» sorrise luomo. «Mi ha detto che forse cambierete idea se vi offro un buon prezzo.»
Giorgia sbatté la porta





