Molti anni fa, in una villetta alle porte di Verona, Renzo si avvicinava al cancello con una sconosciuta al braccio.
«Renzo, buongiorno!» lo chiamò la vicina, Margherita Esposito, affacciandosi dalla siepe. «E questa chi è?»
«Salve, signora Esposito!» sorrise Renzo. «Ho deciso di sposarmi. Ecco la futura padrona di casa, Beatrice.»
Beatrice lavorava nell’orto senza sosta, e Renzo non stava certo con le mani in mano. Un giorno, mentre lui era in città, Margherita Esposito si affacciò di nuovo.
«Allora, sposa-vicina, vuoi venire a prendere un caffè?» chiese con un sorriso furbo.
«Volentieri,» annuì Beatrice.
Trascorse quasi due ore dalla vicina e tornò a casa poco prima del rientro di Renzo.
«Perché sei così pensierosa?» notò lui.
Beatrice si limitò a sorridere. Ormai conosceva tutta la verità.
Le settimane passarono, e l’orto fiorì: pomodori, carote, fragole. Ma l’umore di Renzo cambiò. Iniziò a criticare Beatrice per sciocchezze, e più non parlò di nozze.
«Perché non hai chiuso la serra?» borbottò una mattina.
«Renzo, di notte fa caldo, il raccolto si rovina!» cercò di spiegare.
«Tu mi vuoi insegnare?» sbottò. «Come se avessi sempre avuto un orto! A parte il basilico sul davanzale, non hai visto niente in vita tua!»
«Non è giusto,» si offese Beatrice. «Mia nonna aveva un podere, so come funziona. Se vuoi, non tocco più nulla.»
«Va bene, va bene,» si calmò Renzo. «Ma consultami. A proposito, sai fare le conserve? È ora di raccogliere la frutta.»
Beatrice annuì, pensando: «Eccoci.» Mentre preparava le marmellate, Renzo era tutto gentilezza. Ma appena i barattoli furono in dispensa, le critiche ripresero. Beatrice già pensava a come portare via parte del raccolto.
«Renzo, che succede?» chiese direttamente.
Stava per rispondere male quando squillò il telefono. Afferrò l’apparecchio, e il suo viso mutò: sorpresa, poi paura.
«Che c’è?» domandò Beatrice.
«Mi stanno rubando i soldi dal conto!» borbottò, sfogliando freneticamente i messaggi. «La banca chiama, devo cambiare il codice.»
«Renzo, sono truffatori!» lo avvertì. «Non dire il codice, perderai tutto!»
«E tu che ne sai?» rispose con sarcasmo. «Sai sempre tutto, vero?»
«Ti avverto, non dargli il codice,» insisté.
«Non immischiarti!» urlò. «Vai a raccogliere i pomodori.»
Beatrice scrollò le spalle e si allontanò. Sentì lui dettare il codice e scosse la testa. Un minuto dopo, una bestemmia echeggiò dalla casa:
«Truffatori!»
Renzo era paonazzo, ansimante.
«Lo sapevi!» urlò. «Eri d’accordo con loro! Mi hanno svuotato i conti! Stavo risparmiando per l’auto!»
«Ti avevo avvertito,» rispose fredda. «Ma hai deciso che sono stupida.»
«Non è tutto! Hanno fatto un prestito a mio nome!» gemette. «Dove trovo quei soldi?»
«Quanto ti serve?» chiese.
Renzo nominò la cifra. Per Beatrice era sostenibile, ma regalarglieli non era nei piani. Ricordando le parole di Margherita Esposito, ebbe un’idea.
«Posso darti i soldi,» disse calma. «Ma mi venderai la villetta per quella somma.»
«Sei pazza?» sbottò. «Vale il triplo!»
«Buona fortuna,» fece spallucce. «Quando troverai un compratore, gli interessi cresceranno, e la banca prenderà casa e appartamento.»
Bluffava, ma le parole della vicina le risuonavano in testa: «Sei una brava ragazza, Beatrice. Ma Renzo non si sposerà mai. Da anni porta qui donne sole, promette nozze, le fa lavorare tutta l’estate, poi litiga e le manda via. È ora di dargli una lezione.»
«Allora, mi vendi la casa o me ne vado?» ripeté, prendendo un cesto di verdure.
«Aggiungi qualcosa!» supplicò.
«Buona fortuna,» disse dirigendosi all’uscita.
«Va bene, d’accordo!» sbottò.
In città, dal notaio, conclusero l’affare. In banca, Beatrice pagò il debito. Tornata alla villetta, preparò le cose di Renzo, lasciandogli sul portico un cesto di ortaggi e un barattolo di marmellata — “per ricordo”. Cambiò la serratura, certa che lui sarebbe tornato.
«Beatrice, vieni a prendere un caffè?» gridò Margherita Esposito, vedendola con la nuova chiave.
«Meglio tu da me!» sorrise Beatrice. «Festa per l’insediamento. Ora la padrona sono io!»