L’AMORE OLTRE I BORDI

Sai, tesoro, si dice che non ogni Francesca è di Firenze, non ogni Giovanni è di Genova. I santi su questa terra peccatrice son rari. Perciò, non giudicare, guarda piuttosto dentro te stesso. Sei stata così perfetta come moglie per la tua Giovanna? – mia nonna strizzò gli occhi, come se conoscesse già la risposta.

“Nonna, Giovanna se n’è andata con il mio amico! Dov’è la giustizia? Devo tacere?” – ribollivo di rabbia.

“Almeno non correre alla fabbrica a lamentarti col capo che tua moglie è una civettuola. Faresti solo figura miserabile. Sappiamo come finisce… Mogli tradite che piangevano dai sindacati in bella mostra. L’amore non segue decreti né conosce divieti. Non servirà, ragazzo. Rassegnati. Il tempo dirà la verità” – la nonna era calma come l’olio.

La mia notizia della moglie infedele e dell’amico traditore non le smosse un capello. Come se fosse pioggia d’agosto.

“Rassegnati”, facile a dirsi. Quell’amico Cosimo era una serpe velenosa. Aveva seppellito la moglie Beatrice e ora s’aggirava attorno alla mia Giovanna. Non avrà successo, non la cederò!

Notavo che Giovanna fissava spesso Cosimo. Ricordo quando andammo tutti al mare. La mia donna non staccava gli occhi da lui, come gatto alla panna. Lo abbracciava e baciava col pensiero, avvolto nel suo asciugamano bianco. Io allora minimizzavo quei segnali.

Cosimo, certo, era affascinante, gentile, profondo. E allora? Io e Giovanna sedici anni insieme, nostro figlio Daniele. Credevo fermamente nella nostra roccia familiare.

Beatrice e Cosimo non ebbero figli. So che lui ci soffriva come una croce. Di lei non parlo, diventava muta come un pesce. Amici come famiglie: gite in campagna, vacanze condivise. Ridevamo finché potevamo. Tutto ha il suo tempo. La disgrazia bussava alla porta.

“Davide, Beatrice l’ha portata il 118. Infarto. Dio, quante volte le dicevo: – Prendiamo un bimbo dall’orfanotrofio! Ma lei zitta, cupa come notte. Ora chissà se riuscirà…”

Cosimo singhiozzava disperato.

“Calmati, amico. Andrà bene! Beatrice è forte” – cercavo di consolarlo.

“Davide! Senza di lei è buio pesto. La mia luce… Cosa farò solo?” – tremava.

“Non scavarti la fossa prima, Cosimo. Sistema i tuoi capelli, metti un sorriso e vai in ospedale! Ti amerà ancora di più.”

Quella volta finì bene. Beatrice si riprese. La vita riprese il corso.

Poco dopo adottarono una bimba di tre anni, Daria. La felicità era completa.

“Ora posso morire in pace!” – disse Cosimo a tavola.

“Ma cosa dici? Ora devi vivere per tua figlia!” – ci stupì quel discorso.

“Dico che non ho sprecato vita. Una piccola anima salvata. Su mia moglie… Beatrice… può rifarsi una vita se…” – gli occhi pieni di malinconia.

“Basta fantasie! Brindiamo alla felicità!” – propose Giovanna.

Dimenticammo quelle parole pesanti. Fino a quando…

La morte bussa a tutte le porte. Cosimo non si salvò dal secondo infarto. Riposa ora.

Rimase Beatrice con Daria. Fece il lutto dignitoso, poi si rianimò. Aveva trent’anni. Cambiò tutto: dai capelli corvini al guardaroba elegante, con sorrisi nuovi. Continuammo feste e cene.

Mia moglia Giovanna impaziente per incontrare Beatrice. Con lei rideva stonato, la corteggiava, coccolava Daria. Io pensavo: vuole aiutare la vedova dell’amico scomparso. Ingenuo…

Beatrice ci invitò per i dieci anni di Daria.

“Papà, quando verrai a vivere da noi per sempre?” – Daria sussurrò a… Giovanna.

Lei baciò la bimba: “Presto, coniglietta…”

F
Col tempo imparai che la saggezza della mia nonna aveva ragione, e mentre infornavo il pane fresco ogni mattina all’alba, quel dolce profumo mi ricordava che anche un cuore spezzato può trovare pace accettando ciò che non può cambiare.

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