Il sapore amaro della verità: un dramma nel silenzio di Firenze
Nella cucina accogliente di un appartamento alla periferia di Firenze regnava un silenzio rotto solo dal tintinnio di un cucchiaino da tè. Valentina, seduta al tavolo, scorreva le notizie sul telefono sorseggiando una tazza di tè profumato. Dalla stanza da bagno uscì suo marito, Emanuele, canticchiando tra sé e sé. Il suo viso era illuminato da una strana gioia, come se custodisse un segreto inaccessibile agli altri.
“Perché sei così felice?” chiese Valentina, strizzando gli occhi e staccando lo sguardo dallo schermo.
“Così, sono di buon umore,” rispose evasivo Emanuele, versandosi del tè. Si sedette di fronte a lei, fissandola con un sorriso sottile. “Valentina, hai controllato la tua posta recentemente?”
“Non da un po’,” aggrottò le sopracciglia. “Perché?”
“Controlla. C’è una sorpresa per te,” aggiunse misterioso, bevendo un sorso.
Valentina, percependo qualcosa di strano, afferrò il telefono. Nella posta c’era una sola email non letta. Aprì il messaggio, scorse il testo e si bloccò. La tazza le tremò tra le mani, versando il tè sul tavolo.
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Valentina e Emanuele erano insieme da otto anni. La loro storia era iniziata come molte altre: romanticismo degli incontri, vita insieme e poi un matrimonio semplice. Si erano trasferiti a Firenze, ricominciando da zero. Vivevano in un appartamento in affitto, risparmiavano per comprarne uno, condividevano gioie e difficoltà.
“Non sai gestire i soldi,” disse un giorno Emanuele. “Trasferisci lo stipendio a me, penserò io alle spese della famiglia.”
Valentina non obiettò. Si fidava ciecamente di lui. Da quel giorno, lui aveva preso il controllo delle finanze. Grazie alla sua oculatezza, avevano ottenuto un mutuo e poi comprato un terreno per una casetta di campagna. Vivevano senza lussi, ma stabilmente. Emanele le dava soldi per le piccole spese, e Valentina sapeva che lui non ne sprecava per sé.
Quando tutto cambiò, non se ne accorse subito. Un giorno Emanele tornò dal lavoro prima del solito, il viso serio.
“Valentina, mia madre verrà a vivere con noi,” disse. “Stare da sola in città è difficile per lei. Potremmo sistemarla nella casetta in campagna? È solida, e ci sono negozi vicini.”
“Certo,” concordò Valentina. Con la suocera, Maria Grazia, aveva un rapporto distaccato, ma evitavano i conflitti con la famiglia.
Dopo una settimana, la suocera si trasferì in campagna. Valentina era impegnata con il lavoro, aveva mille cose da fare. Quando finalmente riuscì a raggiungere la casetta, rimase scioccata.
“Maria Grazia, che succede qui?” esclamò inciampando in scatole davanti alla porta.
“Ciao, Valentina,” rispose la suocera indifferente. “Non è niente di che. Emanele ha detto che mi regalate la casetta, così ho raccolto le vostre cose.”
“La regalate!?” Valentina sentì il sangue salirle alle tempie. “Cosa vuol dire ‘la regalate’?”
“Non te l’ha detto?” sorrise Maria Grazia. “Ho dato il mio appartamento al fratello minore di Emanele. Ora non ho più un posto dove stare.”
“Come ‘hai dato’?” Valentina rimase senza fiato dallo sdegno.
Il fratello minore di Emanele, Lorenzo, era sposato, ma Valentina non sapeva che non avesse una casa. C’erano pettegolezzi su di lui, ma li ignorava.
“Proprio così,” fece la suocera con un’alzata di spalle. “Hanno dei figli, non potevo lasciarli per strada, no?”
Valentina tacque. Tornata a casa con un bagagliaio pieno di cose, si scagliò contro il marito.
“Ci hai pensato davvero? Cosa significa che hai regalato la casetta a tua madre?”
“E tu perché ti scaldi?” ribatté Emanele. “È mia madre, ho il diritto di decidere.”
“E io? Ho dei diritti anche io?” urlò Valentina. “Voglio partecipare alle decisioni!”
“Oh, guarda che indipendente!” rise lui sarcastico. “Quando si tratta di risparmiare, sono io quello cattivo, ma quando servono decisioni, eccoti pronta?”
Non si parlarono per una settimana. Valentina, raffreddata, cercò di spiegarsi.
“Voglio solo essere informata,” disse piano. “Quella casetta è importante per me. Non voglio regalarla, capisci?”
Emanele aggrottò la fronte ma tacque.
“Quando serve aiutare tua madre, corriamo,” continuò lui. “Ma aiutare la mia non si può?”
La lite riesplose. Valentina iniziò ad andare alla casetta quasi ogni giorno, sperando di convincere la suocera ad andarsene.
“Non avrei mai pensato di diventare così,” si lamentò con l’amica Sofia. “La perfida nuora che tormenta la povera suocera.”
“Lotta per ciò che è tuo,” la incoraggiò Sofia. “Altrimenti ti lasceranno senza nulla.”
Rincuorata, Valentina tornò alla casetta. Maria Grazia era occupata con le faccende: il giardino era in ordine, aiuole con nuovi fiori. Tutto sembrava più accogliente. Ma Valentina scacciò quei pensieri.
“Che avete combinato qui?” si indignò. “Chi vi ha permesso di toccare la mia terra?”
“Valentina, ma cosa dici?” si confMaria Grazia la guardò con occhi pieni di tristezza, poi sospirò e rispose piano: “Emanuele mi ha detto che questa casa è anche mia, e io ci ho messo amore, Valentina.”